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Il Tar Lazio allarga le maglie della par condicio in talk e tg (Il Sole 24 Ore)
Creato il 08 febbraio 2014 da Nicoladki @NicolaRaianoRenato Brunetta, presidente pro tempore del gruppo Il Popolo della libertà-Berlusconi presidente, presentò l’esposto contro i due programmi. Nel quale, tra l’altro, si sottolineava un’evoluzione del «concetto di informazione», ormai assimilato «alla comunicazione politica», estendeva all’informazione le regole della par condicio «addirittura per il periodo non elettorale». L’Agcom, a sua volta, ha stabilito come «tutte le trasmissioni d’informazione, compresi i telegiornali, le rubriche e le trasmissioni d’approfondimento» debbano rispettare i principi della par condicio. Per i talk show, in particolare, «l’equilibrio delle presenze dev’essere assicurato durante il ciclo di trasmissioni» cita il Tar Lazio. Da qui l’esposto dell’allora Pdl contro l’eccesso di presenze di esponenti del centro-sinistra nelle due trasmissioni. Esposto accolto dall’Agcom, contro i cui provvedimenti - che imponevano, ad esempio a Che tempo che fa, un riequilibrio delle presenze entro sei mesi - la Rai presenta ricorso al Tar Lazio. Vedendoseli accolti entrambi, con il relativo annullamento degli ordini di riequilibrio impartiti dall’Agcom.
Sono le motivazioni di tale annullamento, però, che, in vista delle future campagne elettorali a partire da quella per il Parlamento europeo, pongono le basi di un vero e proprio "ribaltone" sull’attuazione della par condicio. Salvo, ovviamente, una decisione contraria da parte del Consiglio di Stato o un intervento normativo.
Una sentenza della Corte Costituzionale, la 155 del 2002, respinse le censure d’incostituzionalità della legge 28 del 2000 sulla par condicio, ma ribadì, rinforzandola, la diversità tra comunicazione politica (propaganda) e informazione.
La decisione del Tar Lazio, tra l’altro, arriva proprio mentre l’Agcom sta concludendo le audizioni per varare un Regolamento riguardante la par condicio nei periodi non elettorali.
Secondo i giudici amministrativi «non è particolarmente significativo il numero degli esponenti» di ciascun partito e la quantità di tempo ad essi dedicata, «per poi disporre un riequilibrio sempre su base statistica». Bisogna introdurre, invece, «criteri qualitativi»: il trattamento riservato ai politici, ad esempio, «è ben più importante dei minuti di presenza». Va poi tenuto conto «delle vicende interne» di una forza politica, e quindi di un criterio di attualità in un «determinato momento». Il meccanismo «quantitativo» usato dall’Agcom non si può applicare, «se non del tutto marginalmente» ai programmi informativi, come appunto quelli di RaiTre. L’Agcom, invece, deve «valutare se la condotta del responsabile non violi qualitativamente le regole d’imparzialità». Dare un giudizio di valore sul comportamento di un conduttore rispetto ad un altro sembra quasi una "missione impossibile" per un’Autorità istituzionale.
Non basta: il Tar, nell’accogliere il ricorso della Rai, richiama la Convenzione europea sui diritti dell’uomo: la libertà di comunicare o ricevere informazioni, «senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche», può essere limitata solo da misure richieste dalla sicurezza nazionale, dall’integrità territoriale, dalla difesa dell’ordine e dalla prevenzione dei reati, dalla protezione della salute o della morale, dalla protezione della reputazione o dei diritti altrui o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario. In questo caso, insomma, non ci sarebbe più la par condicio, neanche nei periodi elettorali, visto che, come rileva lo stesso Tar del Lazio, «nessuno dei parametri appena elencati è preso in considerazione» dall’Agcom nei provvedimenti contro la violazione delle norme relative, in questo caso da parte dei due talk show di RaiTre.
Le elezioni europee si avvicinano e quelle politiche arriveranno entro il 2015, se non prima. Resta da capire se e quanto l’Agcom potrà non tener conto, nei Regolamenti sulla par condicio, delle due sentenze e se, innanzitutto, presenterà o meno ricorso al Consiglio di Stato contro il Tar Lazio. Del caso se ne dovrebbe occupare il Consiglio dell’Autorità di giovedì prossimo. Andrebbe chiarito, tra le altre cose, se i videomessaggi siano propaganda o informazione, dato che non richiedono alcuna mediazione giornalistica. O perché l’Agcom sia stata così pronta a sanzionare i talk show della Rai, ma non abbia mai fatto nulla di realmente efficace rispetto a Tg decisamente squilibrati. Dopo questa sentenza, peraltro, sarà più difficile sanzionarli.
Marco Meleper "Il Sole 24 Ore"
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