Il trono di spade di George R.R. Martin. Capitolo 24: Bran

Creato il 14 luglio 2012 da Martinaframmartino

Altro capitolo straordinario questo di Bran, ma quando mai George R.R. Martin mi delude? A parte quando è in ritardo nella consegna di un libro, intendo.

Si inizia con calma, con un bambino spezzato e la nonna di tutti i Sette Regni che fa quello che sa fare meglio, raccontare storie. Di mezzo notiamo che nella genealogia degli Stark il nome Brandon compare un po’ troppo spesso, si finisce col fare confusione, specie se si è centenari o non si ha sotto mano un buon albero genealogico. Incidentalmente ricordiamo le rivolte recenti, che un buon ripasso di storia fa sempre bene, e arriviamo a una frase simbolo della saga.

In uno dei video promozionali della prima stagione di Game of Thrones sentivamo la voce di Margaret John, interprete della Vecchia Nan, chiedere al suo giovane ascoltatore cosa ne sapesse lui della paura. Parole da brividi:

Che cosa ne sai tu della paura? La paura viene con l’inverno, mio piccolo lord, quando la neve cade e si ammucchia fino a cento piedi di altezza, quando i venti gelidi ululano dal Nord. La paura appartiene alla Lunga Notte, quando il sole nasconde il proprio viso per anni e anni. La Lunga Notte nella quale i bambini nascono e vivono e muoiono in tenebre senza fine, e i meta-lupi diventano simili a scheletri per la fame, e ombre bianche camminano nelle foreste (pag. 269).

È solo una leggenda, ma noi abbiamo già visto gli Estranei in azione nel prologo, e tutti i personaggi danno per scontato che le stagioni possano durare anche molti anni, quindi quanto c’è di vero in quel che sta raccontando la Vecchia Nan? Una notte che dura un’intera generazione, mamma mia. Andali, Figli della foresta, Hobbit… no, questi no, anche se le colline percorse da gallerie fanno pensare alla tipica dimora hobbit. Suppongo sia un deliberato omaggio di Martin a J.R.R. Tolkien, comunque teniamo a mente tutti questi popoli che hanno abitato il continente di Westeros perché la cosa ci tornerà utile più avanti.

Abbiamo un grande eroe con spada, cavallo, cane e una dozzina di compagni, e il personaggio meriterebbe di essere indagato meglio, ma Martin ci pianta in asso interrompendo la storia sul più bello. Altri scrittori sarebbero andati avanti a raccontare tutto nei minimi dettagli, lui no, fa arrivare un’altra persona e buonanotte a tutto il discorso. E quando lo riprende l’atmosfera è cambiata, e non vengono detti molti dettagli essenziali.

Hodor!

Tyrion è arrivato, e se a noi sta simpatico ricordiamoci che l’ultima volta che Robb ha sentito parlare di un Lannister in nostra presenza è stato subito dopo il mancato assassinio di Bran, quando Catelyn gli ha fatto capire che Jaime e Cersei potrebbero sapere qualcosa della famosa caduta. Robb a tratti fa tenerezza, cerca di vestire i panni del lord, come abbiamo visto fare a Ned nel primo capitolo, ma è ancora un ragazzo inesperto e non sa bene come comportarsi. Ha solo quattordici anni, è in piena adolescenza, anche se nel Medioevo questo concetto era sconosciuto, ed è terribilmente fragile.

Nel bel mezzo della scena arriva un’altra altierata. C’erano stati altri cambiamenti minori, aggiunte di cognomi non necessari, cambi di articoli da indeterminativi a determinativi, l’inversione di due frasi che cambiava il tono della scena, ma qui c’è un simpatico cambio di frase dalla difficile comprensione. Cioè, non capisco perché cambiare la frase, ma tant’è. Dopo che maestro Luwin ha guardato il disegno della sella Tyrion spiega “non sto quel che si dice comodo sulla mia, di sella” (pag. 273). Il che avrebbe anche senso, ma se è stato in grado di disegnare una sella per Bran perché non ha fatto lo stesso per sé in modo da stare più comodo? Forse l’ha fatto, visto che spiegando come mai gli sia venuto in mente quel progetto nota che “It is not terribly unluke my own saddles”, non è molto diversa dalla mia stessa sella.

Non esattamente la stessa frase, e la versione italiana ci porta a chiederci perché, se non sta comodo sulla sua sella, non abbia mai pensato a fare per sé ciò che ha appena fatto per Bran. Comunque il nostro amico che a Jon aveva detto che a suo fratello avrebbe potuto dare solo parole ha fatto più di quel che ci potevamo aspettare.

Tyrion dichiara di avere un debole per “storpi, bastardi e cose spezzate” (pag. 273), Cripples, Bastards, and Broken Things, titolo del quarto episodio della serie televisiva. Lo stile di Martin è molto cinematografico, anche perché lui ha lavorato per la televisione per dieci anni prima di iniziare a scrivere le Cronache del ghiaccio e del fuoco, perciò molti suoi dialoghi sono stati riportati così come lui li ha scritti, ma fa comunque effetto ritrovarli in entrambe le forme.

I meta-lupi se la prendono con Tyrion, Estate per primo. Ricordiamoci che Estate, all’epoca ancora privo di nome, si era messo a ringhiare nel momento in cui Bran aveva iniziato la scalata alla Torre spezzata. Aveva percepito il pericolo, in qualche oscuro modo. Aveva capito anche che lassù c’erano due Lannister e che qui ce n’è un terzo?

Notare che il primo a richiamare il suo cuccioletto è Bran, Robb arriva secondo. Ha ancora molto da imparare il figlio del lord di Grande Inverno.

Finito l’incontro Bran sogna la scalata. Notare che i doccioni, che generalmente raffigurano figure mostruose, a lui fanno venire in mente i leoni, simbolo di casa Lannister. Il suo inconscio sta cercando di parlargli, ma lui ha troppa paura per starlo ad ascoltare. Forse è un bene, Bran ha cose più importanti da fare che vendicare le sue gambe, anche se è un peccato vederlo così.

Robb rifiuta di accettare il fatto che suo zio sia morto, come se la sua volontà possa tenerlo in vita. Come detto, è ancora un ragazzo, ma si cresce in fretta nei Sette Regni.

Yoren dice che a Nord della Barriera non sempre si riesce a distinguere ciò che è vivo da ciò che è morto. Una battuta, visto che Will si sorprende quando Waymar Royce torna in vita. In teoria vivi e morti dovrebbero essere ben distinguibili, ma noi sappiamo che non sempre è così. E quando tutti se ne vanno via e cala il buio un adolescente piange stringendo la mano del fratello.

Sotto la foto spoiler da Il regno dei lupi.

Fa effetto sentire Gilly dire che Craster da i bambini agli dei bianchi, e sentirla parlare del freddo che arriva sempre più spesso, ma le leggende ce l’avevano detto che i servi morti (suppongo tipo Waymar Royce) venivano nutriti con la carne dei figli degli uomini. Fa effetto anche vedere che nel Regno dei lupi il nome Gilly è stato tradotto come Giglio e in seguito è rimasto immutato ma, come scriveva Michael Ende, questa è un’altra storia.

Sotto la foto spoiler da I fiumi della guerra.

Molte frasi possono essere state scritte solo per fare colore, per dare l’atmosfera del momento o per caratterizzare meglio un personaggio, ma che effetto fanno a rileggerle con il senno di poi? A pagina 268 Rickon piange e si chiede se Robb tornerà mai, e noi conosciamo la risposta a questa domanda.

Sotto la foto spoiler da I fuochi di Valyria.

Quanto c’è di reale e quanto di proiettato dai desideri nei rapporti fra gli Stark e i meta-lupi? Bran nota che nulla sfugge agli occhi gialli di Estate, come nel primo capitolo quello vigile era Spettro. Bran è oltre la Barriera ormai, con i Figli della foresta. È vigile, e sospetto che farà qualcosa di fondamentale nel determinare il destino del mondo, anche se probabilmente gli altri non lo sapranno mai. Ma se Bran inizierà a vigilare solo più avanti, Estate lo fa fin dal Trono di spade.

A distanza di tanto tempo non siamo ancora sicuri su cosa sia accaduto a Benjen Stark. È lui Manifredde? Se sì, come ha fatto a diventare quella figura che ha salvato Sam e viaggiato con Bran? Si tratta del sangue dei Primi Uomini che scorre nelle vene degli Stark? Se non è lui, che fine ha fatto Benjen, e chi è Manifredde? Per una domanda a cui fornisce risposta lo zio fa nascere altre cinque o sei domande. Riuscirà a rispondere a un numero sufficiente di loro?

Tutti sono convinti che i Figli della foresta siano estinti, noi ora sappiamo che non è vero, e che i volti scolpiti negli alberi hanno una reale importanza. E sospetto che prossimamente scopriremo altre cose interessanti.

Sotto la foto spoiler da La danza dei draghi ( A Dance with Dragons parte 3).

L’ho scritto nella mia recensione, anche se non avrei dovuto, ma non credo che i lettori mi abbiano capita. L’ho fatto apposta, a volte mi diverto a giocare. Se gli scrittori possono dirci le cose e noi non ce ne accorgiamo, perché non posso dire qualcosa anch’io facendo finta di dire altro? L’inverno è arrivato, l’epilogo lo dice chiaramente. Per cinque romanzi siamo stati tormentati dal motto degli Stark, L’inverno sta arrivando, e in tutto questo tempo abbiamo visto l’estate lasciare il posto all’autunno. Solo che ce ne siamo dimenticati, presi fra ammazzamenti vari, incesti, valar morghulis, dracaris e chi più ne ha più ne metta. L’inverno è arrivato, e il prossimo romanzo infatti si chiamerà The Winds of Winter, I venti dell’inverno. Il titolo è noto da anni, al punto che abbiamo smesso di stare a pensare cosa significhi, ma le cose non si mettono bene per Jon e tutti coloro che si trovano alla Barriera. Sì, ho scritto Jon, anche se non so nulla di più rispetto a quanto sanno tutti coloro che hanno letto A Dance with Dragons, e non saprò nulla per un bel pezzo. C’è da scommettere che su questo punto Martin non aprirà bocca nemmeno sotto tortura, quindi dobbiamo aspettare che la verità ce la sveli la sua penna. Però, anche se non ho idea di chi sopravviverà all’armageddon finale, tutta la vicenda relativa a Rhaegar e Lyanna non avrebbe senso se con Jon fosse finita così, il che significa che non può finire così come sembra al primo sguardo. Comunque, rileggendo la leggenda di pagina 269 c’è parecchio su cui meditare.



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