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Pensare al massacro che si è consumato a poche centinaia di chilometri da qui, nella ex Yugoslavia degli anni Novanta, fa venire i brividi. Nelle nostre case guardavamo le immagini dei tg, mentre dall’altra parte dell’Adriatico si moriva con la sola “colpa” di appartenere ad una etnia anziché all’altra. Sarà per questa antica “colpa” che trovo notevoli molti dei libri che fanno rivivere quei giorni?
E’ora il turno de Il silenzio degli alberi, in cui il luogo è solo percepito anziché denunciato. Un libro essenziale quanto toccante, sulla miseria umana e sulla capacità e la necessità di resistervi con la parola, con l’arte. Un ottimo libro che ci fa toccare con mano le sofferenze ma anche la possibilità di trovare rifugio nella musica, nei libri, per costruire un diverso modo di vivere.
Il silenzio degli alberi, Eduard Marquez, Keller
In guerra tutti i giorni sono uguali. Nelle cantine, al buio, e nei palazzi, il tempo sembra fermarsi, scandito solo dai colpi delle granate e dai racconti di musica e di vita di Ernest Bolsi, un liutaio capace di riaccendere luce e speranza tra le stanze vuote del vecchio Museo della musica. Nella città assediata giunge anche il noto musicista Andreas Hymer, per tenere un concerto e ritrovare Amela Jensen, amore sospeso a causa dell’egoismo e della paura, ma mai dimenticato. Il viaggio e il concerto diventano per lui un tuffo nel passato, l’occasione per confrontarsi con la vita della madre, sparita misteriosamente quando era ancora un bambino, e per affrontare le conseguenze delle proprie scelte. Al ritmo di una partitura preziosa quanto la vita, ne “Il silenzio degli alberi” si alternano il suono delle lettere di chi è rimasto a lottare e si aggrappa a ogni cosa per sopravvivere e il silenzio del passato di quattro destini uniti dalla musica e dall’amore.