Non è passato molto tempo da quando ho scritto di biopotere, carceri e manicomi, proprio su questo blog. Ma oggi torna l’urgenza di parlare del tema, soprattutto per quanto riguarda la triste vicenda degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) in Italia.
di Camilla Cupelli
Non è un caso che ogni volta che si parli di manicomi (o di OPG, ma per molti le differenze sono poche) si tiri in ballo Foucault. Se questo dovrebbe aiutarci ad osservare il fenomeno con sospetto, chiedendoci quale potere di controllo sui corpi abbia condotto all’internamento dei folli e cosa possiamo additare come follia nella nostra società, ci permette anche di comprendere come i nostri riferimenti sul tema siano alquanto arretrati. Di attuale in Foucault c’è tantissimo, chiariamo: ma non è possibile che si possano usare le sue parole per combattere un fenomeno come quello degli OPG che avrebbero dovuto già essere un superamento di qualcosa (del manicomio, appunto). E superamento dovrebbe equivalere a miglioramento.
Ma torniamo alla relazione: le misure che si dovrebbero adottare “prescrivono che il giudice disponga nei confronti dell’infermo o del seminfermo di mente l’applicazione di una misura di sicurezza diversa dal ricovero in OPG o in una casa di cura e di custodia, ad eccezione dei casi in cui emergano elementi dai quali risulti che, ogni altra misura diversa dal ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario non sia idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua pericolosità sociale”. È interessante notare che in queste parole vi sia un grande sforzo di cambiamento di background culturale sul fenomeno degli infermi psichiatrici. Nonostante ciò, però, il problema verrà sempre ridotto ad una questione di pericolosità sociale: la società esige ordine e controllo. Il punto è come esercitarlo, e la relazione sembra muovere un primo, piccolo passo in avanti.
Al momento dell’ultimo aggiornamento della Relazione (30 settembre 2014) erano 847 gli infermi che risultavano presenti in OPG. Un numero non abnorme, ma nemmeno così piccolo da poter far finta di niente.
Internati presenti negli OPG in applicazione della misura di sicurezza detentiva (definitiva o provvisoria) del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia (31 gennaio-31 agosto 2014)
C’è un dato molto interessante per quanto riguarda la Relazione. Si legge infatti che “L’art. 1 della legge 31 maggio 2014, n. 81, nell’apportare modificazioni alla legge n. 9/2012, prevede, tra l’altro, un nuovo termine – 31 marzo 2015 – per la chiusura degli OPG, nonché la possibilità per le Regioni di modificare entro il 15 giugno 2014 i programmi presentati in precedenza – già approvati dal Ministero con specifico D.M. – al fine di provvedere alla riqualificazione dei dipartimenti di salute mentale e di contenere il numero complessivo di posti letto da realizzare nelle strutture sanitarie”. Il termine del 31 marzo è “nuovo” perché è una proroga del precedente, che risaliva alla primavera del 2013. Questo spiega perché parlare oggi di OPG è fondamentale: la data di scadenza apposta sulle porte degli OPG si sta avvicinando e sta anche alla società civile monitorarne l’andamento. Alcuni parlamentari hanno preso a cuore la situazione, e ad esempio l’On. Davide Mattiello ha partecipato anche allo sciopero della fame indetto per il 6 marzo scorso per sensibilizzare sul tema.
La Relazione, naturalmente, fornisce alcune indicazioni in merito alle nuove strutture di accoglienza degli infermi, una volta “superati” gli OPG. Si prevede la costruzione delle REMS (strutture regionali di custodia e cura dei detenuti, mentalmente infermi e pericolosi socialmente) come strutture transitorie per gli individui considerati “non dimissibili” al momento della chiusura degli OPG, e per gli altri si prevedono percorsi alternativi. Anche sulle REMS si sono concentrate molte polemiche ma si tratterebbe comunque di una riduzione del numero di pazienti e, soprattutto, di una transizione. Su questo punto alcune Regioni hanno stilato accordi che potrebbero essere proficui: citando ancora la Relazione, “si precisa che, ai sensi dell’art. 3 del decreto interministeriale 28 dicembre 2012, le Regioni Lombardia e Valle D’Aosta, Abruzzo e Molise, Toscana e Umbria hanno proposto un programma unitario. L’accordo tra queste Regioni prevede che gli internati residenti in Valle d’Aosta, Umbria e Molise siano ospitati nelle REMS, rispettivamente, delle Regioni Lombardia, Toscana e Abruzzo, fermo restando l’impegno a prenderli in carico nei propri servizi territoriali, quando ritenuti dimissibili”.
Per molti la Relazione e la scadenza del 31 marzo sono passi in avanti molto significativi: la logica è quella di tentare di modificare l’assetto da un controllo dei corpi a quello della cura, anche se il processo sembra essere lento e difficile. La discussione è datata molto indietro nella storia della nostra Repubblica, ma è solo durante il VI° Forum sulla salute mentale – Aversa gennaio 2011 – che è stato sollevato con forza il problema che le autorità governative non si stessero occupando a sufficienza, e nel miglior modo, della questione. Ora sembra si possa dire che i primi passi siano stati fatti.
La relazione, però, ci lascia un po’ di amaro in bocca nelle sue conclusioni. “Nonostante il differimento al 31 marzo 2015 del termine per la chiusura degli OPG, sulla base dei dati in possesso del Ministero della salute appare non realistico che le Regioni riescano a realizzare e riconvertire le strutture entro la predetta data. In caso di mancato rispetto dell’anzidetta data, ovvero in caso di mancato completamento delle strutture nel termine previsto dai programmi regionali, è ferma intenzione dei Ministri attivare la procedura di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 30 maggio 2014, n. 81, procedura che consente al Governo di provvedere in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 3-ter, comma 9, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito con modificazioni nella legge 17 febbraio 2012, n. 9. Sulla base delle valutazioni rese è quindi di nuovo auspicabile un ulteriore differimento del termine di chiusura degli OPG. L’anzidetta proroga, tuttavia, dovrebbe essere accompagnata dalla previsione di misure normative finalizzate a consentire la realizzazione e riconversione delle anzidette strutture entro tempi certi; a tal fine si ritengono tuttora valide le proposte formulate nella precedente Relazione inviata al Parlamento: misure normative volte a semplificare e razionalizzare le procedure amministrative; possibilità di avvalersi del silenzio-assenso per le autorizzazioni amministrative richieste a livello locale”. Insomma: la scadenza c’è, e la sua proroga sarebbe eccezionale, ma più ci si avvicina al 31 marzo più l’impressione è che la vicenda stia passando sotto silenzio.
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