Il successo di Ocho apellidos vascos: così la Spagna ride dei suoi stereotipi e dei nazionalismi
Da Rottasudovest
C'è
un film di cui parla tutta la Spagna: da un paio di settimane è uno
dei film più visti del Paese ed è stabilmente tra i 15 più visti
del mondo (cosa che non succedeva a un film spagnolo dai tempo di The
others di Alejandro Amenábar o, in tempi più recenti, a The
impossible di Juan Antonio Bayona); con 2,8 milioni di euro di incassi, il suo debutto
ai botteghini è stato il migliore dell'anno e, passati una
quindicina di giorni, ha già raccolto 15 milioni e non è improbabile
raggiunga i 20. Il film in questione è la commedia romantica (e satirica) Ocho apellidos
vascos, è prodotto da Mediaset España, è diretto da Emilio
Martínez-Lázaro, è recitato da Clara Lago, Dani Rovira e Carmen
Machi (dei tre, la più famosa è Carmen Machi, indimenticata Aida
dell'omonima serie tv; Clara Lago è una delle giovani stelline del
cinema spagnolo, Dani Rovira è al suo debutto cinematografico, dopo
una buona carriera di monologhi televisivi). Ma i nomi più
importanti, quelli che meglio possono spiegare il grande successo, sono quelli degli sceneggiatori, i baschi Borja Cobeaga e Diego
San José, già autori di Vaya semanita, un programma di satira e di
grande successo della tv basca. Detto ciò, vediamo di cosa parla
Ocho apellidos bascos.
La trama racconta l'amore del sivigliano
Rafa e della basca Amaia, incontratisi alla sivigliana Feria de Abril
e protagonisti di un colpo di fulmine; quando Amaia deve tornare nei
Paesi Baschi, Rafa ha davanti a sé solo una scelta: raggiungerla per
conquistarla e conquistare la di lei famiglia. Inutilmente amici e
parenti sivigliani cercando di dissuaderlo, ricorrendo ai luoghi
comuni cari all'Andalusia: Ma dove vai, con il bene che si sta a
Siviglia?, Ma che ci vai a fare, essendo i baschi così
indipendentisti ed essendo il clima così freddo? I luoghi comuni, però, non convincono Rafa. Il
nostro parte e va nei Paesi Baschi, dove si trova davanti alla
famiglia di Amaia, sospettosa perché fortemente nazionalista, come
lo stereotipo vuole che siano tutti i baschi. Rafa non può vantare
gli otto cognomi baschi del titolo, che in Euskadi dimostrano un
sangue non contaminato dai rapporti con gli spagnoli, ma non si ferma davanti a niente (neanche quando deve elencare i suoi cognomi baschi al potenziale suocero e sciorina tutti i cognomi baschi famosi nell'immaginario spagnolo, dall'Urdangain del genero di re Juan Carlos all'Igartiburu di una popolare presentatrice tv). Così lo vediamo trasformarsi piano piano, a furia di aneddoti
e di batoste, in quello che pensa dovrebbe essere un vero basco. E
una delle scene più divertenti e più commentate del film è quando,
in strada, cerca di tessere le lodi di Euskadi utilizzando la musica
di Sevilla tiene un color especial, senza ritegno, senza vergogna,
con la sola ossessione di essere accettato dalla sua nuova
comunità.
La critica spagnola ha paragonato Ocho apellidos bascos
a Benvenuti al Nord, con cui qualche anno fa la Francia ha riso dei suoi
stereotipi e pregiudizi. Ma non è solo
questo: nel film spagnolo si fa molto di
più. Si arriva a ridere del nazionalismo basco, si arriva a scherzare addirittura sulla kale borroka,
la violenza di strada che nel passato serviva all'ETA per individuare
e reclutare i giovani nazionalisti più estremisti. Ed è qui che
Ocho apellidos bascos è diverso da tutti gli altri film che giocano
sugli stereotipi e
parla direttamente ai baschi. I baschi sono pronti a scherzare su se stessi,
a ridere delle proprie idiosincrasie e a ironizzare sull'ETA?
Sembrerebbe di sì: i dati raccontano che il successo di Ocho
apellidos bascos è nazionale, ma è soprattutto basco. E' a Bilbao e
dintorni che ci sono le code per entrare nei cinema ed è lì che il
passaparola, vero successo del film, è stato più importante che
altrove. Cobeaga e San José, intervistati da tutti i media, sostengono che "la società è molto più avanti dei
politici".
Le
voci critiche sono poche: sia il PP che l'Associazione Vittime del
Terrorismo tacciono o tendono a dare il loro ok. Qualche giorno fa la
presidente del PP Arantxa Quiroga, che non ha ancora visto il film,
ma l'ha in programma, diceva a El Pais che "fondamentalmente la
gente vuole ridere; ci saranno persone che non capiranno le ironie
sulla kale borroka, ma a me non sembra male. Per quello che ho visto
finora, il film rompe gli schemi abituali e fugge dalla politica". "La risata aiuta molto a sdrammatizzare" ha commentato. Non la
pensa come lei il giornalista José Antonio Zarzalejos, che
oggi, su elconfidencial.com, attacca duramente Ocho apellidos bascos,
per essere una "mal riuscita
banalizzazione di quello che suppongno l'ETA e il suo intorno, realtà
sociali che sono molto lontane dall'essere scomparse, nei loro
aspetti più tragici, dalla memoria dei cittadini baschi". Insomma, un film inopportuno, perché "non è passato il tempo sufficiente". A Gara, il quotidiano
vicino alla izquierda abertzale, la sinistra indipendentista e
repubblicana, non è piaciuto che a interpretare Amaia sia stata
chiamata la madrilena Clara Lago ("Oh, chissà cosa penseranno a
Siviglia che Dani Rovira, malagueño, interpreti un sivigliano!"
sghignazzano gli sceneggiatori).
E leggendo del successo di
questo film (e sperando non lo tolgano dai cinema prima del ritorno a
Siviglia), viene in mente che tempo fa Cobeaga e San José avevano in mente una commedia sull'ETA. Un altro film per sdrammatizzare il
terrorismo e il nazionalismo e che però non sono ancora riuscito a
realizzare. L'interrogativo da cui partiva la trama era affascinante
ed esilarante: cosa succederebbe se un gruppo di etarras, residenti
in un alloggio franco, si trovassero all'improvviso a essere i
presidenti della comunità e a dover gestire il condominio? Il timore dell'accoglienza che avrebbe avuto una commedia con un gruppo di etarras come protagonisti, ha impedito finora la produzione del film, ma chissà che Ocho apellidos vascos non abbia aperto il
cammino.
Da youtube, il trailer di Ocho apellidos vascos
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