Il signor Bilotta ci racconta…

Creato il 11 aprile 2011 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
Que­sto arti­colo è la parte 2 di 2 dello spe­ciale: Spe­ciale Val­ter Buio

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La serie di Val­ter Buio, da poco con­clu­sasi, si è rive­lata come una chicca che ha avuto l’approvazione della cri­tica e, a quanto pare, anche il gra­di­mento del let­tore. Eppure la serie, a par­tire dalla deno­mi­na­zione, dalla fone­tica ita­lica e quasi banale nel suo rifug­gire echi trans­na­zio­nali, non si pre­sen­tava con effetti schiop­pet­tanti. In sin­ce­rità, Ales­san­dro, te lo sare­sti aspet­tato che il tuo per­so­nag­gio avrebbe rag­giunto un simile gra­di­mento?
Cerco di dedi­carmi solo a pro­getti in cui credo molto, a mag­gior ragione quando ne sono il crea­tore e mi coin­vol­gono per due anni, tutti i giorni. Nes­suno mi obbliga a scri­vere fumetti e quando posso, cerco per quanto mi è pos­si­bile, di pro­porre ciò che inte­ressa me, che in genere rifugge da echi trans­na­zio­nali e da effetti scop­piet­tanti. Che poi io pensi che da que­sti dovremmo rifug­girne tutti, è un altro discorso che riguarda la mia visione di ciò di cui il fumetto avrebbe biso­gno, tutte domande che un autore, secondo me, dovrebbe porsi. Che que­sto abbia incon­trato favori di pub­blico e cri­tica, non può che farmi piacere.

> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="300" width="228" alt="Il signor Bilotta ci racconta… >> LoSpazioBianco" class="alignright size-medium wp-image-28422" />Val­ter Buio, per le sue carat­te­ri­sti­che, poteva sof­frire il para­gone con quel vero “mostro sacro” rap­pre­sen­tato dal per­so­nag­gio ideato da Tiziano Sclavi. Tu che di Dylan Dog sei anche sce­neg­gia­tore, hai sen­tito il peso del para­gone e l’esigenza di distac­carti dal modello?
So di fare un’affermazione che potrebbe sem­brare molto stra­va­gante, ma il mio rife­ri­mento prin­ci­pale per scri­vere Val­ter Buio è stato Ken Par­ker. Le sto­rie rea­liz­zate in cop­pia da Berardi e Milazzo hanno sem­pre eser­ci­tato una grande influenza su di me, ho l’impressione di aver ricer­cato in ogni cosa che ho fatto quell’attenzione ai per­so­naggi e quel modo di rac­con­tare. Per pro­vo­ca­zione, ma non più di tanto, in alcune con­fe­renze ho detto che Val­ter Buio per me è un western. Intendo che in ogni sto­ria il nostro psi­ca­na­li­sta entra in con­tatto con il mondo da cui pro­viene lo spi­rito di turno, la fami­glia, il quar­tiere, gli affetti. In fondo è come se Val­ter fosse un viag­gia­tore all’interno della città, di chi la abita e l’ha abi­tata, un cam­mino simile a quello di un avven­tu­riero nel vec­chio west, di vil­lag­gio in vil­lag­gio. Per me quindi il genere è sem­pli­ce­mente un vestito, la vera cosa che fa la dif­fe­renza, a mio giu­di­zio, è il per­so­nag­gio che lo indossa. È nor­male che la pie­tra di para­gone dell’horror sia sem­pre Dylan Dog, per­ché non credo sia esa­ge­rato con­si­de­rarlo il più impor­tante fumetto hor­ror di tutti i tempi. Val­ter Buio è un pro­getto radi­cal­mente diverso per­ché quando ho la pos­si­bi­lità di creare una serie cerco sem­pre di esplo­rare temi, situa­zioni e modi nuovi, per offrire qual­cosa di ine­dito al let­tore e per potermi cimen­tare con idee che altri­menti non avrei modo di rea­liz­zare. E non credo che avrebbe senso fare diversamente.

> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="333" width="226" alt="Il signor Bilotta ci racconta… >> LoSpazioBianco" class="alignleft size-full wp-image-28424" />Nei per­so­naggi di Berardi si denota un certo distacco dell’autore dalle sue crea­ture, quasi un com­pia­ciuto disin­canto nei con­fronti delle vicende nar­rate. L’ironia diviene un fil­tro di cui si serve l’autore come per cau­te­larsi, per non farsi invi­schiare fino in fondo nella nar­ra­zione. Al con­tra­rio, nella tua serie, si avverte una com­pas­sio­ne­vole par­te­ci­pa­zione dell’autore nei con­fronti del suo per­so­nag­gio e degli altri com­pri­mari; al punto da costrin­germi a chie­derti: quanto di Bilotta e quale Bilotta è stato tra­sfe­rito in Val­ter Buio?
Con­di­vido quello che dici del Berardi di Ken Par­ker, ma spesso quando il fil­tro dell’ironia veniva meno, avver­tivo una forte par­te­ci­pa­zione dell’autore nei per­so­naggi che rac­con­tava. Con il mestiere ci si può tenere distanti dai pro­ta­go­ni­sti che si rac­con­tano, ma penso che quando si tratta di rea­liz­zare un grande quan­ti­ta­tivo di pagine entro dei tempi pre­sta­bi­liti, è impos­si­bile che l’autore abbia il pieno con­trollo e, anche non volendo, qual­cosa di lui si mani­fe­sta nel per­so­nag­gio. Una bat­tuta, un gesto, il modo di risol­vere una situa­zione. Nei fumetti noto che c’è spesso que­sta esi­genza di pren­dere in parte le distanze dal pro­prio per­so­nag­gio. Nel caso di Val­ter Buio c’è invece una con­vinta deter­mi­na­zione e ren­dere il per­so­nag­gio quanto più simile a me, per­ché credo nelle sto­rie in cui l’autore si mette in gioco in prima per­sona ver­sando il pro­prio san­gue sulla storia.

L’ambientazione di Val­ter Buio è ita­liana, Roma per la pre­ci­sione. Trovo che, come Vene­zia o Torino, sia una città dal fascino e dal mood giu­sto per par­lare di fan­ta­smi. Eppure non c’è molto delle leg­gende popo­lari, delle tra­di­zioni ita­liane nelle sto­rie di Val­ter Buio, piut­to­sto rife­ri­menti all’attualità o al recente pas­sato. C’è una pre­cisa ragione in que­sta scelta?
Come ti accen­navo prima, i temi all’origine delle sto­rie di Val­ter Buio non vanno ricer­cati nelle leg­gende o nelle tra­di­zioni del genere hor­ror. Sono spunti, rifles­sioni, appro­fon­di­menti psi­co­lo­gici che nascono da pic­cole o grandi domande dell’esistenza. Si parla di ango­scia della morte, osses­sione di cono­scere il futuro, sensi di colpa, desi­deri di ven­detta, paura della solitudine.

Credi che siano stati gli ele­menti di quo­ti­dia­nità del per­so­nag­gio, che hanno con­sen­tito una facile auto iden­ti­fi­ca­zione del let­tore, a decre­tarne il suc­cesso o piut­to­sto il fascino irre­si­sti­bile che il mondo dell’inconoscibile reca sem­pre con sé?
Credo che sia stato il fascino che reca il mondo del cono­sci­bile, cioè di quello che già cono­sciamo e stiamo cer­cando di cono­scere meglio. Credo che que­sto ci coin­volga tutti.

Domanda clas­sica ma dove­rosa: è più dif­fi­cile lavo­rare con un per­so­nag­gio pro­prio o con per­so­naggi creati da altri?
Per me sono due tipi di dif­fi­coltà diverse, non rie­sco a para­go­narle. Lavo­rare su per­so­naggi altrui implica un grande stu­dio per cono­scere alla per­fe­zione una serie, essere invi­si­bile pur por­tando un con­tri­buto che sia signi­fi­ca­tivo. Lavo­rare su un per­so­nag­gio pro­prio implica per me un lavoro di ricerca su cosa si vuole rac­con­tare e per­ché, una domanda che si rin­nova sem­pre nel tempo.

> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="338" width="240" alt="Il signor Bilotta ci racconta… >> LoSpazioBianco" class="alignright size-full wp-image-28427" />Una delle tue opere più famose, La Dot­trina (con Car­mine Di Gian­do­me­nico), recen­te­mente com­ple­tata con la pub­bli­ca­zione del quarto volume, ha una forte com­po­nente di cri­tica sociale. Quanto c’è de La Dot­trina in Val­ter Buio? Sicu­ra­mente l’ambientazione legata alla quo­ti­dia­nità. Cos’altro?
Mi inte­ressa rac­con­tare dei per­so­naggi il più pos­si­bile cre­di­bili, in modo che sia sem­plice pro­vare empa­tia per i loro sen­ti­menti. Seguendo que­sto ragio­na­mento è natu­rale per me inse­rirli in un con­te­sto reale, con con­se­guenti vicende della realtà di tutti i giorni che influen­zano le loro vite, come le nostre.

L’insonne Desdy Metus è stato un altro per­so­nag­gio a vivere le sue avven­ture in Ita­lia, ma la cui car­riera edi­to­riale non è mai stata molto felice. Cono­sci il per­so­nag­gio? Credi di aver evi­den­ziato dei punti cri­tici dell’ambientare sto­rie in Ita­lia a cui fare atten­zione e che pos­sono signi­fi­care il suc­cesso di una serie o meno?
Cono­sco molto bene Desdy Metus e quando uscì mi aveva molto impres­sio­nato l’impegno di Giu­seppe Di Ber­nardo e Andrea Poli­dori nello svi­lup­pare una serie in uno sce­na­rio ita­liano. Non credo che ci siano dei punti cri­tici nell’ambientare sto­rie nel nostro paese o almeno non credo che sia que­sto ad aver tra­sci­nato Desdy Metus attra­verso una tor­men­tata vita edi­to­riale. Il modello di rac­conto a cui il fumetto popo­lare con­ti­nua a ispi­rarsi è quello dei film d’azione, ed essendo que­sta una cul­tura cine­ma­to­gra­fica che non ci è mai appar­te­nuta, ambien­tare sto­rie del genere in sce­nari ita­liani può sem­brare fuori luogo. Credo che appro­fon­dire nuovi temi non possa che far bene a un fumetto che ora più che mai mostra stan­chezza ripie­gan­dosi sem­pre intorno agli stessi stereotipi.

Credi, dun­que, che il pub­blico che com­pera il fumetto in edi­cola sia maturo per apprez­zare sto­rie dove non sia l’azione il motore della vicenda ma in cui il nucleo d’interesse sia piut­to­sto incen­trato sulla psi­che e l’emotività dei pro­ta­go­ni­sti?
Non penso che sia più maturo un let­tore che sce­glie una sto­ria rispetto a un’altra. Certo ho l’impressione che si fac­ciano solo fumetti per chi legge fumetti. Trat­tare più temi in modi diversi potrebbe solo far bene, avvi­ci­nare un mag­gior numero di per­sone, anche chi i fumetti non li ha mai frequentati.

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Mar­ti­nello, prove di coper­tina per Val­ter Buio numero 9

Pensi che il buon risul­tato con­se­guito da Val­ter Buio, un cha­rac­ter inti­mi­stico e anti­con­ven­zio­nale, possa rap­pre­sen­tare un punto di rife­ri­mento, in senso di nuove tema­ti­che, per una svolta nel fumetto da edi­cola?
Rap­pre­sen­te­rebbe un punto di rife­ri­mento se avesse ven­duto tre­cen­to­mila copie a numero. Nono­stante que­sto, resta il discorso di prima, penso che possa solo far bene cer­care strade nuove.

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Ultima tavola da Jan Dix

Val­ter Buio è parso, a un certo punto della sua sto­ria un per­so­nag­gio votato al sui­ci­dio, tanto da far pen­sare al let­tore che la morte del pro­ta­go­ni­sta potesse essere l’unica con­clu­sione della sua vicenda. Peral­tro, con la com­pli­cità di un fan­ta­sma fru­strato, si avvi­cina peri­co­lo­sa­mente all’atto estremo nel n.9, Elena Fio­ra­vanti. Poco tempo prima Jan Dix, il per­so­nag­gio di Carlo Ambro­sini, con­clu­deva la sua avven­tura, ter­rena ed edi­to­riale, get­tan­dosi con l’auto con­tro un treno. Trovi una qual­che rela­zione fra i due per­so­naggi e le due vicende? O forse, addi­rit­tura, la scioc­cante fine del per­so­nag­gio di Ambro­sini può avere influen­zato, in qual­che modo la tua nar­ra­zione?
Val­ter non si sui­cida, anzi potremmo dire che nean­che tenti di farlo. Penso che il sui­ci­dio sia un atto estremo, così ter­ri­bile e figlio di un dolore tanto pro­fondo che si possa riu­scire a rac­con­tarlo con com­pe­tenza e rispetto solo se è un’esperienza che ci ha sfio­rati. A parte que­sto, non credo comun­que che le carat­te­ri­sti­che psi­co­lo­gi­che di Val­ter siano quelle di un sui­cida, c’è in tutta la serie un richiamo all’acqua, un’attrazione verso di essa come destino e come sim­bolo psi­co­lo­gico del sen­tirsi e del lasciarsi affon­dare. La vicenda di Val­ter penso che si con­cluda con qual­cosa di molto meno otti­mi­sta della morte del pro­ta­go­ni­sta, ma que­sto non voglio essere io a dirlo. Sep­pure pre­fe­rissi Napo­leone, sep­pure alcuni epi­sodi non mi abbiano appas­sio­nato, di Jan Dix ho tutta la stima pos­si­bile. Se posso per­met­termi il para­gone, credo che abbia in comune con Val­ter Buio la ricerca di un per­so­nag­gio che si allon­tani dagli schemi più clas­sici. Epi­sodi come il numero 7, La guerra, li trovo tra i più belli che abbia mai letto in una serie.

Ti sei tro­vato a tuo agio con il for­mato e gli sti­lemi “bonel­lidi”? Pre­fe­ri­sci rivol­gerti al let­tore attra­verso il pro­dotto seriale o pri­vi­le­ge­re­sti mag­gior­mente le gra­phic novel.> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="394" width="292" alt="Il signor Bilotta ci racconta… >> LoSpazioBianco" class="alignright size-full wp-image-28425" />
Credo che ogni sto­ria abbia il suo modo di essere rac­con­tata. Per Val­ter Buio ho ricer­cato uno stile molto sem­plice per­ché sem­plici volevo man­te­nere la natura dei per­so­naggi e delle sto­rie, quasi ridu­cen­dole all’osso, che è ciò che si vede quando si è sca­vato a fondo nella carne.

Il per­so­nag­gio nasce con l’esplicito intento di essere una mini­se­rie, quindi con una fine vera e pro­pria al ter­mine della vita edi­to­riale. Come ti ha influen­zato que­sto for­mato edi­to­riale nello scri­vere la serie?
Io e i dise­gna­tori abbiamo lavo­rato sulla mini­se­rie come se doves­simo farla pro­se­guire più a lungo pos­si­bile. Quando si è veri­fi­cata que­sta pos­si­bi­lità, ci siamo resi conto che non c’erano le con­di­zioni pra­ti­che per garan­tire la stessa qua­lità. Ogni numero è leg­gi­bile sepa­ra­ta­mente, ma, in que­sti che con­si­dero ancora i primi dodici, le sot­to­trame, legate soprat­tutto alla vita pri­vata dei per­so­naggi, vanno avanti pro­prio come nella vita di tutti i giorni.

Ci puoi dire a cosa stai attual­mente lavo­rando e a che tipo di fumetto, se non esi­stes­sero vin­coli com­mer­ciali di alcun tipo, ti pia­ce­rebbe, ideal­mente dedi­carti.
Attual­mente con­ti­nuo a col­la­bo­rare con Dylan Dog e ho ini­ziato a farlo con Dam­pyr. Sul Gior­na­lino esce una serie umo­ri­stica che ho creato insieme a Oskar, che la dise­gna. S’intitola Cor­sari di classe Y. Se non esi­stes­sero vin­coli di alcun tipo, mi pia­ce­rebbe rea­liz­zare una serie da edi­cola in stile Sex & the City. Ti lascio imma­gi­nare quale sarebbe la City.


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