Ci troviamo spesso a parlare del tempo che trascorre, e della paura di non riuscire a fare tutte le cose necessarie che caratterizzano la giornata di ciascuno di noi.
Qualcuno potrebbe ironicamente dire, che il tempo sia un compagno un po’ maleducato e traditore, poiché quando se ne va non saluta, decide e va via, passa e porta con sé tutto ciò che c’è di più bello – la giovinezza – i momenti lieti ecc. Il tempo dunque, sembra essere l’artefice di tutto, anche quando stiamo vivendo un momento spiacevole, è ancora lui il protagonista, e questa volta ci viene in aiuto “proponendoci” di dimenticare ciò che ci ha reso inquieti.
Espressioni: “Il tempo fa accettare ogni cosa”, “il tempo fa passare tutto” ecc., non sono altro che la convinzione che l’oblio sia funzione di esso.
Insomma questo tempo è un amico o un nemico?
Ognuno di noi né ha la propria concezione, lo viviamo in relazione alla costruzione che abbiamo di esso. Il tempo è sì una realtà oggettiva, ma in pratica lo si vive come una realtà soggettiva. E’ la nostra convinzione di come sia e di cosa rappresenti, che lo fa vivere come un amico o come un nemico da combattere.
Il tempo non è altro che un insieme infinito di momenti, perciò basterebbe essere capaci di vivere ogni istante che ci appartiene, e sapremmo viverci il nostro tempo in totale.
La nostra vita è formata da un insieme di momenti finiti, 70/80 anni forse, magari! 100 o chi è sano come un pesce, forse ancora di più, ma pochi di più, e allora sembra giusta una riflessione: perché non vivere questi momenti finiti positivamente?
E’ vero che di primo acchito tali momenti potrebbero sembrare tanti, ma alla fine ci si accorge che sono invece molto pochi. Levate il tempo che dormite, più o meno un terzo del totale della vostra vita, il risultato è che dopo la semplice operazione di differenza, da 70/80 anni che ne erano, ne sono rimasti solamente 49/56. Ebbene sì! Avete dormito per ben 21/24 anni… incredibile!
La realtà è proprio questa. Allora perché non godersi appieno questi finiti momenti?
Sicuramente alla domanda sul perché non si riesca a gestire tali attimi, i più risponderebbero che la giornata dovrebbe essere di 48 ore invece delle normali 24, essi dicono: “il tempo non basta mai!” Altri probabilmente risponderebbero, casi più esagerati, che il tempo diventa addirittura un persecutore implacabile, che se ne va non permettendo di fare tutte le cose necessarie.
In questa realtà, infatti, è facile udire frasi di tale tipo:
- ormai la giovinezza è passata, e pensare che volevo fare dello sport!
- Io volevo imparare l’inglese ma non ne ho avuto mai il tempo!
- Io ho sprecato tutta la mia vita… non sono riuscito a combinare nulla di quello che desideravo!
- Io volevo fare tante cose, ma non avevo mai il tempo per pensare a me stessa! Ecc., ecc.
Tali espressioni sono tipiche nel nostro linguaggio e se ne trovano a bizzeffe.
Ma da cosa nascono?
Esse sorgono proprio dalle nostre convinzioni, la credenza che il tempo lo si possa solo subire e non viverlo da protagonisti, una concezione irrazionale che porta ad essere solo degli spettatori che osservano la propria vita.
Ora facciamo una riflessione – immaginate di trovarvi in vacanza, per esempio in montagna, state percorrendo un delizioso viottolo tra gli alberi, tutto presumerebbe che possiate godervi appieno la vostra giornata da soli o, se siete in compagnia, con i vostri cari. Ad un certo punto, per esempio, cominciano a sopravvenire nella vostra mente pensieri relativi a cosa avreste dovuto fare in ufficio prima di andar via, o alle bollette da pagare al più presto onde evitare che scadano; ai problemi affrontati giorni addietro con i vostri colleghi, che creano nella vostra mente un continuo rimuginare ecc., ecc.
Aspetti passati sui quali non è possibile far nulla, o per lo meno, è certo, non in tale momento, ma che decidono il colore del vostro presente.
A ciò consegue che:
- cominciate purtroppo a non stare bene, le preoccupazioni invadono il momento presente;
- quella che poteva essere una deliziosa giornata, diventa decisamente fastidiosa ed inquieta;
- avete perso l’occasione di essere “felici”, e non dico perché avreste potuto vincere milioni di euro al Superenalotto, ma semplicemente perché avreste potuto vivere realmente il momento.
Cari lettori avreste potuto vivere – si dico proprio, semplicemente vivere!
Ora esaminando il versante opposto quello del futuro, ci accorgiamo che anche quello, di fatto, non c’è, per la semplice realtà che deve ancora arrivare.
Se il vostro pensiero è avvalso da problematiche di là da venire, per esempio: risolvere determinati problemi che caratterizzano la casa; o terminare ciò che è rimasto in sospeso del lavoro, e che vi siete proposti di fare al vostro ritorno, ecc., ecc. – vi trovereste di nuovo a non vivere il presente, per cui si verificherà quello che ho già asserito… l’impossibilità di vivere il fuggente attimo!
La conclusione appare ora ovvia e semplice, il punto è riuscire a vivere “IL QUI ED ORA”, “L’ATTIMO FUGGENTE”, “IL CARPE DIEM”
Se pensate continuamente a ciò che dovreste fare in futuro o piangete in continuazione su quello che non siete riusciti a fare in passato – NON VIVETE LA VOSTRA VITA!
Un semplice consiglio, quegli attimi che scappano e che non torneranno mai più, viveteli magari come se ciascuno fosse l’ultimo, cercando di non guastarli, a volte con pensieri inutili, come detto, o con comportamenti stupidi che hanno solo il fine di difendere, forse, il vostro orgoglio, e che poi, come spesso accade, dissipata l’ira, e sopraggiunta la razionalità, vi pentite. Viveteli al massimo uno dopo l’altro, dando a ciascuno di essi un tono allegro, positivo, creativo, e perché no magico!
Siate intelligenti e catturate quello che può rendervi non dico felici, ma almeno quel tanto liberi da consentirvi d’assaporare almeno un minimo il variopinto arcobaleno dell’esistenza!