Il teatro di plauto, mannarino e tanti eventi al tindari festival

Creato il 17 agosto 2013 da Postpopuli @PostPopuli
 

di Armando Di Carlo

Il teatro di Plauto, Mannarino, Debora Caprioglio, Fausto Mesolella degli Avion Travel: un Tindari Festival ricco di eventi e interpreti d’eccezione

Come promesso ai lettori di PostPopuli, torniamo a parlare degli eventi in cartellone al Tindari Festival, eterogeneo come non mai in questa sua cinquantottesima edizione affidata alla direzione artistica della sempre attenta e scrupolosa Anna Ricciardi.

Giunti oramai al giro di boa della rassegna con lo strepitoso successo di “Mannarino in corde – Concerto per sole chitarre”, ancor prima di passare in rassegna esiti e voci degli eventi più significativi (naturalmente oltre a quelli di cui vi abbiamo già narrato) svoltisi fino alla notte di San Lorenzo, possiamo iniziare a farci un quadro preciso della situazione e a tirare le prime somme.

Si sa, non è mai stata impresa facile quella di coniugare valide proposte culturali con esigenze di botteghino, specialmente nella stagione estiva; eppure, anche quest’anno, il Tindari Festival ha dimostrato che si possono offrire spettacoli di alta qualità venendo incontro alle esigenze di tutti i palati.  Altra operazione di grande coraggio – sfida nella sfida – è stata quella di dare spazio, per la prima volta all’interno del Festival, ad alcune compagnie locali che, coadiuvate da importanti personalità del mondo della musica e dello spettacolo, hanno regalato performance di spessore non inferiore a quelle proposte da compagnie più blasonate e, per di più, progettate esclusivamente per il pubblico di Tindari. E’ questo il caso soprattutto dell’applauditissimo balletto “Una sola moltitudine” di Patrizia Bellitti e Pucci Romeo con la partecipazione straordinaria del Maestro Igal Shamir e della tragedia “Giocasta” del regista pattese Stefano Molica, scritta dall’autrice greca Dimitra Mitta e interpretata da Caterina Vertova con l’accompagnamento delle musiche scritte – appositamente per l’opera – dal violoncellista e compositore Luca Pincini e dallo stesso eseguite dal vivo. Meno brillanti i risultati di un’altra compagnia locale che ha proposto il Musical “Frediana”, scalcinata storia d’amore in tempi di guerra fra Patrizio, soldato innamorato e sconsolato chiamato al fronte, e Frediana che, nonostante un cast di tutto rilievo (Marco Vito, Tania Tuccinardi, Giuditta Perriera e Rinaldo Clementi, Antonio Silvia e Antonino Smiriglia) non è riuscita a decollare.

La mostra Massimo Mollica – foto Armando Di Carlo

Da sottolineare, a margine, l’importante omaggio reso dal Festival allo scomparso Massimo Mollica, punta di diamante del teatro messinese, con un convegno – “Massimo Mollica: l’uomo che aveva per cappello la Luna” – con la presenza di Tuccio Musumeci e Walter Manfrè e gli attori storici della compagnia stabile e una mostra interamente a lui e ai suoi lavori dedicata all’interno del Complesso “San Francesco”. L’iniziativa va oltre il semplice omaggio, potendosi considera un vero e proprio progetto culturale sul teatro messinese.

Possiamo entrare ora, finalmente, nel merito delle singole rappresentazioni andando per ordine cronologico.

Giocasta – 1 agosto

La messa in scena propone una versione moderna del mito di Edipo che focalizza l’attenzione su Giocasta, regina di Tebe madre e moglie dello stesso Edipo. Non a caso, eccezion fatta per il giovane Marco Conti Gallenti (al suo esordio a Tindari), il cast era permeato di figure femminili – Caterina Vertova nei panni di Giocasta e il coro costituito da Valentina Martino, Maria Scafidi e Morena Casella.

Anfitrione – 5 agosto

I protagonisti di Anfitrione

Un gioco di cornici quasi decameroniano quello voluto da Walter Manfrè per il suo spettacolo “Anfitrione”;  con un sapiente innesto di meccanismi tipici del cabaret nel tessuto narrativo classico della commedia plautina. Doppio registro stilistico dunque, focalizzato prevalentemente sul mattatore Enrico Guarneri che, sorretto dalla bella e brava Debora Caprioglio qui nei panni di Alcmena, con le sue performance “linguistiche”, ha letteralmente stregato il pubblico dando al contempo un nuovo senso e uno straordinario impulso alla commedia dell’equivoco. Molto spazio ai dialetti (in testa quello siciliano, senza però escludere napoletano, romanesco e veneto) per questa versione “modernizzata” – ma di certo non stravolta, come avviene spesso in operazioni di questo genere – della celebre commedia plautina.

Al termine della commedia abbiamo, come sempre, raggiunto protagonisti e regista per rivolgerli alcune domande che di seguito proponiamo iniziando con Enrico Guarneri e poi, a seguire nell’ordine Debora Caprioglio e Walter manfrè.

Un doppio registro stilistico per questa inedita versione di “Anfitrione”. La comicità classica di Plauto, con i suoi equivoci, più la sua originalissima comicità degli equivoci.

G.: Praticamente la linea registica è stata quella di farcire la comicità plautina con precisi riferimenti al mondo dell’avanspettacolo, un po’ al mondo del varietà. Per far questo, inoltre, abbiamo trasposto la vicenda come se fosse una specie di Anfitrione in Sicilia ecco. Questo “italiese”, questo “italiota” che ci contraddistingue, riscontra l’applauso del pubblico; la gente si diverte. Poi io sono in maniera marcia siciliano, quindi non potrei mai andare a fare una cosa dove sia essenziale la purezza del linguaggio. Lo spettacolo è un po’ un inno a quelli che sono i dialetti – in certi casi vere e proprie lingue – a partire dal sud fino all’altissimo nord. Tutto sta nel trovare il registro giusto per renderli comprensibili, di respiro nazionale. Diciamo che lo slang, la cadenza, il pensiero anche è siculo; poi c’è un inno, tra il serio ed il faceto, alle corna, ma chi può meglio di noi meridionali farlo!

All’inizio, quando è salito sul palco con l’aria contrariata, abbiamo avuto qualche timore che lo spettacolo non si facesse. Apprezziamo anche la comicità dello stesso regista, che si è messo in gioco per questa burla iniziale.

G.: Sì, è stata un’idea di Walter, che ha voluto assolutamente che almeno per i primi minuti di quel monologo al quale tu ti riferisci, non trasparisse alcuna forma di scherzo e di comicità. Bisognava dare la sensazione che era successo qualcosa dietro le quinte.

Unione fra cabaret e teatro di Plauto riuscitissima.

G.: Ma sì, perché io sono convintissimo, ed anche il regista, che già il pensiero di Plauto era a metà strada fra il teatro e la farsa, farsa addirittura boccaccesca; era una cosa veramente popolare. Adesso, ovviamente, a distanza di millenni, assume un’importanza ben diversa, è blasonato, blasonatissimo. Però se il pensiero era quello, allora bisogna riportarlo alla concezione originaria.

Debora, forse per la prima volta in una commedia quasi interamente dialettale qui a Tindari.

C.: Diciamo che spesso mi è capitato, in cose comiche, di lavorare anche con delle influenze dialettali; certamente che qui è più accentuato perché proprio è stata data questa impostazione registica, ma io trovo che sia giusto, anche perché Plauto poi è stato fatto in tutte le salse, per cui noi abbiamo mantenuto la matrice classica dandogli anche delle connotazioni di colore quindi anche utilizzando i dialetti, che sicuramente sono un patrimonio della nostra Italia e che comunque vanno tutelati. Trovo che sia stata una scelta indovinata, perché comunque fa parte della nostra cultura e perché i personaggi in questo modo diventano anche meno distanti trattandosi di un classico e quindi facilmente fruibili da parte di un pubblico sempre più vasto. Visti tempi, è anche giusto fare in modo di rendere il teatro più fruibile.

Maestro, la commedia dell’equivoco dentro la commedia dell’equivoco; tutto un po’ incentrato sulla figura di Guarneri.

M.: Assolutamente, sì, perché Guarneri è un personaggio da seguire, che noi del teatro seguiamo, ma anche i critici seguono con molto interesse, perché sta avendo una trasformazione; si sta cercando di scrollare di dosso quella maschera soltanto del personaggio televisivo – che per altro l’ha reso famoso e continua a dargli molto successo – per entrare in un approccio col teatro un pochino più culturale, più colto, sempre ironicamente. Tutto quel primo monologo che abbiamo costruito insieme, è fatto di un piccolo contrasto che c’è sempre stato fra me e lui; per cui lui alla fine ha potuto dire la verità, liberarsi. La realtà di un dibattito serio. Plauto viene fuori alla fine; noi non l’abbiamo tolto in favore della risata soltanto; abbiamo messo tutta la morale di Plauto, quella più melensa l’abbiamo fatta ridendoci sopra. Per questo testo si è parlato di scoperta del senso di identità; il problema dell’identità: ‘chi sono io se non sono io?’. Poi nasce la maschera pirandelliana – persona e personaggio- cioè tutto un discorso molto profondo se lo si vuole seguire.

A proposito di maschere, Guarneri ne indossava parecchie questa sera.

M.: Sì, perché parte dalla sua che non abbiamo voluto tralasciare, poi si mette in quella del prologo e poi, finalmente, in quella di Sosia e in quella della vecchietta; insomma, è veramente un trasformista.

Questa rivisitazione riprende forse l’essenza più genuina del teatro di Plauto, col suo linguaggio popolare dalla ricerca comunque raffinata.

M.: Sì, Pasolini che fece la traduzione del Vantone di Plauto – senza metterlo in scena lui – disse che l’unico modo per mettere in scena ‘oggi’ – dunque l’oggi del suo tempo, trent’anni fa- era di leggerlo come se fosse avanspettacolo, quindi ho fatto questa citazione, con le ballerine, con le canzonette del periodo, e vedo che la cosa regge, perché è fatto di comico e spalla, comico e spalla… non c’è altro da fare, o fai ridere oppure, se non fai ridere, fai piangere. Ma con Enrico andavamo sul sicuro su questo.

Una sola moltitudine – 8 agosto

Appassionato e appassionante tuffo nella danza moderna che ha letteralmente stregato il pubblico di Tindari,  “Una sola moltitudine” è una sorta di scrigno delle meraviglie col quale gli autori e coreografi, Patrizia Bellitti, Pucci Romeo e Danilo Anzalone, si divertono e ci divertono regalandoci un incantato viaggio poeti e musicale, oltreché nella danza, che esula dalla usuale concezione di “balletto”. Proprio il tema del “viaggio” e dello “spostamento” è il fil rouge di questo innovativo contenitore interamente ideato e realizzato a Patti mal dal respiro decisamente internazionale. Nato – come ci ha gentilmente spiegato, in una lunga conversazione, l’ideatrice Patrizia Bellitti – dalla necessità di un’apertura verso l’altro (altro inteso come persona ma anche come culture diverse), lo spettacolo approda a esiti ancor più luminosi.  Guidandoci delicatamente per mano nell’universo della danza (nella sua storia più recente e nelle tipicità culturali con cui si estrinseca nel mondo), coreografia dopo coreografia, i ballerini riescono a svelarci la gioia, la pienezza e il senso di profonda condivisione emotiva di questo complesso  linguaggio del corpo. Ad arricchire ulteriormente il tutto, si aggiunge il felice incontro col violinista, romanziere e pilota di caccia israeliano (ma di origini russo-polacche e residente in Francia dagli anni 60) Igal Shamir -la cui stessa vita è tutta un viaggio avventuroso da scoprire- le cui incursioni melodiche nella tramatura dell’opera offrono agli spettatori ulteriori stimoli e spunti di riflessione.

Proprio di Igal Shamir riportiamo le sensazioni nell’intervista tradotta dal francese che ho raccolto poco prima dello spettacolo.

Maestro, sappiamo che era un suo desiderio esibirsi qui a Tindari e finalmente suonerà in questo complesso spettacolo di danza.  

S.: E’ stato un desiderio davvero molto grande anche perché amo questo posto, amo la Sicilia e amo Tindari.

La sua musica legata alla danza; è la prima volta per lei?

S.: Ho già avuto delle esperienze, addirittura in alcuni spettacoli mi è stato chiesto di muovermi, di danzare, di interagire coi danzatori. Penso che sia importante questo rapporto perché il violino è uno strumento che dà la possibilità di potersi muovere.

Aveva già studiato questo spettacolo di Patrizia Bellitti e Pucci Romeo?

S.: Non conoscevo questo lavoro e non conoscevo ancora Patrizia, però mi è bastato giusto un minuto per conoscerla.

Qual è la vostra impressione finale sul progetto?

S.: Un’impressione molto molto positiva e molto simpatica. Finalmente siamo in un angolo che non è soltanto, come dire, il covo della professionalità, ma che invece fa della professionalità un materiale assolutamente straordinario.

Alessandro Mannarino in corde – 10 agosto

Ultima tappa del suo tour estivo e unica in Sicilia,  il cantautore romano ha portato a Tindari il suo “Mannarino in corde – concerto per sole chitarre”.

Alessandro Mannarino

Mannarino ha ripercorso la sua carriera, proponendo tutti i suoi successi in chiave acustica con arrangiamenti studiati per le sei corde e sorprendenti rivisitazioni dei suoi brani più conosciuti. Sul palcoscenico è stato accompagnato da tre grandi musicisti: Fausto Mesolella (degli Avion Travel), Tony Canto ed Alessandro Chimienti.

Non solo musica, ma anche recitazione. Mannarino, infatti, ha regalato  momenti di puro teatro che si sono incastrati alla perfezione nel contesto musicale e che hanno trasmesso forti emozioni. A differenza dei suoi precedenti tour, in cui i suoni sono stati fedeli a quelli dei dischi, in “Corde” il cantautore romano, con grande coraggio, ha proposto, rischiando, un progetto che lo ha visto vincitore in tutto.

Grande la sua soddisfazione al termine del concerto e profonda la gioia di aver trovato un pubblico così caloroso in un teatro così ricco di storia e dal paesaggio assolutamente affascinante.

Carichi di istanze sociali i testi di questo giovane, moderno stornellatore/menestrello, narrano con garbo ed ironia le vicissitudini della vita moderna, con uno sguardo maggiormente focalizzato sulle classi più popolari.

Al termine del concerto abbiamo raccolto anche le sensazioni di Fausto Mesolella, anima storica degli Avion Travel.

Fausto Mesolella, poeta della chitarra, anima degli Avion Travel, qui a Tindari per rivoluzionare il sound di Alessandro Mannarino con questo concerto per sole corde.

M.: Mah, per rivoluzionare… ho dato il mio contributo, perché Alessandro aveva espresso, l’anno scorso, l’idea di fare un tour teatrale con sole chitarre, per avere un suono diverso, per avere la possibilità di fare ascoltare meglio le parole delle sue canzoni. Direi che è un esperimento molto riuscito, siamo tutti contenti. Questa sera è stata l’ultima tappa del tour; un tour molto fortunato che ha visto il sold out in tutta Italia, quindi sono contento di aver partecipato a questo evento.

Anche Tindari ha confermato questo grande successo, con ovazioni per Mannarino ma anche per lei.

M.: Io sono contento per Mannarino sinceramente, perché all’inizio lui aveva, sai,  un po’ di  paura perché era sempre uscito con gruppi; e quindi una platea abituata ad un altro tipo di concerto, per cui metterli lì buoni ad ascoltare è stato all’inizio un po’ difficile, però dopo il concerto ha preso la sua strada per cui la magia è venuta fuori data dopo data fino ad arrivare a questa magia di stasera, coronamento degno di uno dei posti più belli del mondo. Diciamolo, insomma, un tour fortunato.

Questa volta Mannarino si è affidato a tre grandi professionisti; lei aveva già lavorato con loro e con Alessandro?

M.: Con Alessandro no, mai. Ci conoscevamo così, perché ci siamo incontrati in qualche occasione ma con formazioni diverse; io militavo negli Avion e una volta lo incontrai che stava accompagnando Gianna Nannini ad un premio Gaber, per cui abbiamo consolidato un’amicizia che poi è sfociata nel tour.

Oltre alla grande esperienza con gli Avion Travel, durata un trentennio, il suo lavoro da solista l’ha portata ad uscire con un novo lavoro per chitarra già apprezzato da pubblico e critica.

M.: Forse nel 2014 porteremo ancora in giro con gli Avion il lavoro fatto per i trent’anni della morte di Nino Rota (“ L’amico magico”). Questo “Suonerò fino a farti fiorire”  è invece il mio primo lavoro da solista, un disco di sola chitarra; per cui inizio di nuovo dalla chitarra perché.. beh è così, un regalo che mi sono fatto.

Il Tindari Festival continua ora con la settimana della prosa. Dal 14 al 18 agosto si susseguiranno in sequenza “Aulularia” di Plauto con Camillo Grassi, “Sogno d’amore ubriaco” con Federica di Cola e “Comicalba” con Siravo e Vespertino.

(foto Armando Di Carlo)

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