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Il Triangolo d'Oro (Mae Sai, Sop Ruak e l'isola di Don Sao, Chiang Saen)

Creato il 30 marzo 2015 da Alessio Sebastianelli @bastianatte

Per chi si sente sicuro nel guidare su due ruote, il mezzo di gran lunga migliore per l'esplorazione del Triangolo d'Oro è però lo scooter: visto che la distanza da percorrere per poter visitare tutte le destinazioni che avevo in mente era tutt'altro che indifferente (tra i 150 e i 200 km), in fase di progetto non ero molto sicuro di poterla coprire in motorino, ma dopo uno scambio di messaggi con la blogger Silvia, che aveva appunto esplorato quelle zone in scooter, mi sono convinto che la cosa era fattibile, ed è stata la scelta migliore che potessi fare.
La strada è larga e buona per tutto il tragitto; devo precisare però che se non siete abituati e abbastanza esperti a condurre un due ruote forse è meglio che usufruiate dei mezzi pubblici o di un tour organizzato. Inoltre, visti i molti chilometri da percorrere, conviene affittare uno scooter dalla cilindrata di almeno 150 o 200 centimetri cubi.

Problemi di orientamento non ce ne sono assolutamente; per raggiungere la prima tappa infatti, dal centro di basta immettersi nella larga superstrada Rte110 proveniente da , che passa a est del centro, e puntare verso nord senza dover più svoltare fino a destinazione. La strada dapprima scavalca il fiume Oltre alle foto di rito davanti al ponte e ai cartelli che indicano l'estremità settentrionale della Thailandia, a Mae Sai si può fare una piacevole passeggiata attraverso il grande mercato, in cui si vendono prevalentemente souvenir e vestiti, che si trova nella parte occidentale della cittadina e salire fino al
Il centro abitato più settentrionale della Thailandia è di aspetto totalmente moderno, e di per sé non offre grandi attrazioni, tuttavia esercita un notevole fascino perché si trova proprio sul confine con il Myanmar: la superstrada infatti taglia a metà l'abitato per finire nella barriera che ospita le postazioni della frontiera. La linea di confine in questo tratto è in effetti segnata del piccolo fiume da cui la città prende il nome, e le barriere dei due stati sono unite tra loro da un piccolo ponte, lungo un centinaio di metri al massimo, detto "Ponte dell'Amicizia". Mae Kok su un grande ponte, per poi attraversare la periferia settentrionale della città, costeggiare la zona del piccolo aeroporto internazionale e proseguire in un'alternanza di tratti di aperta campagna, spesso accompagnati dalla visione di basse montagne boscose soprattutto sul lato occidentale, spezzati dai percorsi urbani di svariate cittadine più o meno grandi ma dall'interesse piuttosto limitato. Dopo poco più di 50 km si arriva quindi nella città di Mae Sai.
E' possibile attraversare il ponte e lasciare il proprio passaporto, che non vi verrà timbrato (ma pagando una piccola tassa vi viene rilasciato un permesso temporaneo), negli uffici del Myanmar e passare qualche ora, fino alla chiusura serale della frontiera, nella cittadina birmana di Tachilek. Purtroppo con sommo dispiacere e rimpianto, una volta di fronte al posto di controllo, mi sono ricordato che il mio passaporto l'avevo dovuto lasciare a chi mi aveva affittato lo scooter (non so se sia possibile mettersi d'accordo e lasciargli un altro documento o una copia, ma se volete passare la frontiera tenete conto di ciò) e quindi non ho potuto sconfinare, e a poco è servito sapere che in realtà a Tachilek non c'è molto da fare e da vedere e la città ha praticamente lo stesso aspetto della stessa Mae Sai.
Wat Phra That Doi Wao, un tempio in cima ad una piccola collina (il tempio più a nord della Thailandia in effetti) da cui si aprono delle belle vedute panoramiche su entrambe le cittadine, sulla valle del fiume Mae Sai e su un'ampia superficie, caratterizzata da basse e aspre montagne, di territorio del Myanmar.

Proprio alle porte di Mae Sai, circa 3 km a sud della frontiera, dalla superstrada si dipana un'altra strada statale bella larga e comoda, la Rte1290, che si inoltra in mezzo alla campagna correndo parallela (ma a qualche chilometro di distanza) al fiume I bellissimi paesaggi agresti portano fino al punto più famoso e turistico della regione: dove il fiume Nonostante la massa di persone che scendono dagli autobus dei tour organizzati, e l'aspetto tutt'altro che caratteristico della località, Sop Ruak è comunque un posto interessante. Nel migliore punto di osservazione sul fiume sorge il L'attrazione maggiore di Sop Ruak è però rappresentata dalle gite in Sull'isola è possibile sbarcare anche senza passaporto, pagando una piccola sovrattassa (oltre al biglietto di ingresso) per ottenere un permesso temporaneo, permettendomi così di partecipare alla crociera e di evitare altri rimpianti. Don Sao è una zona economica speciale ed è quindi costituita solo da grandi baracche che ospitano negozi di souvenir, vestiti, borse, scarpe, alcolici (in particolare vi viene fatto assaggiare il whisky locale in cui vengono fatti macerare serpenti, lucertoloni e altri rettili per aromatizzarlo...quello con il cobra e con il geco comunque sapeva di alcol e basta) e qualche bar e ristorante. E' comunque piacevole passeggiare nel bosco in cui le baracche sono immerse, curiosando tra le varie merci sorseggiando una birra Nam Ruak, che continua a segnare il confine tra Thailandia e Myanmar (durante il tragitto si incontrano anche le indicazioni per raggiungere il Secondo Ponte dell'Amicizia, un altro posto di confine meno famoso e meno trafficato).
Ruak si immette nel maestoso Mekong si incrociano i confini di Thailandia, Myanmar e Laos, formando quello che viene comunemente definito il Triangolo d'Oro. Sulla sponda thailandese del Phra Chiang Saen Si Phaendin, un santuario con una gigantesca statua di Buddha tutta dorata e una balconata adatta per le foto di rito sull'incrocio delle tre frontiere; mentre poco all'interno sorgono uno accanto all'altro il Wat Pu Khao, un tempio con vista panoramica sul fiume, e la House of Opium, un piccolo ma interessante museo sulla coltivazione dell'oppio che espone documenti e fotografie, utensili e attrezzi per la coltura dei papaveri e il consumo della droga da essi ricavata. long tail boat sul fiume. Proprio di fronte al parcheggio dei bus ci sono i moli, e varie agenzie che organizzano le escursioni; quella più classica punta prima verso nord arrivando a pochi metri dalla costa birmana e a osservare un nuovo casinò che sorge in riva al fiume, per poi ridirigersi a sud e andare sulla costa opposta del Mekong, dove si sbarca sull'isola fluviale di Don Sao, appartenente al Laos. Lao, assaggiando qualche piatto locale e facendosi le foto con i cartelli che indicano che ci si trova in Laos e con le cassette delle lettere in cui è possibile spedire le cartoline in modo che all'arrivo rechino il timbro laotiano. Mekong sorge la cittadina di Sop Ruak, che da centro della zona di produzione dell'oppio si è ora trasformata in una frequentatissima località puramente turistica, intorno alla quale sono sorti dei resort super lussuosi (e anche super costosi).

Riprendendo lo scooter e percorrendo poco meno di 10 km seguendo il corso del Chiang Saen inoltre ha una storia importante essendo stata capitale di un antico regno di cui conserva ancora molteplici testimonianze. Sparsi un po' ovunque in città si vedono resti di templi antichi e Mekong si arriva alla cittadina principale di questa zona: Chiang Saen, che a differenza di Sop Ruak mantiene un aspetto ancora parecchio autentico e la vita vi scorre in maniera molto rilassata.
La città è il punto di approdo per le chiatte mercantili che sfruttano il grande fiume per gli scambi commerciali con la Cina, e da qui partono inoltre i traghetti passeggeri che portano fino nella provincia cinese dello Yunnan (mentre non è presente un posto di frontiera per andare in Laos, sulla riva opposta del fiume). Tuttavia la zona più industriale si trova nella parte meridionale del centro abitato, mentre quella settentrionale è caratterizzata da un bella passeggiata lungofiume su cui una fila di chioschi-ristorante, frequentati anche dai locali, permette di rifocillarsi piacevolmente.
chedi nei vari stili della Thailandia del nord. In particolare lungo Th. Phahonyothin, la strada che corre perpendicolare al fiume (e che porta lungo la via del ritorno) vi sono parecchi resti di un parco archeologico ( Wat Chedi Luang, Wat Mahathat e Wat Pa Sak sono i templi più importanti) e un museo nazionale; in fondo alla strada, prima di uscire dal centro abitato, si trovano anche i resti dell'antica cinta muraria cittadina e della principale porta di accesso.
A questo punto prendendo la Rte1016 e percorrendo una trentina di chilometri sempre in mezzo alla campagna, si ritorna sulla superstrada Rte110 a circa metà strada tra Mae Sai e Chiang Rai, e in breve si può far ritorno alla base, magari godendosi i paesaggi con la luce del primo tramonto.

Tuttavia nei dintorni di Il villaggio Subito a nord dell'incrocio della Rte1016 con la Rte110, ma sull'altro versante, la Rte1130 vi porterà nel villaggio di
Questo itinerario è ampiamente fattibile in una giornata e, a meno che non patiate particolarmente il fatto di guidare su due ruote e di prendere vento per varie ore (anche se le temperature sono più che accettabili consiglio di avere comunque qualcosa a maniche lunghe per coprirsi perché sia di prima mattina che al tramonto, dopo aver preso tanta aria, ne sentirete il bisogno), neanche troppo faticoso.
Chiang Rai ci sono anche altri siti interessanti facilmente raggiungibili in scooter che per mancanza di tempo, o in un caso di voglia, non ho potuto visitare.
Karen delle donne giraffa si trova solo 5 km circa a nord dell'aeroporto, ma l'ho volutamente evitato; un paio di chilometri più a sud, ma sull'altro versante della superstrada c'è invece il Baan Dam, conosciuto comunemente come Black Temple o Black House e che è in realtà un museo con vari padiglioni, che mi interessava parecchio ma di cui non sono riuscito ad individuare la strada per arrivarci (vero che andavo di fretta, però indicazioni sulla superstrada non ne ho viste, comunque, dopo una breve ricerca in rete, si trova vicino al Chiang Rai Medical Sciences Center, di cui imi sembra di ricordare le indicazioni, circa un chilometro dopo il campus della Mae Salong, abitato da popolazioni di etnia cinese (è stata fondata da profughi del Kuomintang dopo la rivoluzione) e circondato da montagne e piantagioni di tè che lo fanno assomigliare ai paesaggi dello Yunnan, ma che richiede almeno una giornata tutta per sé per esplorarlo per bene, cosa che io non avevo. Rajabhat University, della quale sono sicuro di ricordare le indicazioni).


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