Ma ci sono almeno due ragioni per questo: la prima è che i russi non possono essere vittime del terrorismo perché così la campagna anti Isis di Mosca verrebbe pienamente e psicologicamente legittimata e questo alla Nato proprio non piace. La seconda è che un abbattimento non potrebbe che derivare da armi fornite ai terroristi dai Paesi occidentali, mettendo così a nudo il giochino del terrorismo amico – nemico a seconda delle occasioni. Anzi peggio perché se è vero che l’Isis dispone – come assicurano le intelligence israeliane e americane – solo di missili a spalla che non possono arrivare ai diecimila metri di quota alla quale volava il jet russo, allora si può sospettare che l’abbattimento derivi da un’operazione ad hoc messa in piedi dalle potenze coinvolte nella vicenda siriana.
Adesso sappiamo che c’è una rivendicazione del Daesh: ma sarebbe arrivata in ogni caso perché nel mondo parallelo del terrorismo è un atto dovuto e dunque non è certo sufficiente ad accreditare l’ ipotesi fin troppo ovvia. Ma sapete lo scarso spazio dato alla vicenda è anche dovuto all’evidente imbarazzo dei media maistream: la Stampa addirittura fa sapere, per allontanare dal lettore qualsiasi possibile relazione con l’occidente, che dagli arsenali di Gheddafi sarebbero spariti 5000 missili terra aria a lunga gittata ex sovietici. Purtroppo dopo aver sparato la notizia nel sommario perché fosse impossibile farsela sfuggire, di questa informazione si perdono quasi le tracce e il giornale fa solo un cenno al possibile ratto di S7 e S24 che sono però vetustissimi missili a spalla con una gittata inferiore ai 7 chilometri e certo meno efficaci di quelli già in possesso dall’Isis: il solerte cronista notoriamente di casa a Washington ha semplicemente fabbricato un falso in piena regola allo scopo di poter giustificare il blocco precauzionale dei voli di altre compagnie sul Sinai, allontanare qualsiasi amaro calice dall’occidente e per poter usare in modo accusatorio la parola russo pur in questo contesto.
E’ una variante ancora più imbarazzante della stessa tecnica con cui qualche settimana fa venne data la notizia delle prime risultanze dell’inchiesta sull’areo malese abbattuto nei cieli dell’Ucraina: “colpito da un missile russo” hanno strillato giornali e tv, così che la parola russo si conficcasse nella mente. Ma la cosa in sé non dice proprio nulla visto le forze di Kiev dispongono solo di missili russi. In questo caso il gioco è facile soprattutto perché Putin per primo ha tutto l’interesse a escludere la possibilità di un attentato a suon di missili, visto che questo potrebbe creare malumori nei confronti della campagna militare anti Isis e rischia di mostrare i rischi dello scontro in atto e le fragilità russe. Se proprio non si potesse sostenere la tesi del guasto, allora meglio quella dell’attentatore nell’aereo stesso che se non altro renderebbe più concreta l’indignazione nei confronti del terrorismo islamico.
Vedremo cosa uscirà fuori dalle scatole nere e dai misteri delle comunicazioni tra aereo e terra che per ora navigano tra affermazioni e smentite: di certo si è trattato di un avvertimento alla Russia e qualora la tragedia fosse davvero frutto di un incidente si troverà il modo di trasformarlo comunque in un monito trasversale.