Di fermarlo a proprio piacimento all’uomo non è mai riuscito, piuttosto
si è dimostrato capace di calcolarlo, di viverlo. Illusione vaga quella
di poterlo controllare, eppure i nostri cari vecchi calendari, figli di
calcoli astronomici da far accapponare la pelle, ci consentono al più di
organizzarlo e sfruttarlo al meglio. Perché che che se ne dica, il
tempo è un bene limitato, e non bisogna sprecarlo.
Lo pensiamo oggi, non è difficile credere che lo pensassero anche ieri. E
di ieri parleremo, scivolando fra le trame del tempo, e restando
impigliati all’epoca in cui in Sardegna s’ergevano enormi architetture a
mò di torri megalitiche e tutt’intorno erano case di pietra e paglia,
cielo e mare.
Sembra ieri soprattutto perché quelle pietre si sono dimostrate più
longeve dell’uomo, eppure sono trascorsi millenni, si e no quattro per
dirla secondo il nostro modo di vedere l’andare del tempo.
Ogni oggetto di ieri che ritroviamo è una tessera che ci aiuta a
concludere il grande puzzle. In palio per chi concluderà prima il
mosaico la scoperta delle proprie origini. Fra gli oggetti più insoliti
ritrovati, belli, quasi gioielli di terracotta, quelle che oggi
chiamiamo pintadere. L’archeologia tradizionale ha sempre trattato
sbrigativamente l’argomento, quella di oggi, più innovativa delle volte,
fantasiosa delle altre ci si sofferma con un interesse rinnovato. Per
chi non avesse mai avuto modo di osservarne una nemmeno in foto diremo
che le pintadere sono cerchi di terracotta che recano incisi simboli il
più delle volte geometrici.
Per le Pintadere, che fino a ieri erano strumento, stampo per pintare,
decorare, cosa lo vedremo poi, oggi alcuni studiosi immaginano un
passato ben più glorioso. Strappata alla banalità del gesto quotidiano,
la pintadera diventa un elemento eccezionalmente preciso per calcolare
il tempo, insomma un Calendario Nuragico, o per dirla alla maniera di
Nicola de Pasquale, sa Arroda de Tempu, la ruota del tempo.
Successivamente Piero Angelo Piscedda pubblica “Sa Pintadera”ricerca che
lo porta alla conclusione che quella di Santu Antine, Torralba (SS),
forse la più famosa e conosciuta, altro non sia se non un eccellente
calendario nuragico solare e lunare.
Immaginando che il foro centrale della pintadera rappresenti la luna, il
rilievo che da forma al foro centrale la terra e l’incavo circolare il
sole, Piscedda imbastisce calcoli complicati e teorie affascinanti che
lo portano a dire che l’anno solare fosse diviso in stagioni o periodi e
che ogni periodo conoscesse una sotto divisione in qualcosa di molto
simile ai nostri mesi.
Aiuta la teorizzazione dello studioso il fatto che la Pintadera di Santu
Antine diversamente da molte altre non possiede impugnatura posteriore e
si dimostra solo leggermente umbonata. Quindi a suo parere
difficilmente sarebbe stata costruita per marchiare qual si voglia
oggetto.
Credo sia argomento fuori questione che i nuragici avessero concezione
del tempo che corre e sapessero calcolarlo, meno chiaro se lo facessero
con la pintadera. Gli esemplari rinvenuti ad oggi sono pochi, e basare
teorizzazioni tanto complesse su un singolo oggetto, comporta un certo
grado di forzatura.
Certo è che la pintadera, calendario nuragico o meno, il tempo lo
segnava per davvero. Pochi lo sanno, ma quest’oggetto tanto antico è
presente ancora oggi nelle cucine di alcune massaie, utile per decorare
il pane, indispensabile per marchiare di buoni auspici i dolci. Pochi
elementi in Sardegna segnano il tempo bene come i surrogati della semola
e della farina. La tradizione ha previsto il confezionamento di dolci e
pani per il festeggiamento della nascita, del fidanzamento, del
matrimonio, della morte e del trascorrere delle stagioni, per dirla in
poche parole per scandire il correre della vita di ciascuno di noi.
Questi pani, e questi dolci il più delle volte vengono pintati, decorati
tramite stampi, e i simboli impressi raccontano di significati lontani
di fertilità, di benevolenza e di fortuna custoditi in cerchi, spirali,
chevron ( doppie v ) e zig zag.
E’ innegabile, il tempo trascorre e lo fa senza posa, eppure l’uomo di
oggi ancora si atteggia come quello di ieri, ripreso a sua insaputa in
un bronzetto, intento a ricevere o offrire il pane, inevitabilmente
pintau, scritto di buoni auspici.
Scritto per Mediterraneaonline
Fonti:
Piero Piscedda, Sa Pintadera (2007)
Nicola de Pasquale, Unità Nuragiche (2007)
Franco Laner, Sas Pintaderas (2009)
AAVV, Pani (2005)
Claudia Zedda