IL TESORO PIU' GRANDE di Fabiola D'Amico ( Cap. 9 - 10 )
Creato il 10 marzo 2011 da Francy
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9
«Terra, terra!». Il grido concitato di Diego, di guardia alla coffa, svegliò poco dopo l’alba Juan e Isabella. Il capitano corse subito sul cassero e con il cannocchiale in mano guardò nella direzione segnalata da Diego. Non appena avvistò il piccolo promontorio, lanciò un grido di giubilo: «Uomini, siamo salvi!». I marinai proruppero in esclamazioni sfacciate, che fecero arrossire Isabella che giungeva sul ponte per vedere avvicinarsi sempre di più la loro salvezza. Quando avvistò l’isola, mandò al Signore delle lodi di ringraziamento a differenza della ciurma. Dovettero attendere almeno un’ora prima di giungere abbastanza vicini da scender a terra. Juan e alcuni uomini si armarono di spade e pistole e si prepararono alla visita sull’isola. «Juan, posso venire con voi?». L’idea di giungere in un isola apparentemente deserta eccitava Isabella che cominciava a credere di amare l’avventura. «Sbaglio o avevi bisogno di riposarti?». Le rispose continuando a prepararsi. «Hai ragione, ma ho anche bisogno di mangiare e bere. Nell’isola ci saranno frutta e sorgenti di acqua pura. Se vengo con te, mi metterò in forza molto prima». Doveva assolutamente convincerlo. «Ho anche voglia di fare un bagno!». Subito si affacciò alla mente di Juan la sua immagine nuda, immersa in una sorgente, con l’acqua che le scivolava lungo i capelli e tra i seni. Vide se stesso avvicinarsi e affondare il viso nel dolce solco. Poi pensò che non sarebbe stato possibile, visto che i suoi uomini lo seguivano e scacciò l’immagine. Ciò nonostante disse: «Verrai con me solo se obbedirai a qualsiasi ordine. Qualsiasi!». Isabella gli piombò addosso, dandogli un sonoro bacio sulla guancia, poi gridandogli di aspettarla scese in camera. Prese un sapone degli abiti puliti e tutto l’occorrente per un bagno poi corse a salutare Leandro, promettendogli di portagli qualche leccornia dall’isola. La spedizione era composta in tutto da otto persone, inclusa Isabella. Portavano con loro delle botti che avrebbero riempito di acqua potabile e delle ceste. La nave aveva attraccato in un piccolo golfo, dove c’era una spiaggia con sabbia fine e bianca. In realtà l’isola non era altro che un piccolo monte massiccio alto circa duecentocinquanta metri sul livello del mare, di forma circolare, come avrebbero scoperto più tardi, con tre miglia di circonferenza. Non appena la piccola imbarcazione toccò terra, i membri della spedizione si diressero verso l’interno di quella piccola isola. Subito, si resero conto che l’isola era abitata da capre e conigli, com’era facilmente intuibile dalle orme che regnavano nell’antico suolo. La voglia di cacciagione s’impossessò dei marinai: l’idea di un piatto di coniglio in umido era troppo allettante. Trovarono delle sorgenti di acqua limpida e fresca, dove riempirono le botti, portandole subito alla scialuppa. Poi s’inoltrarono nel territorio alla ricerca di conigli. Isabella, invece, si fermò a una delle sorgenti per farsi il bagno; non appena fu sola, si liberò in fretta degli abiti sudici e s’immerse con un gridolino di piacere nelle acque fresche della sorgente. Dopo aver nuotato per riscaldarsi, s’insaponò il corpo e i capelli. A poco a poco gli ultimi residui di stanchezza la abbandonarono, lasciandola solo con un grande appetito. Dopo essersi asciugata prese a spazzolarsi i capelli, ma ogni tanto si guardava intorno con la strana sensazione di essere spiata. Più volte chiamò a voce alta Juan, ma non ricevendo risposta immaginò di essersi sbagliata. Mangiò dei meravigliosi frutti che crescevano intorno alla sorgente, poi sazia si distese a guardare il cielo splendente, infine la calura del sole mattutino e il senso di tranquillità che si era impossessato di lei, dopo il bagno, la fecero addormentare. Juan si allontanò con i suoi uomini verso l’entroterra. Vicino alla spiaggia aveva visto numerose tracce di conigli e capre, ma non di uomini. L’isola sembrava deserta, ma non essendone del tutto sicuro, decise di non usare le pistole. Questo significava che non avrebbero potuto catturare un tenero capretto, poiché quando questi crescevano liberi, diventavano delle prede molto difficili. Camminavano in colonna, Juan in testa e gli altri al suo seguito. Incontrarono ben quattro sorgenti, e tutto era ammantato da una perenne vegetazione: c’erano macchie di lentischi, corbezzoli, eriche, mortelle e rosmarini. Sulla parte più alta trovarono pini, cipressi, querce, ma anche ulivo e castagno, ma soprattutto alberi da frutto. Raccolsero numerose ceste di mele, pere, pesche e fichi dolcissimi. Avvistarono anche numerosi uccelli, che catturarono con la fionda. Juan si considerava molto soddisfatto, non avrebbe potuto trovare di meglio. A un tratto, dalla fitta macchia di cespugli apparve un coniglio, che non appena li vide si dileguò in fretta. Con un rapido cenno gli uomini si misero in posizione, dirigendosi verso opposte direzioni. Juan rimase fermò ad aspettare il ritorno dell’animale. Il suo piano prevedeva di circondare il piccolo ma furbo coniglio, farlo sentire braccato e infine costringerlo a tornare indietro. Perlustrando la zona, attento a non rovinare nulla, trovò la tana dell’animale. Se le sue supposizioni erano giuste, il piccolo coniglio sentendosi in trappola sarebbe ritornato a casa, ma qui avrebbe trovato una brutta sorpresa. I suoi uomini dovevano correre più veloci del coniglio, superarlo e circondarlo. Il loro compito era mettergli paura. Juan preparò la trappola, fece un cappio proprio nell’ingresso della tana. Nascose la corda tesa tra l’erba alta e i cespugli. Non appena il coniglio impaurito fosse tornato di corsa a rifugiarsi nella tana, Juan avrebbe teso la corda e il cappio si sarebbe chiuso intorno al piccolo animale. Si distese al riparo di un cespuglio, vicino la tana del coniglio, ma non troppo. Quei piccoli animali sentivano l’odore dell’uomo molto bene. Si creò però uno squarcio tra i cespugli che lo dividevano dalla tana. Se solo potessi usare la pistola, pensò con rammarico. Non era ancora sicuro che l’isola fosse deserta e un eventuale sparo poteva attirare l’attenzione di nemici sconosciuti. Quell’isola era troppo piccola perché fosse abitata da gente onesta. Secondo le carte nautiche e la posizione della bussola, si trovavano a sud, lontani parecchie miglia dalle coste della Sardegna, quasi vicino l’Africa. Quel giorno avevano quasi perlustrato tutta la parte di levante; se si fosse spinto fino alla cima, avrebbe potuto vedere l’isola per tutta la sua circonferenza, ma si aspettava che il lato di ponente fosse costituito da pendici che scendevano a picco sul mare, quasi a voler scoraggiare i visitatori dell’isola ad avventurarsi in quel territorio. Con un sorriso Juan riconobbe che quel piccolo isolotto era un posto perfetto per nascondere un gruppo di pirati. Ne aveva conosciuti molti di quei posti, il mediterraneo ne era pieno, l’oceano se ne stava riempiendo. Nella sua vita passata, aveva trascorso molto tempo a cercare un territorio dove stabilire il luogo d’incontro con gli altri vascelli, dove nascondere la refurtiva e le proprie donne. Erano proprio in quegli isolotti che i pirati creavano delle vere colonie. Qui si nascondevano in inverno, quando pochissimi vascelli solcavano i flutti marini. Qui abitavano le donne e i figli dei pirati. Nel silenzio a Juan sembrò risentire la festosa accoglienza che le navi ricevevano quando giungevano dopo settimane di lontananza. Le imbarcazioni annunciavano il loro arrivo con delle cannonate, e mentre attraccavano nella piccola insenatura gli abitanti dell’isola, si precipitavano sulla spiaggia ad accogliere i propri uomini che ancora una volta erano usciti vittoriosi da uno scontro. Il primo giorno era dedicato alle donne; tutti gli uomini sposati correvano nelle loro capanne a festeggiare la vita con le mogli. Quelli che non avevano quella fortuna si arrangiavano a turno con le belle della piccola locanda. Ah! Che femmine. Calde, bramose e terribilmente usate; per lo più si trattava di donne che erano state costrette a fuggire dal mondo reale, per aver commesso qualche crimine, ritrovandosi a guarir le pene di ubriachi manigoldi. Come lui. Aveva approfittato di quelle donne, disprezzandole perché avevano scelto quella vita misera, perché non avevano lottato per qualcosa di meglio. Dopo i festeggiamenti per il ritorno, il capitano si riuniva in seduta e decideva la spartizione del bottino, che era diviso equamente, aveva imparato in fretta cosa volesse dire quella parola. Tre quarti al capitano e il resto alla ciurma. E con quali grida di felicità la truppa accoglieva la loro parte. Stupidi! Non sapevano né leggere né scrivere e si facevano derubare dal capitano con il sorriso tra le labbra. I famigerati pirati, che tutti temevano e aborrivano erano soltanto dei grossi uomini con muscoli e senza cervello. Naturalmente anche in quel caso c’erano le eccezioni che confermavano la regola e tra quella massa di manigoldi c’era chi, troppo furbo, per rimanere per sempre un semplice marinaio, si faceva avanti usando tutti i mezzi, persino imparando a far di conto. Li aveva sopportati per più di vent’anni: aveva mangiato alla loro tavola, riso con loro; ma in cuor suo li aveva sempre odiati. Quello che più aveva disprezzato non era la battaglia, la violenza, ma la bramosia di avere quello che non gli apparteneva, solo per il desiderio di averlo. Più volte si era chiesto che senso avesse ammucchiare ricchezze, per poi rimanere sempre confinati in un’isola sconosciuta senza poterne spendere neanche una parte. I passi concitati dei suoi uomini lo distrassero dai suoi pensieri, prese di mira la tana del coniglio, che dopo qualche istante giunse al sicuro. Lo vide alzarsi nelle due zampe anteriori, annusare l’aria, voltando la piccola testolina in attesa di captare qualche segnale di pericolo. Era un bell’animale, grigio, con un pelo morbido e pulito, e grosso. Il coniglio si tranquillizzò ed entrò nella tana. Non appena v’infilò la testa, la corda si tese e Juan tirò. L’avevano preso. Il piccolo animale si contorceva e dimenava, quasi soffocato dalla corda intorno al collo. Per non farlo soffrire di più Juan gli diede un piccolo colpo alla nuca e l’animale si addormentò per sempre. Gli uomini levarono al cielo grida di felicità. Poi cominciarono a scendere il declino. Il terreno accidentato li faceva scivolare, e in una di queste occasioni uno degli uomini perdette la pistola, che andando a sbattere contro una roccia esplose. La detonazione riecheggiò in tutta l’isola. «Accidenti, se qualcuno vive in quest’isola, avrà sentito il rumore. Dobbiamo sbrigarci andiamo a prendere Isabella e poi dritti alla barca». Si misero a correre, scivolando sul lieve declino, incuranti adesso di far rumore. Improvvisamente, il pensiero di Isabella sola e indifesa lo turbò. Lì alla sorgente, era alla mercé di chiunque....
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