Ad un anno dai fatti di Khorog, capitale della regione autonoma tagika del Gorno Badakhshan, non è ancora stata fatta luce sulle vicende che hanno portato alla morte di 22 civili e 23 militari. Secondo le autorità tagike si sarebbe trattato di un’azione di polizia finalizzata ad arrestre quattro trafficanti di droga legati all’Afghanistan, ma a tutt’oggi nulla di ufficiale è emerso su quanto accaduto alla fine del luglio 2012.
Che la frontiera tra Tagikistan ed Afghanistan sia luogo di transito di eroina è fuori discussione ma il dispiegamento stesso di uomini e mezzi visto a Khorog sembra suggerire che le intenzioni governative non fossero rivolte solo al narcotraffico. Il Gorno Badakhshan è infatti una regione autonoma (che sebbene abbia solo il 3% degli abitanti complessivi del Tagikistan, rappresenta circa il 50% del territorio del paese), ma anche la patria della fazione perdente nella guerra civile che ha attraversato il Tagikistan a seguito dell’indipendenza dall’Urss. Al termine del conflitto l’accordo di cessate il fuoco tra governi e ribelli ha fatto sì che i comandanti sconfitti diventassero di fatto i governatori della regione, in un regime di autonomia dal potere centrale che col passare degli anni non ha fatto che aumentare.
Il Gorno Badakhshan è quindi governato da veri e propri signori della guerra, e non è un segreto che il contrabbando e la droga siano importanti fonti di sostentamento economico. Ma la situazione internazionale si è adesso incontrata con i propositi del governo di Dushanbe, ossia nell’esigenza di avere un Tagikistan stabile e privo di opposizione interna, il che spiegherebbe il silenzio calato sull’operazione di Khorog, la quale sarebbe stata – secondo le testimonianze degli abitanti della cittadina – una vera e propria caccia agli oppositori del potere centrale. Ma un’operazione in ogni caso malriuscita dato che lo stesso governo al momento del ritiro delle truppe ha dichiarato che nessuno dei quattro trafficanti era stato arrestato.
Il Gorno Badakhshan venne creato al tempo dell’Unione Sovietica per avere un controllo più saldo della regione, per via della sua importanza geopolitica. La regione, dominata dalle vette del Pamir, si trova infatti tra Cina ed Afghanistan, a breve distanza (per quanto possa essere breve una distanza in un territorio a 5000 metri di altitudine) anche dal Pakistan. E gli stessi motivi sembrano tornare di profondo interesse oggi, in previsione del ritiro americano dall’Afghanistan. Mosca ha infatti tutto l’interesse ad un controllo della zona di confine tagika, per tentare di fermare sia il flusso di eroina che le penetrazione delle ideologie islamiche radicali; senza dimenticare che nella regione la Russia deve anche fare i conti con una fortissima penetrazione cinese.
Addirittura si è arrivati al punto di dichiarare che non meglio specificate forze sarebbero al lavoro per staccare il Gorno Badakhshan dal Tagikistan, con l’intento di riunificare le aree di etnia tagika a cavallo della linea di confine con l’Afghanistan. Russia e Cina hanno dichiarato di voler impedire questa ipotesi, individuando uno dei possibili artefici dell’operazione nell’Aga Khan, il leader dei musulmani ismaeliti, in esilio a Londra. Gli abitanti del Gorno Badakhshan non sono infatti sunniti come gli altri tagiki, così come parlano una diversa forma di farsi, il che accentua ancora più la distanza dalla capitale. A complicare le cose la scoperta che le forze speciali governative che agirono a Khorog sono il frutto di un programma di cooperazione militare tra Tagikistan e Stati Uniti.
Il Tagikistan rischia quindi di essere travolto dalla geopolitica, e la popolazione del Gorno Badakhshan, già provata dalla sconfitta nella guerra civile, si trova schiacciata tra un potere centrale non voluto e dei signorotti locali che spadroneggiano ricavando grossi vantaggi dai traffici illegali; perdipiu avendo come vicino l’Afghanistan, una vera e propria fonte inesauribile di armi.