Il Tempietto di Sant’Apollinare

Creato il 12 dicembre 2010 da Robertovitarelli

Lungo la strada che da Rutigliano conduce a Turi, si erge quella che ai nostri occhi appare una torre di pietra ma che in realtà è la testimonianza di un lontano passato.

Ci troviamo in contrada Purgatorio (denominata anche Bigetti), tra le viti di uva da tavola del barese, in una zona che, i resti ritrovati di necropoli, insediamenti ed edifici di culto, ci testimoniano essere stata densamente popolata fin dal VI sec. a.c. Rutigliano allora era chiamata Azetium e si collocava in quel tratto della via Appia che da “Celia” (attuale Ceglie del Campo) portava a “Gnatia”, famosa città costiera a cavallo tra Peucetia e Messapia (a confine dei territori comunali di Monopoli e Fasano). Contrada Purgatorio dista alcuni chilometri da Azetium, e molto probabilmente non veniva attraversata dal percorso della Appia, ma ciò non escludeva la presenza di un ulteriore sistema viario nelle sue immediate vicinanze, forse fatto di lame.

L’ edificio, collocabile cronologicamente tra il VII e l’XI secolo, è la chiesetta di Sant’Apollinare (primo vescovo di Ravenna) la cui dedicazione (riferita al santorale bizantino) è segno di origini medievali. Difatti probabilmente il culto di Sant’Apollinare si diffuse fortemente a partire dal IX secolo, quando le incursioni saracene a Ravenna costrinsero i ravennati a trasferire le reliquie del santo dal porto di Classe (luogo del suo martirio) ad una nuova chiesa (San Martino in Ciel d’Oro detta anche Sant’Apollinare Nuovo) collocata più internamente alla città. La venerazione di Sant’Apollinare in Puglia si spiega con quel processo di bizantinizzazione della regione avviato dalla riconquista di Basilio I; Bari, inoltre, era il cuore di due importanti unità amministrative bizantine: Il Tema di Langobardia e il Catepanato d’Italia.

Tagarelli, noto storico locale, sostenne che la dedicazione si riferisse ad un’Apollinare, abate di Montecassino di passaggio da queste terre e benefattore del popolo.

Architettonicamente parlando l’edificio riproduce il modello, molto diffuso in Puglia, di chiesa a cupole in asse risalente all’XI, o al X sec. come testimonia l’analogo caso del tempietto di Sepannibale in agro di Fasano.

I resti archeologici potrebbero permettere di  retrodatare ulteriomente la chiesa di Sant’Apollinare: alcune tombe rinvenute nelle vicinanze risalgono al VII secolo; nel 1979 ne furono scoperte dodici di epoca altomedievale, contenenti: brocchette con decorazioni a bande rosse, pettini, vetri, fibule, oreficerie… Tali sepolture erano poste superiormente ad una necropoli classica del VI-V secolo a.c., cosa che lascia pensare ad una sostanziale continuità insediativa nel periodo compreso tra l’età classica e l’età paleocristiana. Importanti testimonianze ritrovate sono un disco fittile, rappresentante una croce e una colomba, e i resti di quella che probabilmente doveva essere una villa rustica tardo-romana, come indicano non solo la tipologia delle murature ma anche le due monete ritrovate al suo interno, risalenti all’Imperatore romano Ostilliano,

nonchè i frammenti di cornice fittile raffigurante una testina fra racemi.

L’edificio ha forma di parallellepipedo e misura m. 6×8. Esternamente, nel prospetto posteriore, presenta un’abside semicircolare,

mentre ciascuno dei prospetti laterali è diviso da una lesena.

L’interno, ad aula unica, si caratterizza per la presenza di un’arcata (su pilastri addossati ai muri laterali) posta trasversalmente al senso della lunghezza, che indica la separazione della zona presbiteriale (destinata al clero) da quella di esclusiva competenza dei fedeli. Sempre all’interno, su ognuno dei due muri laterali, i pilastri dell’arco trasverso sopracitato e altri quattro pilastri posti angolarmente all’edificio sorreggono quattro archi (due per lato) che incorniciano altrettante nicchie: una teoria di arcate che rende sicuramente affascinante il significato simbolico di un’edificio religioso medievale. Tre monofore si allineano aprendosi rispettivamente sul prospetto dell’entrata, sull’arcata trasversa e superiormente all’abside.

Ciascuna delle due parti interne all’edificio è coperta da una cupola a forma di trullo. Gli scavi  al di sotto della chiesa hanno messo in evidenza la muratura di una precedente pianta con un’abiside più ampio, ricollegabile alla probabile preesistenza di un’organismo a tre navate.

Quella di Sant’Apollinare era probabilmente una chiesa di tipo “pievano”, cioè una fondazione privata che appartenenva ad una diocesi e si collocava in un insediamento rurale. Le chiese pievane erano molto presenti nell’agro barese nel IX secolo, forse sia per il crollo del sistema amministrativo longobardo che per la colonizzazione bizantina delle campagne avviata con la sopracitata riconquista del IX secolo. La collocazione di tali chiese seguì la carta geografica della fitta rete di insediamenti rurali esistenti allora in provincia di Bari.

Le origini dell’ insediamento relativo a Sant’Apollinare, di cui la chiesetta rapprenta solo il periodo più recente, tuttavia sono oscure. Dovere delle istituzioni è quello di valorizzare questo sito e di sostenere la ricerca archeologica perchè faccia luce ancora su una interessantissima testimonianza che oltre a ricchezze nel senso materiale del termine (i suoi reperti), ci ha restituito una ricchezza umana e in termini di incivilimento di altissimo valore.



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