Coerentemente con un’annata podistica che sarà assolutamente incoerente, poche ore dopo essere rientrato a casa dopo un concerto con i BLACK ICE tenuto a Recetto, nel novarese,la plumbea mattina di domenica mi vede tra i partenti della seconda edizione del TRAIL DELLA PIOTA VAGANTE a Salussola, bucolico paesino ai confini tra canavese e biellese.Promette pioggia e mi sento indeciso sul tipo di abbigliamento da indossare. Non so se temere più il freddo o il sudore. Alla fine opto per una casacca da biker che mi lascia scoperte le braccia, soliti pantaloncini aderenti al ginocchio e soprattutto una bandana che fa molto trailer di lungo corso. L’abbigliamento scelto otterrà di farmi sudare e nello stesso tempo sentire freddo sulle braccia e gambe. Ai piedi le nuove Nike Pegasus 28 che avrò occasione di inaugurare in gara.Mi aspettano 19 km di corsa in mezzo ai boschi, con salite che spero non TROPPO salite, fango che spero non PANTANO, e tutti gli annessi e connessi di un trail. Radunati i partenti su un verde prato umido, uno degli organizzatori ci rende edotti sulle caratteristiche del tracciato. Capto brandelli di conversazione: salita delle bestemmie… agonìa…. attenzione ai rami sui sentieri… Ci mette in guardia soprattutto dal non calpestare le piote vaganti, mitologiche fate a forma di zolla d’erba che le schiacci per sbaglio si incazzano e non ti fanno più ritrovare la strada di casa.Poco dopo il via, sotto una leggera pioggerella, il trail fa subito sul serio, con una bella salita che raffredda gli ardori agonistici, qualora se ne nutrissero. Io ho intenzione di starmene tranquillo affrontando le asperità nel modo più agevole possibile. Impresa vana, perché anche camminando, cosa che farò più volte, queste esigeranno un gran tributo di energia. Perdo terreno, ma non troppo, e quello che perdo lo recupero in discesa, con solite planate a rotta di collo. La salita delle bestemmie due riesce nel compito non facile di farmi ricordare la fatica della Stralivigno e in quel momento mi chiedo se mi sarei comunque iscritto, se avessi conosciuto il tracciato. Perché ci casco sempre: realizzo quanto sia duro un trail solo mentre lo sto già correndo. Non che ne abbia percorsi tanti perchè in fondo questo è solo il terzo e probabilmente agli occhi e alle gambe dei camosci umani più esperti non sarà sembrato neppure così duro.Il percorso però è molto nervoso e sconnesso e le pietre viscide in discesa rappresentano una vera insidia.Ai 9 km, dopo i km più impegnativi della gara, mi trovo a invidiare quelli che, terminato il minigiro non competitivo, hanno finito di soffrire.Quelli dei 19 km invece, transitando nei pressi della zona partenza, s’inerpicano per uno stretto sentiero in salita. Io fra questi, e rimasto provvisoriamente solo lascio che un’atleta dell’atletica 3V di Cittiglio (Varese) mi superi in modo da modulare il mio passo sul suo; non amo essere braccato da vicino. Durante una salita su asfalto, che stranamente trovo più dura di quelle su sterrato, ci affianca e supera un atleta dell’Atl Cumiana Stilcar. Ho dei dubbi sulla mia tenuta, sento le gambe legnose. Per un attimo penso di fermarmi e tornare indietro, ma è l’effimero desiderio di un momento. In cima all’ultima salita ci aspetta nebbia. La pioggia invece ci grazia,a parte qualche timida comparsa, se ne sta buona in attesa. Dal 13 km in poi, dopo una lunga discesa che ci porta a Zimone, un benedetto tratto in piano mi permette di rifiatare e finalmente le gambe si risvegliano, tanto che prendo il largo, abbandonando i miei compagni d’avventura e avvicinandomi ad altri podisti che prima scorgevo solo in lontananza. Il ritmo adottato mi piace, ci sto bello comodo, sono finalmente padrone della mia corsa. E’ il momento in cui mi sono divertito di più.Durante un’ennesima discesa il piede destro scivola su una pietra e poggia male. La successiva assenza di dolore correndo mi dice però che la semi-storta non si rende concreto in nulla di pericoloso.A un bivio, dopo aver superato un tizio che camminava lungo il mio stesso sentiero, rimango interdetto sulla direzione da prendere: destra o sinistra? Mi giro e glielo chiedo, pensando faccia parte dell’organizzazione ma non lo è, ma comunque mi fa notare che la svolta verso destra era attraversata perpendicolarmente da un nastro bianco e rosso posto in terra.Ok, sinistra.Quest’ultima parte di gara mi vede finalmente attivo, come un pugile che finalmente reagisce ai colpi dopo essere stato messo lungamente alle corde. Peccato che siamo quasi alla fine della gara. Si ripassa dalla zona partenza e mi dico dai che è finita. Figurati. Ancora un chilometro e 500, fa un signore anziano messo a guardia di una svolta. Con mio sommo sconforto si torna a salire, seppure per un breve tratto.Altri, nervosi cambi di ritmo che però reggo meglio. In quel mentre sento un “non mollare” alle mie spalle, poi, ancora più vicino NON MOLLARE. Mi supera un tizio che riconosco perMARCO OLMO!No. Gli assomiglia soltanto.Ad ogni modo ha un buon passo e mi accodo, e come me fa una runner raggiunta poco prima.Attraversiamo un’ampia radura erbosa: che fatica correre sull’erba dopo tutti quei chilometri! E' finita,stavolta davvero, perché una ripida discesina ci fa piombare a cinquecento metri dallo striscione dell’arrivo.Naturalmente lo sprint lo vince Marco Olmo, che alla fine, sportivamente, mi offre una stretta di mano: Complimenti.
Piota Vagante
I freddi numeri: 60esimo su 113 partenti.Mi aspettavo meglio.Pazienza. Fortuna che la stagione è ancora lunga.