L’architetto Renzo Piano spiega alle telecamere di Nat Geo su Sky, il ruolo fondamentale dell’architettura nel realizzare moderne strutture ecosostenibili.
Il tratto più intrigante dei grandi personaggi è la loro capacità di sorprendere. Renzo Piano, ad esempio, architetto di fama internazionale che ha firmato decine di edifici entrati di diritto nella storia dell’architettura, non si considera affatto un maestro, nemmeno dopo i numerosi riconoscimenti attribuitigli. “Nella mia vita ho avuto modelli straordinari, ma ho capito fin da ragazzo, quando ero ribelle, che dei maestri si ha rispetto, ma che poi bisogna liberarsene. Ogni anno apro le porte del mio ufficio a 15 ragazzi di tutto il mondo: lì, fra progetti complessi e gente di tutte le nazionalità, nello stare a bottega si esercita la maestria. In questo gruppo accade che io esprima di tanto in tanto le mie convinzioni, ma non vuole essere la lezione del professore… L’architetto è un’altra cosa, ma se per maestria si intende la parte invisibile del nostro mestiere – la curiosità sociale, la passione umanistica, lo sforzo di ascoltare e conoscere la gente –, allora sono un architetto. Senza questa dimensione invisibile, il nostro lavoro si riduce ad accademia, forma vuota”.
Ecco che Piano ci sorprende, parlando dell’invisibile da cui nascono i suoi edifici. Eppure, l’architetto ha a che fare con questioni molto concrete. Oggi, non può ignorare il cambiamento climatico, la rivoluzione energetica, l’allarme per la cementificazione… “Il secolo si è aperto su una nuova consapevolezza, la fragilità della terra, che però non va vista come una specie di castigo per l’architettura, bensì come una sorgente di ispirazione. Tutte le grandi innovazioni sono scaturite da fenomeni sociali vasti e profondi, non da elementi stilistici. Oggi gli edifici devono palpitare del respiro della terra, perciò bisogna fare attenzione al luogo in cui si collocano, capire da dove arriva il materiale, immaginare che cosa accadrà fra 100 anni quando verrà riciclato, valutare il consumo energetico… Personalmente, sono attirato dall’energia eolica, solare e geotermica, di cui il nostro Paese è ricco, mentre non mi interessa quella nucleare. Ecco, combinare tutti questi elementi non è una sofferenza, ma una fonte di ispirazione che induce a inventare nuovi linguaggi”.
Dunque come tutti i geni, anche questo “umile costruttore” si carica di una miscela di ansia e di attesa per dar vita a nuove progettualità frutto “dell’arte del provare” e della connessione di vari aspetti, ma sempre privilegiando l’uomo e l’ambiente in cui vive. Renzo Piano con il materiale gioca e ama la luce, “la luce è uno dei materiali più importanti, non tiene assieme l’edificio, ma gli da un’aura, Londra è una città grigia, ma con tanta voglia di di colore, New York è caratteriale e dopo la pioggia diventa,blu!”
Un progetto mette assieme apparentemente cose disarmoniche, ci spiega, “bisogna essere costruttori e sognatori”, e forse è proprio per questa grande spinta emotiva e motivazionale che oggi i suoi studi si indirizzano sempre più, alla natura e a un modo diverso di costruire, un divenire continuo che non è solo necessita etica e morale, ma anche desiderio di esplorare. Un altro modo di fare architettura che dialoga con l’ambiente: ” Quando assumiamo l’incarico, cerco di attenermi in maniera ferrea a una regola: non toccare la matita se prima non sono andato avanti e indietro sul posto con le mani in tasca, cercando di capire, ascoltare, cogliere l’essenza, in silenzio. I luoghi, come le persone, parlano, basta saperli ascoltare. Ogni progetto è un’avventura, un terremoto: non bisogna affrettarsi, ma accettare l’attesa, l’ansia, la sofferenza; saper guardare nel buio, con coraggio, altrimenti ci si rifugia fra le braccia rassicuranti di mamma memoria, ripetendo quello che si è già fatto.
È impossibile ricordare tutti i capolavori creati da Piano, seminati nel mondo come “pezzi”, che vogliono integrarsi “naturalmente” nel tessuto culturale, sociale d’origine, sicuramente ognuno di essi reca la firma di un architetto avventuroso, che trae ispirazione da ciò che incontra, rimanendo contaminato e arricchito dalla realtà. Una visione dell’architettura, alla quale si perviene dopo anni di domande e tentativi concreti. Un architetto che ci ha mostrato, umilmente, che l’atto creativo è una sfida dell’ingegno. Così, l’antica arte di produrre ripari si slancia oltre l’aspetto dell’utilità, nel tentativo di rappresentare e alludere a qualcosa di più, facendo della necessità un mezzo di espressione e celebrazione.
“È facile creare forme nuove, ma è difficile, fare forme nuove che abbiano un senso”.