di Emiliano Morozzi
Truppe francesi occupano la Ruhr (wikimedia.org)
28 Giugno 1919: tra le sfarzose mura dell’antica residenza dei reali di Francia, viene firmato il Trattato di Versailles, che sancirà la fine della prima guerra mondiale ma che getterà le basi per lo scoppio di una seconda guerra che insanguinerà non solo l’Europa ma il mondo intero. La prima guerra mondiale era stata un momento traumatico per tutte le nazioni: mai nella storia dell’uomo era stata combattuta una guerra così cruenta, che aveva coinvolto così tante nazioni e ucciso milioni di persone sia tra i combattenti che tra la popolazione civile, per la prima volta vittima della guerra anche in zone lontane dal fronte.
Alla fine del conflitto, le nazioni vincitrici decisero di adottare un criterio punitivo nei confronti delle nazioni che avevano scatenato la guerra: gli Imperi dell’Europa Centrale, in particolar modo Austria e Germania. All’impero tedesco fu addossata per intero la responsabilità di avere fatto scoppiare il conflitto e insieme ad essa il pesante fardello della riparazione dei danni provocati dal medesimo alle nazioni aggredite, una cifra talmente spropositata che la Germania ha saldato il proprio debito quasi cento anni dopo, nei primi anni del ventunesimo secolo. Il popolo tedesco visse le imposizioni del Trattato di Versailles come una vera e propria umiliazione e su questo malcontento fece leva Hitler per condurre le folle ad appoggiare il proprio progetto visionario di rinascita del Reich.
Ma passiamo ai fatti: nella conferenza di Parigi, le quattro nazioni vincitrici del conflitto (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Italia) a partire dal Gennaio 1919, decisero il nuovo assetto dell’Europa. Desiderio di tutti era stabilire una pace duratura, ma le misure adottate, come disse profeticamente il primo ministro britannico Lloyd George, avrebbero garantito soltanto la pace per trent’anni. Sul piatto c’era il destino della Germania: la Francia, che era stata aggredita e che aveva visto le armate tedesche devastare il proprio suolo, voleva ridurre l’odiato vicino ad una specie di stato satellite, occupandone le zone industriali, riducendo l’esercito a dimensioni più che simboliche (100.000 uomini, senza marina né aviazione) e imponendo sanzioni che avrebbero impedito all’economia tedesca di risorgere. I britannici e gli statunitensi invece temevano che sanzioni troppo dure avrebbero potuto rianimare il nazionalismo prussiano (come difatti avvenne con Hitler) e minare la vita della fragile Repubblica di Weimar. Gli inglesi vedevano di buon occhio una Germania dall’economia solida e dall’esercito cospicuo come contraltare a una Francia che altrimenti avrebbe potuto spadroneggiare nel continente. Gli Stati Uniti erano sì interessati ad una pace durevole in Europa, ma erano soprattutto interessati a sostenere il principio dell’autodeterminazione dei popoli per le nazioni che fino alla prima guerra mondiale erano state sotto il giogo del colonialismo europeo, per poter eventualmente attirare i nuovi stati nell’orbita di Washington.
Queste tre correnti di pensiero trovarono una sintesi nel Trattato di Versailles, che accolse le posizioni dure e intransigenti della Francia: la Germania cedette alla Francia i territori strappati all’odiato nemico durante la guerra franco-prussiana (le contese regioni dell’Alsazia e della Lorena), si assunse la responsabilità di avere fatto scoppiare la guerra e per questo fu sottoposta a pesantissime riparazioni economiche, il suo esercito fu di fatto smantellato e le regioni industriali cuore dell’economia tedesca furono smilitarizzate e sottoposte alla spada di Damocle dell’occupazione militare nemica se la nazione sconfitta non avesse pagato i debiti. Secondo la visione del governo francese di allora, l’unico modo per impedire al militarismo tedesco di minacciare di nuovo la pace in Europa era quello di ridurre la Germania all’impotenza, ma paradossalmente fu proprio questo atteggiamento intransigente a favorire il risorgere tra i tedeschi di un forte sentimento nazionalista, poi confluito nel nazismo: il Trattato di Versailles fu vissuto come una vessazione delle potenze vincitrici e a gettare benzina sul fuoco furono gli stessi francesi quando, in risposta al mancato pagamento di alcuni debiti di guerra, occuparono militarmente la zona della Ruhr per due anni, provocando un malcontento diffuso nella popolazione tedesca che arrivò persino ad atti di aperta ribellione e sabotaggi nei confronti degli occupanti. Un terreno fertile che Hitler fu in grado di coltivare, e che le potenze alleate non riuscirono a combattere per tempo: una volta insediato al potere, il dittatore tedesco si fece beffe del Trattato di Versailles e le nazioni che avevano vinto la prima guerra mondiale assistettero impotenti al riarmo dell’esercito tedesco. Partito con l’intenzione di ristabilire la pace in Europa, il Trattato di Versailles fu una delle cause che favorirono l’ascesa di Hitler in Germania. Vent’anni dopo, il desiderio di una pace duratura, fu sbriciolato dalle bombe degli Stukas che bombardavano senza sosta le truppe e le città della Polonia.
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