Una sterminata palude di fonti, più o meno legittime e veritiere. Questo è Internet: vasto, a volte oscuro. Quasi indomabile.
Obiettivo di professionisti della comunicazione è bonificare tale palude, renderla la più efficiente possibile.
Un gruppo di studiosi europei sta lavorando a Pheme, primo sistema scova-bufale sul social network Twitter. Una sorta di esaminatore di “rumors” per verificarne la veridicità e la reale origine.
Il software avrà una funzione di incrociamento dati che permetterà un esame dettagliato della fonte, e del suo background digitale .
Il risultato di tale analisi dei dati, rigorosamente in tempo reale, verrà rimandato a un dashboard, illustrando anche la penetrazione del tweet e il numero di conversazione a riguardo.
Un twitter dunque sotto esame, considerando la fruizione politica e istituzionale degli utenti attivi o passivi.
Obiettivo principale di Pheme sarà identificare account esclusivamente creati per diffondere false notizie, per scopi più o meno precisi.
In un sistema giornalistico odierno, in cui le principali fonti d’informazione dei redattori risultano ” intermedie”, ossia agenzie stampa (in italia Ansa, Agi, Asca e Reuters le più utilizzate), uffici stampa e ovviamente l’intero Web, Pheme si occuperà di verificarne l’effettiva autorevolezza.
Stesso procedimento verrà usato per accertare background e legittimità di altre fonti, dette secondarie: esperti, testimoni, semplici cittadini, altri giornalisti.
Più facile sarà scovare notizie false se divulgate da fonti primarie, dette anche ufficiali: forze dell’ordine o organi istituzionali vari.
Il soffermarsi degli studiosi padrini di Pheme su Twitter piuttosto che su Facebook non appare casuale, ma ne chiarisce le due differenti funzioni: strategiche-politiche e informative per il primo, business pubblicitario per il social di Zuckerberg.
Interessante del progetto Pheme, il finanziamento dell’Unione Europea. Una presa di coscienza istituzionale non da poco dell’affermato sistema dell’informazione digitale on line.
Kalina Bontecheva , semiologa esperta di comunicazione digitale, coinvolta nel progetto europeo, divulga tramite il suo account Twitter (@kbontcheva) informazione della creatura Pheme (@PhemeEU). Un “watchdog” analizzatore semantico e linguistico di fonti.
«Oggi non si ha il tempo di separare il vero dal falso. E’ difficile soffocare una menzogna”. Spiega Bontecheva. L a ricercatrice della città britannica di Sheffield, riporta l’esempio dei moti di Londra 2011 per comprendere la necessità di un software come Pheme. L’uccisione di un giovane, da parte di un poliziotto, causò una vera e propria guerriglia urbana in tutta la capitale inglese. Si diffuse in Internet la notizia di una fuga degli animali dallo zoo cittadino, oltre che dell’incedio del mastodontico London Eye, la ruota panramica più alta d’europa. Notizie col senno di poi facilmente considerabili buffe e surreali, ma in quei giorni portatrici di non poco panico.
Insomma, se effettuata con fini non restrittivi nel rispetto delle libertà, non c’è che augurarsi che Pheme rappresenti l’inizio di una sana bonificazione della palude del Web.