Secondo le analisi di Greenpeace le scatolette di pesce che acquistano gli italiani non sempre indicano la giusta area del pescaggio infatti solo il 7% del prodotto indica la zona del mare dove è stato effettivamente pescato il pesce e nessuna marca riporta nella realtà il tipo di pesce che viene confezionato all’interno. La preoccupazione di Greenpeace è legata al fatto che molte specie potrebbero essere di quelle sottotutela o per lo meno di quelle in via di estinzione. Per esempio agli italiani piace il tonno a pinna gialla ma è anche vero che la pesca industriale di questo pesce danneggia tutto l’ecosistema marino.
Nello specifico sembra che Greenpeace contesti in modo particolare Rio Mare che, anche nello spot citerebbe la qualità del prodotto.Greenpeace che notoriamente non si arrende è riuscita a dimostrare che il tonno messo in scatola da Rio Mare è pescato solo per metà con metodi sostenibili ed il resto invece pare sia pescato con metodi industriali, il vero problema per l’associazione ambientalista più combattiva del pianeta solo le enormi palle galleggianti che vengono messe in mare per attrarre i tonni da pescare e che in realtà attirano squali, tartarughe o mante, non solo, utilizzando la pesca industriale ed intensiva non si possono selezionare gli animali dunque si pescheranno pesci giovani e no, impedendo la regolare riproduzione. Insomma il tonno continua ad essere in pericolo di estinzione. Intanto però c’è chi già promette di pescare il tonno con metodi tradizionali come pare abbia fatto Asdomar che si impegna ad usare la pesca a canna, e Mareblu invece vuole passare a metodi sostenibili. E gli altri produttori? Ancora tante strade e tante battute di pesca sono certamente da stabilire.
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