Del resto non conoscevo neppure William Golding (Nobel 1983), autore di Il signore delle mosche un best seller da 14 milioni di copie vendute solo nei paesi anglofoni.
Un libro edito nel 1954 e di grande impatto emotivo su un vasto pubblico.
Il signore delle mosche non è che mi abbia esaltato. Dal punto di vista letterario mi sembra un mediocre romanzo per ragazzi, però rivolto agli adulti, con l'ambizione di essere una metafora sulla natura umana.
I bambini sono selvaggi cattivi ai quali una educazione appiccicaticcia di buone maniere, tipicamente inglese, scivola via nel giro di poco tempo rivelando crudamente la vera natura violenta e superstiziosa del genere umano.
Non basta un'isola favolosa e una vita facile, ricca di cibo gratuito e condizioni climatiche ideali a farne una comunità felice.
Del resto lo sfondo sul quale si svolgono gli eventi è di per se stesso catastrofico.
Le paure di guerra degli anni cinquanta sono sfociate, nell'immaginario dell'autore, in una autentica guerra nucleare, alla quale si tenta di sottrarre questo carico di bambini e preadolescenti inglesi spedendoli lontani. Un incidente (o un attacco?) al loro aereo, li fa precipitare per caso in questa isola paradisiaca dove i superstiti dovranno cavarsela, senza il sostegno e la guida di alcun adulto.
Tale lo scenario nel quale si muovono due modi contrapposti di affrontare la realtà. Uno più razionale, ma debole e confuso, tarato sui ricordi del mondo adulto. L'altro, che alla fine prenderà tragicamente il sopravvento, basato sulla crudeltà della forza fisica.
Un'annotazione finale che è soltanto una sensazione personale. Alcuni punti del racconto mi hanno ricordato, per superficiale associazione, episodi di Lost. Possibile che i geniali autori del serial - che alla fine si è talmente involuto da cadere nel ridicolo - abbiano avuto tra le loro fonti d'ispirazione anche questo libro.