Il sound very very british degli Editors

Creato il 25 marzo 2014 da Postscriptum
 

La critica più feroce mossa alle band indie è quella di assomigliarsi tra di loro per stili e sonorità: niente di più sbagliato. In un mondo musicale spietato che finisce sempre per autocitarsi bisogna riconoscere che l’avvento delle rock band indipendenti ha portato un sentore di freschezza e una nuova direzione stilistica che non rompe neattamente con il passato ma ne assorbe, ecletticamente, le caratteristiche peculiari reinterpretandole in chiave moderna e, soprattutto, mai scontata.
Che cosa ci si deve aspettare dagli Editors, band inglese attiva dal 2005, e dal loro sound?


Tutto il bene possibile visto che dalla Gran Bretagna è venuta la migliore musica che ha traghettato i musicofili di tutto il mondo dall’innovativo e turbolento ventennio 1950-1970 ai travagliatissimi anni 90: come scordare gli U2 di The Joshua Tree e poi i Depeche Mode, gli Oasis e tutto il movimento musicale etichettato (in maniera maligna) come britpop che altro non era che la seconda giovinezza del rock in chiave meno presuntuosa e disponibile per tutti coloro che avessero orecchio per intendere.

Tornando agli Editors: i britannici sono una band davvero interessante che ha già firmato 4 ottimi album e invaso le radio con 18-e-dico-18 singoli in 8 anni di attività. Niente male per una band indipendente. Il loro sound è un mix studiato di cultura britpop, sonorità indie e arena rock: strutturato, coinvolgente e con un gran ritmo sin dalle prime battute; ogni tanto tende a diventare un po rock ballad ma nel complesso è un gran bel suonare.

Particolarmente significativo l’album d’esordio The Back Room (2005) che contiene alcuni dei pezzi più belli come ad esempio All Sparks e Munich, brano che ha portato l’album al cospetto del palato fino degli americani, gente che di rock ne mastica più di tutto il resto del mondo messo insieme, e ha decretato il successo ella band al di là dell’Oceano Atlantico. L’album intero è una botta di adrenalina pura.

Con An End Has A Stars (2007) gli Editors sbancano anche il Giappone, terra che da decenni cerca di copiare rock e punk producendo delle sonore schifezze (vi sfido ad ascoltare le cover dei Nirvana in giapponese), con un album che conferma la loro cifra stilistica attraverso il brano di apertura Smockers Outside The Hospital Doors, il seguente An End Has A Start ma soprattutto con la bellissima e malinconica ballad Push Your Head Towards The Air.

Il 2009 è l’anno della conferma del sintetizzatore nell’ensemble di strumenti preferiti dalla band, esperimento già riusciti in alcuni brani degli album precedenti. In Papillon, brano che anticipa l’uscita del terzo lavoro The Light And On This Evening (2009) questo strumento è il protagonista assoluto di atmosfere che divergono parecchio dal solito indie e che rendono gli Editors unici nel loro genere. In questa fase si sente molto l’influenza dei Depeche Mode di Enjoy The Silence. Potente l’inciso di chitarra elettrica nel pezzo You Don’t Know Love e molto interessante la costruizione di Eat Raw Meat = Blood Drool.

Quarto e finora ultimo album degli Editors è The Weight Of Your Love. L’album ha la solita apertura potente, come se una compagnia di teatro iniziasse lo spettacolo a sipario giù alzato. Tutto e subito sembra essere lo slogan preferito dei ragazzi di Birmingham. Già con The Weight, pezzo d’apertura, si capisce che la cifra del disco è piuttosto alta: sound cupo che culmina in un ritornello fintamente melodico e melodrammatico; intelligentissimo l’uso dei violini in sottofondo e il coro che fa tanto Sergio Leone. Il tutto poi viene legato come un filo conduttore da un sottofondo di chitarre acustiche ed elettriche e da un uso perfetto del sintetizzatore. Pollice in alto anche per A Ton Of Love, Formaldehyde e l’ultimo singolo estratto, attualmente in radio Sugar.


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