Il socialismo fantasma ed i suoi spettri viventi

Creato il 02 maggio 2013 da Conflittiestrategie

Ora che le orde del lavoro, dopo la sbornia maggiolina delle feste fatte e subite (soprattutto subite), sono tornate alla loro grama vita, ancora più dolorosa a causa della crisi economica (perché essere lavoratori produttivi è sempre una iattura, Marx dixit), possiamo parlare anche di quelli che ideologicamente se ne approfittano, guidando le masse o verso il baratro o verso il nulla epifanistico dove si balla, ci si sballa e si alimentano balle sesquipedali ad uso e consumo di esclusiva corporazione.

Fondata sul lavoro e affondata sullo spettacolo indecoroso delle larghe intese e delle finte pretese sindacali. Questa è la Repubblica Italiana ai tempi della collera.

Tuttavia, non è socialisteggiando allegramente, come se nulla fosse dopo quasi due secoli di sconfitte, che si potrà voltare pagina. Possono gli operai dirigere tutto? Manco per sogno, ma a qualcuno piace farlo credere, soprattutto a chi non riesce nemmeno più ad organizzare lo spirito tradunionistico della “classe” alla quale succhia il sangue, negli accordi a perdere e nei disaccordi a fingere, più di quanto faccia il capitalista sfruttatore, il quale almeno paga le prestazioni al loro valore (medio) di mercato per spremere un plusvalore (non l’anima idioti umanisti realmente alienati) nel processo produttivo, anche se spesso il corrispettivo in denaro non basta più per arrivare alla fine del mese.  Ma questo dipende dal capitalismo straccione del nostro paese nel quale si vive di vecchie mistiche contrappositive (liberismo-statalismo, padroni-operai  ecc. ecc.) pur di non aggredire i luoghi del conflitto multipolare dove si stanno decidendo i destini della geopolitica mondiale e quindi anche quelli della prosperità economica. Lotta di pezzenti per spartirsi le briciole che cadono dalla tavola Occidentale.

Comunque non dobbiamo troppo generalizzare, perché la società è fatta a scale, c’è chi sta benissimo, chi bene, chi benino e chi male e malissimo. In Italia va sempre peggio ma ancora ce ne vuole per parlare di pauperismo globale. Ci arriveremo col tempo se a sgovernarci saranno questi farabutti svenditori della nazione sull’altare del mercato, dei suoi borseggiatori e di chi li guida dall’alto dei governi esteri.

Duecento anni ed aver imparato zero dalla Magistra Vitae, con la lavagna ideologica davanti agli occhi ed il cappello del conformismo asinesco sulla testa. Il socialismo ha fallito, più che un pensiero è ormai solo una morale, per cui è inutile quanto pretestuoso continuare a buggerare la gente declinandolo in maniera millenaristica (quello XXI secolo non avrà maggior fortuna dei suoi predecessori) come una qualsiasi religione settaria.

Pur di non prendere atto della questione, quella che appunto la classe operaia, come Marx non aveva affermato perché parlò di General Intellect e di operaio combinato (ingegneri+giornalieri), mai potesse essere il nocciolo duro di un trapasso intermodale da una formazione sociale all’altra, si è continuato ad inventarsi di tutto.

Prima gli operai, perché ai padroni e borghesi non restavano che pochi mesi, poi fattisi i giorni intere ere si è appiccicato qualcos’altro, di ancor più ineffettuale e ridicolo, al soggetto rivoluzionario. Persino negli ospedali psichiatrici lo si andava a cercare questo Godot sovversivo, confermando la convinzione che i matti fossero davvero quelli fuori e non quelli dentro. Operaio, Operaio sociale, Operaio+Pazzo, Operaio+Studente, Moltitudine di niente. Finirono così letteralmente per sclerare e si convinsero addirittura di portare i mezzi di produzione nella testa. Si convinsero o dissimularono, tanto per non cambiare e proseguire ad ingannare.

Produzione di mente a mezzo di mente, ovvero prodotto cervellotico di chi mente e smente sapendo di smontare anche quel poco che i lavoratori si erano guadagnati col sudore della fronte e le botte da orbi nelle fabbriche e nelle strade. Qualcuno mi ha pure dato del mussoliniano per aver detto queste cose quando, in verità, la strada alle dittature ed ai massacri è stata spianata proprio dai velleitari che trasformavano le loro illusioni in incubi popolari.

“…Ed è ora di ammettere che la vittoria del capitalismo è stata la logica conclusione di battaglie socialistiche totalmente errate. E’ giusto che si perda quando si commettono errori di tale portata; solo il riconoscimento di avere fallito nella previsione e nell’azione consente eventuali correzioni di rotta. Anzi, diciamolo infine sinceramente, è stato grave che la sconfitta sia avvenuta così tardi; si è perso molto tempo e si è consentita la formazione di tanti miasmi e residui velenosi che ancor oggi pesano su quei pochi che pensano di riprendere la lotta per vecchi miti. E’ del tutto nel carattere di gente che non vuole correggersi. Non c’è più nulla da salvare. E anche se piccoli gruppi manifestano talvolta della resipiscenza in specifiche occasioni, non ci si fidi; riprenderanno a degenerare perché ciò è connaturato all’errore ultrasecolare”. (G. La Grassa, L’altra strada, Mimesis, 2013). Capito?

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum. Eppure il padre del socialismo scientifico era stato chiaro sulla natura delle sua ricerca scientifica circa il Capitalismo e le sue rappresentazioni: “Io rappresento il capitalista come funzionario necessario della produzione capitalistica e dimostro ampiamente che egli non si limita a ‘prelevare’ o ‘rapinare’, ma al contrario impone la produzione del plusvalore, contribuisce cioè innanzitutto alla creazione di ciò che sarà prelevato; dimostro inoltre diffusamente che, anche se nello scambio di merci si scambiano solo equivalenti, il capitalista – non appena paga all’operaio il valore reale della sua forza-lavoro  – guadagna il plusvalore a pieno diritto; un diritto che naturalmente corrisponde a questo modo di produzione. Ma tutto ciò non fa del ‘profitto del capitale’ l’elemento ‘costitutivo’ del valore, e dimostra invece soltanto che nel valore non ‘costituito’ dal lavoro del capitalista ce n’è una parte che egli si può appropriare ‘di diritto’, ossia senza violare il diritto che corrisponde allo scambio di merci” (Marx).

Così commenta La Grassa questo passaggio centrale: “Si può essere più chiari? Si capisce quindi perché Marx insultò Proudhon quando questi scrisse “la proprietà è un furto”. Si capisce perché lo sfruttamento non ha nulla a che vedere con le sciocchezze degli operaisti (il “comando del capitale”), con le altre futilità dello Stato delle multinazionali; e, purtroppo, nemmeno con gli equivoci degli althusseriani in merito alle funzioni degli “apparati ideologici di Stato”, in particolare quelle di uno d’essi, la scuola, che avrebbe assegnato i ruoli di chi comanda e di chi obbedisce. Lo sfruttamento non dipende da alcun ruolo di comando o di obbedienza, come elucubrato dai pseudomarxisti tardonovecenteschi. Così come non è legato allo sforzo fisico, al sudore, dei lavoratori.

 
L’estrazione del pluslavoro/plusvalore, nel modo di produzione (struttura di rapporti sociali) capitalistico, avviene in regime di “pieno diritto”, di perfetta eguaglianza dei soggetti contraenti nel-la compravendita di forza lavoro. L’eguaglianza e la libertà sono condizioni fondamentali per l’esercizio del “dominio” capitalistico; senza eguaglianza dei possessori di merci e libera contrattazione, non viene in evidenza alcuna possibilità di profitto. Il comando, l’imposizione, la fissazione di ruoli tramite gli apparati di forza e ideologici dello Stato è proprio ciò che ha perduto il “socialismo” perché abbatte, ad ogni livello del processo sociale di produzione – livelli del lavoro manuale e intellettuale, esecutivo e direttivo – l’individualismo competitivo e l’impulso impresso alla produttività e dunque allo sviluppo delle forze produttive. E allora vincerà sempre il capitalismo”.
(G. La Grassa, L’altra strada, Mimesis, 2013).

Appunto, vincerà sempre il capitalismo a meno che i nostri gagliardi manifestanti non siano convinti di poter soffocare il sistema sotto le bandiere e gli striscioni. Auguri a voi e condoglianze ai famigliari.

Il socialismo è morto ed anche se il liberismo è un inganno tale e quale sarebbe meglio ricercare qualcosa di nuovo per puntare alla costruzione di una società più giusta e prospera. Smettiamola di raccontarci le favole, anche se le bandiere al vento e le canzoni al cielo ci fanno venire ancora la pelle d’oca. L’avanzata del quarto stato è ormai soltanto un quadro sbiadito di Pellizza da Volpedo, buono per restare appeso sui muri del patronato e per tenerci sospesi nel passato.


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