Pubblichiamo di seguito il bel contributo scritto da Lorenzo Gasparrini e comparso il 22 marzo sul suo blog.
Questo uomo no, #15.
Stavolta m’è uscita una specie di lettera per un tipo di maschio che proprio non sopporto. Pensavo da un bel po’ a questo tipo – un po’ di nicchia, lo ammetto – che mi da’ parecchio fastidio. L’ho incontrato spesso, e devo ammettere che ha la notevole qualità di non sembrare affatto meno stronzo né col passare degli anni miei né col passare degli anni suoi. Meno male, perché mi dispiacerebbe proprio essere più tollerante solo perché il tempo passa.
Il compagno sessista è una figura molto più comune di quanto si pensi. E’ un maschio di sinistra, fortemente schierato; si professa comunista orgogliosamente, specie se ha già superato i quaranta, oppure anarchico «da sempre». Il compagno sessita veste con una specie di divisa riconoscibile, fatta di accessori e colori che nella sua città «significano» l’appartenenza alla sinistra militante, anche con qualche punta d’anarchia, perché no. Anche se non più giovane, riconoscerete senz’altro nel suo abbigliamento qualle caratteristiche comuni, irrinunciabili, con le quali si vuole distinguere.
Se ha un lavoro fisso e stabile il compagno sessista fa spesso lunghi discorsi critici sulla situazione socioeconomica attuale, anche ben argomentati, partendo da quelle situazioni quotidiane, «di base», che vive in prima persona; che sono, immancabilmente, l’ovvia triste conseguenza di scelte politiche folli votate da una maggioranza che non lo rappresenta e decise da una classe politica che lui disprezza, indipendentemente dall’etichetta di partito.
Forse è un nostalgico di partiti che non ci sono più, e pur apprezzando qualche esponente «rimasto», ne compatisce il glorioso passato rispetto a un presente privo di prospettive e di potere. Se invece è giovane e non ha di questi ricordi, il compagno sessista disprezza apertamente qualunque dirigente di partito sopra il livello regionale, lasciando un po’ di speranza a qualche esponente locale – di cui ha diretta conoscenza in comizi, manifestazioni, campagne – che si salva perché ancora non corrotto dalla politica più alta.
Sotto o intorno i trenta, il compagno sessista è di un attivismo inarrestabile. Non si perde un convegno, un’assemblea, un’iniziativa, una manifestazione; mette in moto relazioni, amicizie, collegamenti, usando tutti i mezzi di comunicazione, soprattutto i più nuovi, per smuovere cose e persone. Organizza, comunica, spende parole forti; ha sempre la testa al «dopo» ma spara giudizi sul momento; mangia beve fuma con la stessa passione frenetica con la quale parla, convince, condanna, studia e rielabora.
Il compagno sessista è molto attento al suo linguaggio. Fiuta la reazione e il razzismo lontano un miglio e condanna senz’appello il militante destrorso, sia attivo che passivo, soprattutto nelle sue espressioni. Pesa e sa pesare bene le parole, ed è molto attento a dire cosa a chi, perché conosce molto bene la forza del linguaggio e sa quanto può colpire e servire alla causa la parola giusta al momento giusto.
Ma c’è un ma.
Eh sì, compagno sessista, c’è un «ma».
Ma quanto ti dà fastidio quando le compagne gestiscono un’iniziativa, un’occupazione, ponendo problemi che non ti sono venuti manco in mente e proponendo soluzioni che ti costringono a ripensare un po’ il tuo ruolo. Ma quanto ti rode se da certe discussioni sei escluso, o comunque ammesso con le dovute riserve, perché uomo e in quanto tale non è che proprio ne puoi capire di certi argomenti. Ma cos’è tutta st’importanza al patriarcato, al machismo, alla violenza di genere? I problemi sono altri, queste sono chiacchiere che fanno perdere di vista l’obiettivo, l’idea, la cosa importante.
Ecco, io dico questo uomo no.
Tu, compagno sessista, hai sviluppato un naturale orrore per espressioni come «sporco negro» o «terrone di merda», ma non esiti a dare della «zoccola» alla donna al volante di una macchina davanti alla tua, della «puttana» all’assistente che ti interroga, «troia» alla giornalista in tailleur che non fa le domande che hai in mente te, «mignotta» alla deputata che rilascia dichiarazioni ridicole e inopportune, «bocchinara» alla discinta protagonista televisiva di turno, «pompinara» alla collega che lavora più e meglio di te. Poi hai spazio anche per un affettuoso «troiette» per le compagne che propongono una mozione diversa, e «puttanelle» per quelle del centro sociale che chiedono spazi e ore per le loro iniziative – che gentile, una nota di riguardo la sai dare.
Beh, compagno sessita, lasciatelo dire: sei un fascista. Sì, proprio fascista. Perché se non vuoi capire – e non lo vuoi capire, perché sei in grado di capire tutto il resto tranne questo! – che cosa significa il sessismo, è perché non ti fa comodo. E’ perché uno spazio nel quale esercitare il tuo potere di maschio fascista ti piace, lo vuoi conservare, e te lo prendi, alla faccia di tutte le compagne. Che, allora, lì, in quel momento, non sono compagne: sono zoccole. Neanche donne, parola che proprio non t’interessa. Perché dietro il negro e il terrone c’è l’uomo, e allora lo capisci che se dici negro e terrone offendi anche l’uomo che tu sei; ma se dici mignotta no, non lo vuoi capire. Insomma, compagna fino a che non rompe i coglioni: poi mignotta va bene. Questo uomo no.
Caro compagno sessista, a me non mi freghi. Poi avere il Che tatuato in fronte, falce&martello cuciti sulle mutande, il Capitale nella tua libreria nell’edizione originale e saper cantare l’Internazionale in russo, ma per me sempre fascista rimani. Perché il potere del maschio ti piace, te lo tieni stretto; non m’importa di che colore te lo rivesti: sempre schifo mi fai. Questo uomo no.