Il tempo che ci rimane

Creato il 31 luglio 2010 da Robydick
2009, Elia Suleiman.
Informarsi poco e male su un film prima di andarlo a vedere non è un buon consiglio, ma a volte procura piacevoli sorprese, com'è capitato ieri sera per me al cinema, ed anche all'amico OrsonMic mio compagno di visione.
Film autobiografico che copre un periodo che va dal 1948 ad oggi, diviso in 4 episodi. Nel 1948 i nonni ed il futuro padre di Suleiman vivevano a Nazareth, erano i giorni dell'invasione israeliana, era anche l'anno in cui veniva proclamato lo stato d'israele. Forme di resistenza blanda, lotta troppo impari, esecuzioni sommarie, una popolazione libera di palestinesi passa ad una vita soggiogata e ad un coprifuoco permanente. Il padre sopravviverà incredibilmente.
La faccio breve:
1970 Nazareth è in pieno stato d'israele, non si parla più nemmeno di territorio occupato, la popolazione palestinese è in costante pressione, Elia è ormai bambino va a scuola ma ogni tanto gli sfuggono frasi politicamente non corrette. Gli israeliani le studiano tutte per integrare la popolazione araba. Il padre di Elia con la scusa della pesca notturna in mare viene sospettato di traffico d'armi dal libano per supportare i combattenti arabi.
1976-78 inizio dell'intifada, i genitori di Elia ormai anziani, il padre morirà, la madre malata di diabete, lui Elia verrà avvisato da un amico del padre di essere stato accusato come sovversivo e fuggirà all'estero (QUI una breve biografia).
Oggi: Elia (in persona, interpreta sé stesso) torna a Nazareth, la madre anziana e malata vive in un suo silenzio, cercherà di darle qualche conforto. Incontrerà anche vecchi amici di gioventù, prima di ripartire. Nazareth ha una sua normalità di vita, ma permangono ancora coprifuochi alla bisogna, c'è un'apparenza di tranquillità.
Non è un film sulla drammatica storia di quei territori, che ovviamente contorna ogni avvenimento, ma è un vero e proprio diario familiare, ricostruito quasi sicuramente dai racconti dei genitori e dalle lettere che la madre scriveva numerose ai parenti lontani. La trama si concentra molto su episodi che poi sono quelli che rimangono nella sezione "varie piacevoli e divertenti" della memoria, e ne è venuto fuori un film storicamente corretto, con una fotografia splendida calibrata sul periodo rappresentato, soprattutto pieno di gag estremamente divertenti ed è proprio questo l'aspetto inatteso, divertenti sia per i fatti narrati che per alcune divertenti modalità di ripresa. Un episodio ad esempio: un ragazzo che esce da una casa proprio di fronte ad un carro armato, che si mette a parlare al cellulare per organizzare un'uscita con gli amici e si muove in continuazione avanti e indietro con il cannone del carro che lo segue puntandolo in ogni minimo spostamento. Be', era divertente e metaforicamente perfetta, la vita che deve proseguire pur sotto la costante minaccia di morte. Molte altre le scene del genere, ironia e rappresentazione storica, tutte godibili, e ti ritrovi spesso a ridere. La signora col passeggino che passa in mezzo, tra i militari che sparano e i ragazzi che lanciano pietre, causando un "arimo" collettivo, è un altro momento irresistibile.
Se usciamo dall'ambito familiare e vediamo il complessivo, questo è appunto la sensazione che si prova, la necessaria condizione di chi nonostante tutto cerca di condurre un'esistenza dignitosa, non perde la voglia di sorridere, di apprezzare anche le piccole banalità quotidiane, senza dimenticare quanto avviene. A noi occidentali sobillati di immagini di arabi fanatici e violenti (indecente l'informazione che giunge da noi) può solo fare bene.
Davvero da vedere a mio parere, una piacevolissima visione.
Nonostante il mercoledì a prezzo ridotto nel cinema eravamo proprio in pochi, duole dirlo.

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