Silvana Leggerini, laureata in Matematica presso l’Università degli Studi di Firenze, è stata allieva di Luigi Campedelli. Insegnante di liceo per molti anni, è stata autrice per la rivista scientifica Newton della rubrica “Che numeri!” dal 2003 al 2007, una guida al lettore per scoprire gli aspetti culturali e piacevoli della matematica. Collabora con il Museo di Storia Naturale e Archeologica di Montebelluna (TV).
Autore: Silvana Leggerini
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Edito da: Lunargento
Prezzo: 8,00 €
Genere: Scienze e Tecnica, Geografia e astronomia.
Pagine: 64 p.
Voto:
Trama: Sei interessanti capitoli che affrontano argomenti di astronomia, con taglio accurato, ma divulgativo. Il lettore viene introdotto così nel mondo affascinante dei pianeti, alla scoperta dell’analemma, la strana figura disegnata dal Sole nel corso di un anno rispetto a un dato osservatore terrestre, delle origini del calendario e delle difficoltà di accordare i movimenti del Sole con quelli della Luna, dei punti Langrangiani e di molti altri aspetti legati al sistema solare.
Recensione
di Nessie
L’astronomia è di per sé una disciplina che suscita in maniera spontanea interesse e curiosità anche in coloro che sono privi di una formazione scientifica “pesante”. I motivi sono molteplici ma si possono sintetizzare in uno solo: lo spettacolo notturno fornito da un cielo stellato ha davvero pochi paragoni. È una sorta di effetto speciale gratuitamente servito dalla natura che potrebbe essere considerato un antenato del cinema.
Attenzione però, i corpi celesti possono essere sì osservati, ma molto da lontano, e questo fa sì che la comprensione del loro moto e la sua successiva previsione possa, a buon diritto, essere considerata una delle massime conquiste dell’umano ingegno. Storicamente, alla comprensione dei fenomeni cosmologici hanno concorso discipline quali la matematica, la fisica, la chimica etc. tutte discipline che, tradizionalmente, sono piuttosto ostiche da divulgare.
Questa premessa è funzionale ad introdurre il concetto che scrivere un testo che si occupi di astronomia, che tocchi argomenti “interessanti” e che, nel contempo, possa essere accessibile anche a lettori allergici alle speculazioni scientifiche, possa essere tanto difficile quanto far passare il proverbiale cammello attraverso l’altrettanto proverbiale cruna dell’ago.
Ebbene, l’autrice di questo agile libretto esce sicuramente vincitrice dall’impegnativa sfida che si era proposta. Il testo è reso con stile semplice e conciso, evita accuratamente l’uso di terminologie eccessivamente tecniche e quindi raggiunge, nella maggior parte dei casi, l’obiettivo della massima chiarezza. Gli argomenti trattati sono ben scelti e l’alternarsi tra l’aneddotica scientifica (e non) e le spiegazioni tecniche è ben calibrato al fine di non sottoporre menti troppo sensibili a stress insopportabili. Inoltre, l’autrice non ha avuto timore di presentare argomenti esoterici come quello dei punti lagrangiani, dimostrando che anche questioni matematicamente tutt’altro che banali possono essere argomento di profittevole lettura per neofiti della scienza.
Qualche rilievo finale è doveroso, anche perché diversamente sorgerebbe il sospetto di parentela tra recensore ed autrice: ci sembra che ci sia un’inesattezza nel calcolo della distanza da porre tra un occhio ed una moneta da 1€ affinchè quest’ultimo copra interamente il disco lunare in una notte di plenilunio. La distanza stimata dall’autrice è di 2,5m circa, ebbene, senza entrare nel merito della metodologia scelta e dei calcoli effettuati, propongo un controesempio empirico: ponendo un pollice (che ha una circonferenza confrontabile a quella dell’euro) ad una distanza di circa una quarantina di cm. si ottiene l’effetto di totale copertura del disco lunare, quindi qualcosa sembrerebbe non tornare.
Inoltre, altrove nel testo ritroviamo l’affermazione che il calendario romano originale formato da soli dieci mesi fosse lunare. Non condividiamo tale affermazione: l’autrice stessa in un altro punto afferma che un anno lunare sarebbe formato da 354/355 giorni ma moltiplicando i dieci mesi per 30 giorni otterremmo solo 300 giorni in totale. Dunque la spiegazione non reggerebbe.
In realtà, alcuni commentatori ritengono che il calendario romano fosse solare e che la durata decimensile sia spiegabile sulla base di una migrazione preistorica di tale popolo da latitudini molto settentrionali dove gli inverni consistono di due mesi di buio continuo. Si tratta in ogni caso di minuzie che non vanno minimamente ad inficiare un’operazione editoriale validissima.