Sinuoso corso del Tevere nel parco dell'Alta Valle
Il fiume Tevere non ha sempre avuto il nome che oggi conosciamo. Il toponimo antico con cui veniva indicato il Tevere, il fiume che attraversa la città di Roma, è Albula, in riferimento alle acque bionde che lo caratterizzavano. Altro antico nome è Rumon che molti studiosi vogliono collegato al nome di Roma e che contiene la radice indoeuropea sreu, che vuol dire "scorrere". Secondo altri studiosi il termine Rumon deriva dall'arcaico ruma, "mammella", con riferimento al Palatino "colle-mammella", che si ritrova anche nella leggenda di Romolo e Remo, nella ficus ruminalis o "fico dell'allattamento" dove, in epoca repubblicana, veniva venerata Rumina, la dea dei poppanti, con sole libagioni di latte.Nei Sacra, negli Auguria, negli Indigitamenta, unitamente ai toponimi precedenti, troviamo anche quelli di Serra, Tarentum, Volturnus. L'attuale toponimo deriverebbe, secondo la tradizione, dal re latino Tiberino Silvio, che vi annegò. Questi era il nono dei re albani, figlio di Capeto e padre di Agrippa. Il suo regno avrebbe avuto la durata di soli otto anni (924-916 a.C.) ed egli sarebbe affogato durante una battaglia.
Gli Etruschi, però, già chiamavano il Tevere Thybris, a detta di Virgilio che, nell'Eneide, chiama il fiume anche Lydius o Ausonium Thybrim (durante il rito funebre di Anchise celebrato da Enea). Questo toponimo deriverebbe dal gentilizio etrusco Thefri o Thepri (thefri velimnas tarxis clan, "Tiberius Velimnba, Tarqui filius).
Isola Tiberina
Il fiume è stato sempre l'anima di Roma, essenziale per l'esistenza della città che sorge sulle sue sponde. Lo si "legge" anche nel mito della nascita di Romolo e Remo e nella leggenda della fondazione, dove si narra che la cesta che conteneva i gemelli, trasportata dal Tevere, si arenò nei pressi del ficus ruminalis che si trovava non lontano.Gli insediamenti preromani guardavano il fiume dall'alto soprattutto per un problema di carattere difensivo: il Tevere, infatti, era soggetto a piene improvvise. Il punto più facilmente guadabile era nei pressi dell'Isola Tiberina, là dove poi sorgerà il Foro Boario prima e quello Romano poi, luogo di scambio tra le popolazioni etrusche, che dominavano la riva destra del Tevere (la Ripa Veientana) e i villaggi del Latium Vetus che si trovavano sulla riva sinistra (la Ripa Graeca). Secondo la leggenda, l'isola si era formata nel 510 a.C. dai covoni del grano mietuto a Campo Marzio, di proprietà di Tarquinio il Superbo, e gettati nel Tevere dopo la rivolta contro di lui. Ma l'isola è, in realtà, tufacea e molti studi riportano un'origine più antica di quella indicata dalla leggenda. Qui sorse il Tempio di Esculapio, dio della medicina, il cui culto fu introdotto a Roma nel 292 a.C., in seguito ad una pestilenza. Il tempio venne inaugurato nel 289 a.C. e sorgeva nella parte meridionale dell'isola, oggi occupata dalla chiesa di San Bartolomeo al cui interno un pozzo occuperebbe la posizione di una fonte collegata al santuario. Alcuni piccoli santuari si trovavano nel luogo ove ora sorge l'Ospedale Fatebenefratelli: due templi dedicati a Fauno e Veiove, un sacello di Iuppiter Iuralis (garante dei giuramenti, oggi chiesa di San Giovanni Calibita), un altare dedicato a Semo Sancus, dio di origine sabina.
Ponte Rotto o Sublicio
Diversi sono i ponti che attraversano il Tevere sin dall'antichità. Poco più a valle dell'Isola Tiberina venne costruito il primo di questi, il Ponte Sublicio. Venne costruito in legno e tale rimase per diversi secoli. Fu Anco Marzio (642-617 a.C.) che, secondo Tito Livio e Dionigi di Alicarnasso, ne stabilì la costruzione. Il nome del ponte ha origine in un termine di lingua volsca, sublicae, che indica le tavole di legno. Di questo ponte non resta alcuna traccia, ma si sa che era ubicato all'altezza dell'attuale via del Porto, all'estremità settentrionale del complesso del San Michele. La tradizione prescrisse l'utilizzo esclusivo di materiali lignei per la costruzione di questo ponte che era considerato sacro (per cui era tassativamente escluso che contenesse parti metalliche in ossequio ad antichi tabù religiosi). Varrone vuole, invece, che la costruzione di questo ponte con il legno fosse dovuta alla necessità di poter tagliare rapidamente il ponte in caso di attacco nemico proveniente dalla riva etrusca. Sul Ponte Sublicio si svolgevano cerimonie arcaiche come il lancio nel fiume degli Argei, 24 pupazzi di paglia che sostituivano antiche vittime sacrificali umane, durante i Lemuria. Proprio in relazione a questo primo ponte, nacque il primo sacerdozio istituzionale romano, il Pontifex, colui che "costruiva" i ponti tra gli umani e gli dèi. Era proprio il Pontifex a doversi occupare della cura e della eventuale ricostruzione del ponte, spesso danneggiato dalle piene.Louvre, statua del dio Tiberinus
Il fiume Tevere, proprio per questa concomitanza di circostanze e per la sua funzione essenziale nella vita dell'Urbe, era considerato una divinità, Pater Tiberinus. La sua festa annuale - le Tiberinalia - veniva celebrata l'8 dicembre, anniversario della fondazione del tempio dedicato al dio sull'Isola Tiberina. Ogni 17 agosto, poi, a Roma e ad Ostia, nelle zone portuali, si svolgevano le Portualia, organizzate da coloro che lavoravano sul fiume.Severa divinità delle acque, Tiberinus era anche detto Coluber, "serpente", per la tortuosità del suo percorso e Serra, "sega", per l'azione corrosiva esercitata sulle sponde. La sua potenza si manifestava attraverso rovinose piene ed inondazioni. La divinità compariva in statue e nei rovesci delle monete come una figura maschile barbata, poggiata ad un'anfora - che simboleggiava la fonte - con le tempie cinte da una corona di foglie acquatiche e parte del busto e delle gambe avvolte in un mantello. Suoi attributi sono un ramo frondoso, la cornucopia, il remo e la prua di una nave. Lo si vede efficacemente raffigurato in una colossale statua di marmo bianco, ora al Louvre, di età adrianea, rinvenuta nel 1512 tra S. Maria sopra Minerva e S. Stefano del Cacco, nell'area dove un tempo sorgeva l'Iseum Campense. Qui la statua del dio Tiberinus era esposta con la gemella che raffigurava il Nilo, ora conservata al Vaticano.