Il Serengeti non verrà tagliato dall’asfalto…per ora
Creato il 01 luglio 2014 da Cafeafrica
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La prima battaglia per difendere il Serengeti è vinta. La Corte di Giustizia dell’Africa Orientale, deputata a risolvere le controversie regionali tra Burundi, Kenya, Ruanda, Tanzania e Uganda, ha sancito che la Serengeti Highway non può essere costruita.
Il governo della Tanzania aveva, infatti, in progetto la realizzazione di una nuova strada nazionale asfaltata che avrebbe attraversato la parte settentrionale del Parco Nazionale del Serengeti, passando nella zona della “Grande Migrazione” – un percorso migratorio per milioni di gnu, zebre e altri mammiferi al pascolo tra Kenya e Tanzania. L’autostrada avrebbe sostituito l’esistente pista sterrata, portando, secondo uno studio del governo, fino a 800 veicoli commerciali al giorno entro il 2015.
Il Serengeti è un parco di circa 15 mila kmq, che si trova nella Tanzania settentrionale e si estende fino al Lago Vittoria ed è collegato alla riserva di Ngorongoro e senza recinzioni al Masai Mara in Kenya. Ogni anno alla fine della stagione delle piogge, tra aprile e giugno, più di 1,5 milioni di gnu e zebre, seguiti da gazzelle e predatori, si spostano verso nord, dando inizio alla transumanza che dalle zone del lago Ndutu, nel sud del Serengeti, e dalla riserva di Ngorongoro partono alla volta della riserva di Masai Mara o verso il lago Vittoria alla ricerca di nuovi pascoli. La preannunciata strada avrebbe collegato il Lago Vittoria, all’altezza di Musoma, ad Arusha e quindi alla direttrice che porta verso i porti della costa orientale, tagliando così il corridoio migratorio e estromettendo il Masai Mara.
Biologi, esperti e conservazionisti sono insorti davanti al progetto che avrebbe avuto devastanti conseguenze sull’ecosistema, causando il collasso della migrazione, e nel tentativo di fermare la costruzione della strada, hanno portato il caso davanti alla Corte di Giustizia delle dell’Africa Orientale (EACJ). La Corte si è trovata davanti all’arduo compito di dover soppesare l’impatto ambientale dell’opera rispetto alle esigenze di sviluppo delle comunità locali, che da tempo richiedevano migliori collegamenti stradali. Alla fine “la promozione di un utilizzo sostenibile delle risorse naturali degli Stati partner e l’adozione di misure che proteggano efficacemente l’ambiente naturale degli Stati partner” – principio sancito in un trattato regionale sottoscritto da Kenya e Tanzania – ha portato la Corte a stabilire l’illegittimità della nuova strada all’interno del Parco, che oltretutto è un sito tutelato dall’Unesco.
C’è da dire che la sentenza si limita a bloccare la costruzione di una nuova strada asfaltata. Ciò significa che rimarrebbe possibile l’ampliamento o il miglioramento della strada sterrata già esistente, che sussiste su una zona designata come riserva naturale riservata ai veicoli del parco e ai safari a piedi. Molti osservatori, quindi, sostengono che la strada sterrata, una volta ampliata, diventerà inevitabilmente una strada di traffico commerciale, con conseguenti pressioni crescenti per collegare entrambi i lati del parco con una strada asfaltata.
- Pista esistente attualmente
Vi sono poi gli abitanti dei villaggi che vivono nelle comunità che circondano il Serengeti, per i quali lo stato delle strade è un problema pressante che determina isolamento economico, sociale, culturale e sanitario. Non avere strade significa maggior costo e difficoltà superiori per andare in ospedale, a scuola o per il trasporto delle merci. Senza poi considerare l’interesse strategico nazionale per una direttrice che colleghi il Lago Vittoria ai porti della costa est.
Ma danneggiare il Parco e la sua migrazione avrebbe conseguenze sull’economia stessa della Tanzania, impattando direttamente sul turismo, sui buoni rapporti con il confinante Kenya.
La soluzione? Esistono proposte per un percorso meridionale intorno al Serengeti, considerato dai più il modo migliore per offrire un collegamento stradale alla regione e una risposta efficace alle esigenze di sviluppo della Tanzania. Il governo tedesco si è anche offerto per uno studio di fattibilità per tale proposta, ma il governo tanzaniano finora rimane in silenzio.
La battaglia è vinta, ma ve ne sono ancora molte dietro l’angolo.