Il trono di spade di George R.R. Martin. Capitolo 8: Bran

Creato il 26 gennaio 2012 da Martinaframmartino

Lontano, in qualche punto remoto, un lupo ululava. Nel cielo sopra la torre spezzata, i corvi volavano in cerchio, aspettando chicchi di grano.”

Un’immagine forte, che chiude un capitolo che ha spezzato il cuore di molti lettori. Io avevo già letto altri romanzi in cui uno o più protagonisti morivano, o subivano ferite gravissime e permanenti, ma ciò non toglie che l’impatto di queste pagine sia stato fortissimo. Sopravviverà alla caduta Bran, oppure no? Martin non lo dice subito, ci tiene con il fiato sospeso mentre ci racconta altre vicende e va avanti a costruire i suoi intrighi.
Prima era stato solo questo, intrighi, ma nulla di particolarmente drammatico. I Guardiani della notte erano ormai svaniti, relegati nel prologo, e anche se sappiamo che gli Estranei sono un pericolo immane, che va al di là di ogni umana fazione, visto che nessuno ne è a conoscenza non c’è un reale senso di paura. Possiamo dimenticarcene, come possiamo relegare al passato tutti gli accenni fatti fin qui relativi alle rivolte Baratheon e Greyjoy. Sono avvenimenti del passato, quindi che importanza potranno mai avere nel futuro? Moltissima, perché il passato non svanisce mai del tutto e lascia nei cuori degli uomini radici profonde che guidano il loro cammino. Ma questa è una cosa che vedremo più avanti. Per ora abbiamo una frase scarna, essenziale.
Un bambino precipita, e tutto ciò che rimane sono un lupo che ulula, una torre spezzata e alcuni corvi che aspettano il grano. Una frase affilata, capace in poche parole di descrivere un mondo. Si è spezzato tutto, per Bran e la sua famiglia, e quel che rimane è nulla in confronto a quel che si è perduto.

Io ho amato il romanzo fin dalle prime righe, ma questo capitolo mi ha definitivamente catturata. E non ha catturato solo me, da quel che mi hanno detto altri lettori, o da quel che ha scritto Leigh Butler sul blog della Tor. Questa scena è anche l’ultima dell’episodio pilota della prima stagione di Il gioco del trono, la serie televisiva tratta dalle Cronache del ghiaccio e del fuoco. In dieci puntate – e l’episodio pilota è poi diventato la prima puntata – vengono narrati gli avvenimenti tratti dal primo romanzo, A Game of Thrones. Quelli del secondo romanzo, A Clash of Kings, saranno oggetto della seconda stagione, che verrà trasmessa sugli schermi di HBO a partire dal prossimo 1 aprile. In Italia, qualche tempo dopo, potremo leggere I fuochi di Valyria, seconda parte del romanzo A Dance with Dragons. E già che sto parlando di pubblicazioni, sempre in quel periodo, fra aprile e maggio, potrebbe arrivare in libreria un volume che ricostruisce A Clash of Kings così come Martin l’ha scritto (altierate a parte, ovviamente), cioè che riunisce Il regno dei lupi e La regina dei draghi. Quanto a un seguito di Le cronache del ghiaccio e del fuoco volume 1, il mastodontico volume di oltre 1600 pagine che racchiude i primi due romanzi (corrispondenti ai primi quattro volumi italiani), sospetto – ma è solo un mio sospetto, non una certezza – che non ne vedremo il seguito.
Fra le varie cavolate fatte in Italia c’è stata quella di trasmettere due episodi della serie televisiva l’uno di seguito all’altro. La scena finale dell’episodio è di forte impatto, e lasciare gli spettatori a speculare per una settimana sulle conseguenze del gesto di Jaime significa aumentare la curiosità verso la serie, e magari conquistare più spettatori. Il secondo episodio non ha un finale altrettanto forte, soprattutto se si considera che comprimendo la vicenda gli episodi sfumano maggiormente l’uno nell’altro e diventano meno significativi. Ma tutte queste sono chiacchiere che nulla hanno a che vedere con il romanzo.

Il re va a caccia, mentre Bran rimane a Grande Inverno. Pensa agli antichi cavalieri, e incappa in un’altierata. Sergio Altieri ci parla dei “gemelli ser Erryk e ser Arryk, morti uno sulla lama dell’altra centinaia di anni prima, quando il fratello aveva combattuto la sorella in una guerra che i trovatori chiamavano La danza dei draghi”. I lettori italiani stanno aspettando tutt’altra danza, visto che un volume dal probabile titolo La danza dei draghi, terza parte di A Dance with Dragons, uscirà nel prossimo mese di ottobre e porterà ancora un po’ avanti le vicende ambientate nei Sette Regni, mentre questa danza si è svolta in passato, al tempo di Aegon II Targaryen. Fra le altre cose che ha fatto perdere ai lettori l’edizione mammut delle Cronache c’è l’albero genealogico di Casa Targaryen, presente nell’appendice di A Game of Thrones e, di conseguenza, in quello di Il trono di spade e Il grande inverno. In quell’albero genealogico il sesto nome che incontriamo è quello di Aegon, sovrano fra il 129 e il 131. A me che una donna possa diventare cavaliere suona un po’ strano. Sulle capacità guerriere di Brienne di Tarth non mi pare che abbia alcun dubbio chiunque ha avuto modo di vederla in azione, ma certo lei non è un cavaliere, anche se è figlia di un lord. Il problema, ancora una volta, è legato a una traduzione imprecisa, visto che George R.R. Martin ha scritto: “The twins Ser Erryk and Ser Arryk, who had died one another’s swords hundreds of years ago, when brother fought sister in the war the singers called the Dance of the Dragons.” Il fatto che another non abbia connotazione di genere, e che possa indifferentemente usato per indicare maschi e femmine, è il motivo per cui Altieri ha commesso l’errore, ma anche lui avrebbe dovuto avere dubbi sul cavaliere donna. Guardando il famoso appendice, almeno chi può farlo, scopriamo che “l’ascesa al trono di Aegon II venne contestata dalla sorella Rhaenyra, di un anno maggiore di lui; entrambi perirono nella guerra fratricida che seguì, chiamata dai cantastorie Danza dei draghi” (pag. 439-440). Insomma, fratello e sorella, Aegon e Rhaenyra, si erano mossi guerra l’un l’altro e i due gemelli, evidentemente cavalieri al servizio di diversi sovrani, si erano uccisi a vicenda.
Quanto a Jaime, “disonorando” l’armatura bianca (pag. 89) con l’omicidio di Aerys, non avrebbe più dovuto far parte dei cavalieri della Guardia reale, “shouldn’t count anymore”. L’espressione originale mi sembra giusto un pochino più forte.
Una che invece è Altieri a rendere più forte è quella relativa all’albero del cuore, dotato di “leaves that looked like hands”, cioè foglie che sembravano mani. E il fatto che queste foglie siano rosse mi sembra una ben misera scusa per un traduttore che decide di calcare la mano scrivendo che quelle foglie “sembrano mani coperte di sangue” (pag. 90).
Le altierate non si fermano qui, ma non è certo per Altieri che parecchie decine di migliaia di persone hanno letto o stanno leggendo Le cronache del ghiaccio e del fuoco, perciò torno al romanzo con Bran che compie la sua scalata e ci dimostra che i metalupi non sono animali qualsiasi. Il suo inizia a ululare appena lui inizia la scalata, e già questo fa sospettare i lettori più esperti che stanno per arrivare guai. Ovvio che quando arrivano davvero abbiamo tutti la certezza di dover prestare enorme attenzione a ogni reazione degli animali.
Mi piace la descrizione della scalata, e la sensazione di libertà che prova Bran. È la stessa che provo io quando mi siedo sul sellino della mia bicicletta per qualcosa di diverso dal tragitto casa-lavoro o lavoro-casa. È il vento di capelli, la possibilità di muoversi al ritmo e nella direzione voluti, il piacere di fare solo ciò che si vuole e non ciò che si deve. E se pensate che gli spostamenti di Bran siano più rischiosi chiedetevi quanto è semplice per una bici sopravvivere al traffico milanese.
Ho divagato? Noooooo, non lo faccio mai.
Bran incappa in una conversazione non destinata alle sue orecchie. È solo la prima che incontriamo, e per noi è estremamente chiara. Intanto siamo entrati da poco nella storia, le prime frasi sono a pagina 94, e ancora stiamo cercando di orientarci in questo strano mondo. Ancora praticamente non sappiamo chi sia Lyanna, e non conosciamo tutti i rapporti di amore e odio fra i vari personaggi, quindi Martin ce li deve spiegare per bene.
Bran è giovane, ha solo sette anni, e non capisce cosa stia sentendo. Infatti si sporge per vedere chi stia parlando e non capisce cosa stiano facendo. Così scopriamo che Jaime non è ambizioso e non vuole la carica di Primo cavaliere, che Cersei è preoccupata, e abbiamo un primo accenno al fatto che Stannis non vincerà mai il premio per “Mister simpatia”, anche se pure qui Altieri calca un po’ troppo la mano. Jaime teme Ditocorto, sa che è infido e ambizioso, ma noi ancora non lo conosciamo. Come possiamo ricordarci di questo giudizio? E come possiamo fidarcene? Com’è il detto? Il nemico del mio nemico è mio amico? A volte, non sempre. E comunque è sempre bene fare attenzione.
Abbiamo una conferma che Robert Arryn doveva andare a Castel Granito, e scopriamo che Jaime non si fida totalmente della sorella e certo non ne condivide tutti i piani. Se fra loro non ci fossero segreti, infatti, non avrebbe alcun bisogno di chiederle se Lysa abbia qualche prova sull’omicidio del marito.
La regina sa che Lysa non la ama, e si stupisce che non sia là ad accusarla, quello che non sa è che l’accusa è arrivata comunque, con conseguenze che si ripercuoteranno a lungo nella saga. Finita la discussione i due iniziano a fare l’amore, e Bran viene scoperto.
The things I do for love” mormora Jaime subito prima di spingere Bran. Le cose che faccio per amore.
Le cose che lui fa, non le cose che generalmente si compiono nel nome dell’amore. Ancora una volta, Martin è più personale. E viene da chiedersi quali altri atti Jaime abbia compiuto per amore.

Sotto la foto spoiler da Il grande inverno.

Io l’ho sempre detto che la caccia è un’attività che andrebbe vietata. Fra l’altro, è molto pericolosa. Basta guardare quel che succede ogni volta che Robert decide di dedicarsi a uno dei suoi tre passatempi preferiti. Gli altri due, ovviamente, sono Bacco e Venere.
Il re va a caccia di cinghiale, e Bran viene quasi ammazzato. Fra l’altro dopo una scalata alla Torre spezzata, e visto che in seguito il giovane Stark sarà definito “lo spezzato” si può parlare tranquillamente di presagio. Anche perché Estate ha iniziato a ululare appena il suo padroncino ha iniziato quella scalata.
La seconda volta si è trattato di bisonti selvaggi, e chi ne ha fatto le spese sono stati Mycah e Lady.
La terza era ancora cinghiale, ma chi è andato a caccia di chi? Cacciato e cacciatore si sono ammazzati a vicenda, e chi ne ha fatto le spese è stato l’intero regno.
Incidentalmente noto che nelle fiabe al protagonista vengono richieste tre prove. Lui supera le prime due, ottenendone magari qualche piccolo e transitorio vantaggio, ma è solo con la terza che ottiene il premio promesso. Qui abbiamo tre battute di caccia, con conseguenti piccoli drammi. Ma è solo con la terza che il mondo di Westeros cambia definitivamente.
Quanto al gesto di Jaime, tutti lo abbiamo odiato per questo. Ma mettendoci nei suoi panni, cosa avrebbe dovuto fare? Se Bran avesse raccontato quel che aveva visto Robert avrebbe capito che Joffrey, Myrcella e Tommen erano in realtà figli del presunto zio, e probabilmente avrebbe ammazzato tutti e cinque i Lannister. In una manciata di secondi Jaime ha compiuto una scelta fra la vita della sorella (e amante) dei loro tre figli e della propria, contro quella di un bambino innocente (innocente al pari dei suoi figli, anche se Joffrey è un enorme pezzo di m.) che per lui non significava nulla. C’è da stupirsi che lo abbia scaraventato giù? Non sto giustificando il suo atto, anche a distanza di tanti libri, anche dopo essere entrata nella testa di Jaime e aver scoperto la verità su tanti episodi del passato, anche dopo averlo visto cambiare in più di un senso, lo voglio morto per questo. Come dice Catelyn, non Bran. Non lui. E chi lo tocca non può avere la mia simpatia, anche se dal suo punto di vista può avere tutte le ragioni del mondo.



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