Fa incazzare questo film, perchè con un briciolo in più di cura, e soprattutto di umiltà, poteva essere un capolavoro, un tassello fondamentale per un nuovo modo per raccontare – almeno in Italia – fatti importantissimi. Banalità assurde – il bambino che pronuncia la sua prima parola “mafia”, per esempio – potevano essere evitate soltanto con un pizzico di modestia (di coscienza!) in più. La scena finale, poi – sarà per l’incazzatura crescente durante la visione del film – mi è sembrata desolante, inaccettabile. Nient’altro che uno spot, una pubblicità-progresso buonina buonina, uno spiegone moraleggiante che non serve a niente.
Peccato. Peccato, perchè Pif è – “artisticamente” – una delle cose migliori che circolano (circolavano?) per il grande pubblico. Il suo programma su Mtv “Il Testimone” ci ha regalato numerosi piccoli gioielli di forma e contenuto, con i suoi reportage originali e creativi che spesso sono narrazione pura, lirismo, poesia. Ma con questo film, cimentandosi in una formula che non è la sua, senza degnarsi di lavorarci serenamente e svilupparla nel modo giusto, e rivelando chiaramente troppa fretta e troppa ambizione, Pif ha offeso la propria intelligenza.
Quanti saranno stati i cattivi consiglieri? I cattivi consiglieri, quelli che fanno pressione per sbancare – per imporsi, finalmente – per vendere il personaggio di Pif "a un livello superiore". Gli stessi cattivi consiglieri che hanno spinto Sorrentino a fare La Grande Bellezza, per esempio, così tronfio e ambizioso e riuscito male, o Salvatores con Educazione Siberiana, sconcertante per quanto è banale, o Tornatore con La Migliore Offerta, un buco di sceneggiatura fatto film (prendo alcuni film usciti subito prima del film di Pif, tre film schifosi di tre registi bravi, che mi hanno provocato stesso senso di frustrante incazzatura). Così gente di talento – drogata da troppe lodi ipocrite, ammiccamenti, pressioni – non si cura più del proprio talento, non fa più i conti con i propri limiti e dunque non lavora più per superarli, e si imbarca in progetti buoni-per-il-mercato ma assolutamente non adeguati per il loro momento creativo, ed è così destinata a sfornare opere false, raffazzonate e malfatte, rovinate dalla mancanza di elaborazione e sentimento e soprattutto rovinate dalla mancanze del tempo e della disposizione d’animo necessario all’artista per fare di un’opera degna di lui.
Ecco il problema. Il problema sono gli Stregoni della Fretta e del Mercato – che possono essere pure demoni interiori – che ti ripetono incessantemente che devi produrre produrre produrre. Devi importi, devi realizzare, concretizzare, incassare, capitolare. Sullo sfondo tanto tanto talento sprecato, mentre si comincia a individuare un nuovo elemento fondamentale per gli artisti dei giorni d’oggi, sempre più importante di-questi-tempi. Non solo il talento, quello non basta. Ci vuole l’umiltà.