Il Teatro
Da Alfonsigianni
La fotografia di teatro è molto affascinante, ti permette di essere molto vicino agli attori, quasi far parte dello spettacolo stesso. L'odore del legno, lo scricchiolio del palco, le vibrazioni degli attori, un'atmosfera particolare, quasi intima. Fotografare è molto difficile, si rischia spesso di cadere nella banalità degli scatti, essere troppo didascalici, ci si muove sempre sul filo di lana. E' un po come vedere un un film con il fermo immagine, bisogna saper non solo dare un senso a quello che si fotografa, ma aggiungere anche personalità, raccontare la storia dal proprio punto di vista, è questo che rende interessante uno scatto, mostrare agli altri quello che non hanno visto. Il teatro è tridimensionale, animato dal movimento e dai gesti, la fotografia è bidimensionale e statica, cosa si perde e cosa si scopre? Si perde tutto, rimane solo un filo d'argento. La fotografa non deve rappresentare, ma suscitare emozioni, è solo questo che rimane.
C'è stata negli anni un'evoluzione nel tuo modo di fotografare gli spettacoli? La fotografia è un percorso, racconta il mio cammino, la mia storia, la mia evoluzione come uomo e come Professionista. Durante i miei corsi dico sempre ai partecipanti di non gettare mai nessuna foto, quello che oggi è per noi un brutto scatto, domani lo vedremo sotto un'altra luce. Oggi non sono l'uomo che ero ieri e non sono l'uomo che sarò domani. Sembra banale, ma in realtà è quello che facciamo tutti i giorni, impariamo dall'esperienza e maturiamo, almeno dovrebbe essere così... Fotografo la mia vita guardando il mondo che mi circonda.
La scarsità di luce è un'ostacolo? Come la interpreti? In realtà non è un'ostacolo, ma un alleato. Mi aiuta ad enfatizzare un espressione, un gesto, un'emozione. I continui sbalzi tra la luce e buio creano dei contrasti fantastici, quasi surreali. La luce non la interpreto perché semplicemente non c'è.
Spesso sei riuscito a sfruttare le precarie condizioni di luce per raggiungere un effetto per cui gli attori sembrano in bilico tra la vita e la morte. Accanto a personaggi ben visibili ne appaiono altri dal volto fantasmagorico, sospeso tra la presenza e l'assenza... In effetti è proprio questo che amo del connubio fotografia / teatro. Una danza incessabile tra ciò che sembra e ciò che è, un gioco di apparenze. Amo molto invertire i ruoli, trasformare il divertente in tragico e viceversa. Spingo sempre al limite questo aspetto, è come ritrovarsi all'improvviso su un precipizio e ci si guarda indietro per capire come ci si è arrivati. Accompagno l'osservatore a porsi delle domande a mettere in dubbio ciò che ha visto. E' fantastico l'effetto che suscita.