Il sospetto
Creato il 25 novembre 2012 da Veripaccheri
Il sospetto
di Thomas Vinterberg
con Mads Mikkelsen
Dan 2012
Il cinema danese è alla ricerca
di se stesso. Dopo la sbornia suscitata dal clamore per il movimento
“dogmatico” che in definitiva ha dato ragione a chi tra righe vi leggeva
l’ennesimo sberleffo del suo ideatore, l’unico che in fin dei conti ne ha
tratto concreto vantaggio,la
cinematografia di quel paese sta ora pagando la diaspora seguita alla chiusura
di quel ciclo. Una delle conseguenze più evidenti è lo sguardo erratico ed
incerto di registi come Thomas Vinterberg, come altri ancora alle prese con un
processo di emancipazione lungo e difficile, emblematico di opere come “Il
sospetto”, appena uscito nelle sale italiane dopo il discreto successo
all’ultimo festival di Cannes. Per la sua ultima fatica Vinterberg si affida
nuovamente a temi e situazioni che ripropongono attraverso una storia di
presunta pedofilia il ritratto di una società fintamente progressista ed
incapace di guardarsi allo specchio per paura di scoprirsi, repressa ed anche
bigotta. Il motore della vicenda sono le parole malferme e casuali pronunciate
da una bambina dell’asilo nei confronti di Lucas, insegnante appena divorziato
e padre di un adolescente che la ex moglie non gli lascia vedere,
improvvisamente licenziatodalla
scuola con l’accusa di aver molestato la sua alunna. Abbandonato dagli amici ed
in attesa di conoscere gli esiti dell’indagine, Lucas è perseguitato dai
concittadini che ne scoraggiano qualsiasi partecipazione alla vita comunitaria.
Che Vinterbergsia poco
interessato al tema della pedofilia appare chiaro fin dalle prime battute
quando i risvolti morbosi della vicenda sono messi sullo sfondo per lasciare
spazio alle dinamiche relazionali che si sviluppano a partire da
quell’evento.In questo senso il
film disegna uno spaccato da caccia alle streghe, con amici e colleghi incapaci
di far valere le ragioni del cuore e pronti a condannare Marcus prima del tempo
e sulla base di luoghi comuni come testimonia la frase che la preside gli
rivolge: – “I bambini non dicono mai bugie” -prima di congedarlo dal posto di lavoro. Un atteggiamento di
superficialità, questo, che finisce per coinvolgere anche il film nella sua
struttura, caratterizzata da un accumulo di situazioni da via crucis, con il
calvario di Marcus portato avanti attraverso le varie stazioni del dolore
piuttosto che nell’approfondimento psicologico di un carattere completamente
definito nella sua funzione cristologica ma trascurato quando si tratta di dare
conto – soprattutto nella parte finale -dei suoi rari scarti emotivi . Una mancanza che non ha un solo colpevole
ma a cui concorre anche un meccanismo narrativo privo di sfumature per il fatto
di mostrare fin da subito l’infondatezza di quelle accuse. Così, se in un opera
come “Festen” la drammaturgia era costruità sulla continua sospensione della
verità, favorita da un intreccio che procedeva come un thriller esistenziale,
ne “Il sospetto” tutto questo è sostituito da un surplus di esteriorità
enfatizzata ed anche sanguinolenta, come dimostra la scena del pestaggio al
supermercato, dove all’esposizione della figura ferita subentra a tempo scaduto
il commento delle persone che la incrociano, a ribadire una constatazione che
lo spettatore conosce ampiamente per averla vista con ogni dovizia di
particolari. Debolezze di una sceneggiatura che lascia aperte molte cose, ne
dimentica altre per strada (per esempio l’indagine) e non riesce a creare
alternative dialettiche – i personaggi di contorno sono appena accennati – alla
centralità del personaggio principale. Mads Mikklsen nei panni di Marcus ha
vinto il premio come miglior attore protagonista all’ultima edizione del
festival di Cannes.
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