Il suicidio e la colpa

Creato il 06 aprile 2013 da Albertocapece

Una cosa è evidente e drammatica: il sistema politico italiano, figlio di una classe dirigente di infima qualità, vede la crisi solo sotto forma statistica e non sa nemmeno come dare corpo e realtà a quei numeri, è chiuso dentro se stesso, non ha la minima idea dell’impatto che hanno i suoi stessi provvedimenti e ritiene di avere la coscienza pulita. Certo è facile fare della retorica sui tre morti di Civitanova Marche, ancora più facile buttarla sulla “complessità” di un suicidio per confondere le carte, ma non c’è dubbio che dentro questa ennesima tragedia c’è una responsabilità precisa: quella di chi ha impostato una riforma del sistema pensionistico non solo punitiva, ma anche così dilettantesca e incompetente da creare una nuova figura di paria, quella dell’esodato. La responsabilità di chi ha tenuto bordone a calcoli forse appositamente sbagliati per compiacere un premier moralmente ottuso il cui unico pensiero è stato quello di far bella figura in Europa, la complicità di chi ha votato e sostenuto un provvedimento così catastrofico invece di richiedere le immediate dimissioni di un ministro incapace e/o capace di massacri. Tropo facile chiedere scusa, anzi troppo ipocrita.

Il sistema politico non ha la coscienza pulita per quanto attiene alla causa efficiente di questa tragedia, ma nemmeno riguardo a quella che Aristotole avrebbe chiamato la causa formale che non attiene al Parlamento appena dismesso dalle elezioni, ma  a venti, trent’anni nei quali si è fatto così marcire la nozione di bene pubblico, di solidarietà,di socialità e di Stato al punto che Romeo Sopranzi, il marito della coppia che si è uccisa, considerava indignitoso chiedere l’aiuto del Comune per superare il dramma della sua condizione di esodato. Ed è ancora più impressionate che il sindaco della cittadina marchigiana, Tommaso Claudio Corvatta, peraltro del Pd, si ritrovi assolutamente d’accordo: “Hanno preferito scomparire piuttosto che chiedere aiuto, dimostrando una dignità estrema” ha detto prima di dichiarare il lutto cittadino per il suicidio della coppia e del fratello di lei, ma anche, con tutta evidenza, di ogni idea dignitosamente politica.

Per fortuna che la nuova presidente della Camera si presenterà ai funerali, da tempo immemorabile  lavacro della coscienza politica. E spiace dirlo, anche della stessa  Boldrini che in pochi giorni si è segnalata per il silenzio totale sull’abbandono dei rifugiati dopo una vita passata a fare la superpagata portavoce dell’Onu su questo problema e per la straordinaria infornata di trombati e “figli di” nella sua segreteria, passo che dimostra la potenza dello spirito di casta. E anche quella persistenza di figli e figliastri e di cooptazioni senza merito che sono poi la causa dell’infimo livello della classe dirigente italiana, la causa materiale, per tornare ad Aristotele, di modalità sociali che sono sfociate nel berlusconismo e da esso sono poi state sorrette e potenziate come non mai.

Insomma da una tragedia che suscita emozione nell’immediato, ma che non sembra destinata a lasciare tracce, si potrebbero invece trarre molti spunti per comprendere la realtà italiana oltre l’epidermide dello stallo, delle trattative, del governo impossibile, dei pullman, dei piani B ma soprattutto delle cose da fare nella guerra dei ricchi contro i poveri. Il fatto stesso che molti siti, blog e giornali on line della sinistra snobbino l’accaduto potrebbe fare qualche luce anche sulla sempre maggiore marginalità politica del progressismo nostrano. Ma questa è un’altra storia, come direbbe Pupo, la controfigura di Renzi in tutti i sensi. Anzi diciamo pure che l’Italia è un’altra terribile storia.


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