Gridavano le cime, in quel candor di spume nevose, gettandosi in riflesso nelle limpide acque del lago, nell'ora del tramonto ove l'aria tersa sprizza sulle punte di quei secolari cipressi, scolpiti come pietra nelle dimore signorili, mentre l'avanzar del bosco grava alle sue spalle, minaccioso ed inatteso sommerge il fragile erboso manto.
Soggiunge il tempo, e la sua ombra cala sul mio pensar.
Miserabile amante della vita, suo sposo, e lei, la vita sua compagna, nel mutamento interminabile, spesso incomprensibile, agli occhi terreni della gente, procede inevitabile ed equo, nella gioia e nel dolore, nessuno sconto, esso compie la sua eterna andata, senza mai farne ritorno.
Ma forse estremo insegnante mai udito, porta alto il suo messaggio, si screpolano le querce, le rughe sui nostri visi, ma calca sulla bocca la sua arte, la sua maestria; nel sorriso di chi ha saputo farlo, nonostante la sua giostra, nel fugace lampo dell'amore, in un bacio di un abbraccio e nell'abbandono di chi lasciamo, nella morte.
Nell'eterno mai ritorno.
Ma ancor inganno al supremo tempo, noi portiamo, con la memoria, l'arma più feroce che l'uomo possiede ma che spesso si dimentica di aver, il lascito nel cuor di chi ci ama nel tempo trascorso insieme, perché in fondo è il tempo che doniamo alle persone che le rende importanti, perché attimi posso divenir secoli, e nessuno con certezza sa per quanti giorni sarà qui ancor.
Quindi fa del tempo virtù, e coltivane per chi ami, forse i frutti migliori nasceranno, e se ancor perdono devi chieder, o una carezza donar, va ora, lascia tutto e va ora.
Corri.
Fa grande il tuo tempo.
Giunge il tempo di partir forse per il mio.
Simone De Bernardin