Il tango è finito, prosit!

Creato il 04 luglio 2010 da Marxell

La cronaca di Germania-Argentina vissuta alla Bürgefest di Unterhaching

Lacrime argentine, il tango è finito

C’è voluto un po’ per digerire il goulasch slovacco, troppo pesante per un giovedì pomeriggio d’inizio estate, ma siamo tornati a guardare quei ragazzotti in pantaloncini che sgambettano arzilli sui prati africani. Ieri giocavano i nostri ospiti, quelli che da qualche giorno in ufficio ironizzano, quelli che adesso si prendono le rivincite del polpettone mai digerito di quattro anni fa.

Dall’altra parte gli scugnizzi del Tango, fantasiosi talenti affiancati da mastini ringhianti, amabili e gioviali fuori dal campo, cattivi quando c’è da difendere l’orgoglio di una giovane nazione, rinata sulle ceneri di una brutale dittatura, sopravvissuta ad una catastrofe finanziaria generata chissà dove, che ha colpito tutti quelli che non si potevano difendere.

Sappiamo che adesso è arrivato il momento di schierarsi, non si può assistere all’evento come se fosse un film un po’ noioso in cui si sa già che l’assassino viene scoperto e assicurato alla giustizia. C’è da fare una scelta di campo, gufare ed eventualmente poi rosicare o blandire la folla che ci circonda lasciandosi dipingere dai colori oro rosso nero. Privilegiare la nazione che ci ospita e che ha costruito sull’integrazione, anche la nostra, la sua recente fortuna, o farsi conquistare dai sogni di Patagonia, dalle notti milonguere di Buenos Aires, dalle radici di questo popolo che per la metà discende da nostri connazionali faticosamente emigrati un secolo fa.

Si decide in larga parte per il lato latino, per quei lontani cugini che potrebbero ridarci la serenità negli ultimi giorni smarrita. Ci si ritrova nel tendone della Bürgerfest di Unterhaching, versione popolare e quasi paesana, ma per questo autenticamente geniuna, dell’ormai immonda fiera delle ubriachezze che si celebra ogni anno a fine settembre. L’atmosfera è molto distesa e allegra, bambini e ragazzine sono festosamente addobbato da corolle di fiori con i colori nazionali, cappelli dalle più svariate fogge, tutti con l’immancabile maglia di nylon bianca con tre strisce nere sulle maniche, per la gioia del colosso del’industria che quelle magliette fabbrica, per loro sì che il mondiale è già vinto.

Si parte e si capisce subito che il giro di tango finirà presto e male, molto male. Il caldo è intenso, la tenda fa da cappa e i forni che arrostiscono polletti a ciclo continuo non aiutano. Il primo boato ci sorprende che ancora leggiamo in menù, azione per lo più oziosa essendo le pietanze rigorosamente limitate alla tradizione. I prezzi però tengono il passo con i tempi e continuano la loro implacabile ascesa.

Mentre ammiriamo come questa gente di paese sappia gioire con intensità e moderazione, scopriamo una famiglia con magliette bianche e celesti al centro del tendone attorniata da festanti commensali. È per questo che ci piace stare qui, si può essere “altro” senza dover essere sopraffatti.

Il mezzo pollo nel frattempo è sul nostro tavolo, succoso e aromatizzato con quel po’ di prezzemolo e la pelle saporita, un privilegio che ci condediamo di rado ma che vogliamo apprezzare fino in fondo. I mastodontici caraffoni di birra per oggi non li vedremo, troppo caldo, troppo lunga ancora la serata per lasciarsi strocare dall’alcool. Assaporiamo invece una delle più pregevoli invenzioni di questo laborioso popolo, la Spezi che prima di venire qui non avevamo mai neppure immaginato potesse esistere, banale ma riuscito miscuglio di aranciata e cola, e poi dicono che i tedeschi non hanno fantasia.

Il finale del primo tempo e l’inizio del secondo lasciano sperare che il tango si trasformi in una milonga, la sua variante più rapida e complessa, ma così non è, troppo lenti e quasi svogliati l’uni, troppo affamati e concentrati gli altri, un aggregato di talenti mal sistemati e neanche tanto in forma contro un blocco che si muove come un ingranaggio. Un ometto tarchiato, baffuto e ingioiellato piange nel suo abito di un’eleganza sfrontata e per questo poco elegante, ma è un uomo anche lui e non è bello indugiare sulle sue lacrime e deridere la sua amarezza, per quanto arrogante e borioso sia stato in passato. I fischi e le sprezzanti risate davanti al suo volto gonfio e stravolto non vi fanno onore, amici di casa, lui a suo modo è stato qualcuno.

Si finisce in disfatta, anche stavolta bisognerà trovare le solite battutine di difesa agrodolci, domani in ufficio ci sarà aria di trionfo, questo composto e operoso popolo gioisce e festeggia prima della fine, così se va bene si è festeggiato per un mese, se va male almeno un po’ si è festeggiato e pazienza, cambieremo di nuovo la strofetta della canzone, dopo 2006 e 2010 ci sarà 2014, che non suona neanche bene ma che importa.

Paghiamo 7,70 euro per il pollo, 3,30 per la spezi e un po’ di mancia va lasciata, è il pedaggio che bisogna pagare ai vincitori. Siamo stati però bene, quasi quasi la prossima volta teniamo per loro, anche se dall’altra parte ci sarà di certo una squadra latina, o forse no, siamo assetati di rivincite e per questo almeno per oggi rosichiamo.


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