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"il vangelo secondo pilato": riflettendo su forme di religiosita', fede e scetticismo

Creato il 05 febbraio 2015 da Alessandro @AleTrasforini

Quali possono essere i rapporti fra uomo e (ricerca di) fede?
La religiosità è un percorso che conduce ad un punto di arrivo o è una strada che può aprire infiniti punti di partenza nei confronti delle possibilità investigative ed interpretative della realtà?
Cosa può provare chi resta ( e/o sceglie di rimanere) scettico e/o ateo nei confronti della religione e di tutto quel che la stessa può comportare?
Il viaggio per la ricerca di forme di fede a quali traguardi può condurre?
Il punto di vista essenziale su cui concentrarsi venne sintetizzato, qualche secolo fa, da un filosofo come Blaise Pascal. La scelta di avere o non avere fede dovrebbe, in questo contesto, assimilarsi ad una scommessa su cui poter ragionare. Il frammento esprimente questa metafora è richiamato nel seguito della trattazione:

"[...] Se c'è un Dio, è infinitamente incomprensibile, perché [...] non ha nessun rapporto con noi. Siamo [...] incapaci di conoscere che cos'è né se esista. [...] 'Dio esiste o no?'
Ma da qual parte inclineremo? La ragione qui non può determinare nulla: c'è di mezzo un caos infinito. All'estremità di quella distanza infinita si gioca un giuoco in cui uscirà testa o croce. Su quale delle due punterete? Secondo ragione, non potete puntare né sull'una né sull'altra; e nemmeno escludere nessuna delle due.
Non accusate [...] di errore chi abbia scelto, perché non ne sapete un bel nulla.
'No, ma io li biasimo non già di aver compiuto quella scelta, ma di avere scelto; perché, sebbene chi sceglie croce e chi sceglie testa incorrano nello stesso errore, sono tutte e due in errore: l'unico partito giusto è di non scommettere punto.'
Sì, ma scommettere bisogna: non è una cosa che dipenda dal vostro volere, ci siete impegnato. Che cosa sceglierete [...]?
Poiché scegliere bisogna, esaminiamo quel che v'interessa meno.
Avete due cose da perdere, il vero e il bene, e due cose da impegnare [...]: la vostra ragione e la vostra volontà, la vostra conoscenza e la vostra beatitudine; e la vostra natura ha da fuggire due cose: l'errore e l'infelicità.
La vostra ragione non patisce maggior offesa da una scelta piuttosto che dall'altra, dacché bisogna necessariamente scegliere. Ecco un punto liquidato. Ma la vostra beatitudine? Pesiamo il guadagno e la perdita, nel caso che scommettiate in favore dell'esistenza di Dio. Valutiamo questi due casi: se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla. Scommettete, dunque, senza esitare, che egli esiste. 'Ammirevole! Sì, bisogna scommettere, ma forse rischio troppo.' [...]
Siccome c'è eguale probabilità di vincita e di perdita, se aveste da guadagnare solamente due vite contro una, vi converrebbe già scommettere.
Ma, se ce ne fossero da guadagnare tre, dovreste giocare [...]; e, dacché siete obbligato a giocare, sareste imprudente a non rischiare la vostra vita per guadagnarne tre in un giuoco nel quale c'è eguale probabilità di vincere e di perdere. Ma qui c'è un'eternità di vita e di beatitudine. Stando così le cose, quand'anche ci fosse un'infinità di casi, di cui uno solo in vostro favore, avreste pure sempre ragione di scommettere uno per avere due; e agireste senza criterio, se, essendo obbligato a giocare, rifiutaste di arrischiare una vita contro tre in un giuoco in cui, su un'infinità di probabilità, ce ne fosse per voi una sola, quando ci fosse da guadagnare un'infinità di vita infinitamente beata. Ma qui c'è effettivamente un'infinità di vita infinitamente beata da guadagnare, una probabilità di vincita contro un numero finito di probabilità di perdita, e quel che rischiate è qualcosa di finito. [...]"
( I Pensieri, B.Pascal)

Il dualismo a cui potersi ricondurre dovrebbe riguardare, al netto dei rispettabili punti di vista, poche diverse interpretazioni:

  • rispetto verso chi vede nella fede una speranza;
  • legittimità nei confronti di scetticismo;
  • pari autorevolezza verso scelte di ateismo e laicismo.

Laddove l'aver fede non sia una scommessa, è comunque possibile mantenere la ' barra dritta' sfruttando anche il punto di vista di chi sceglie di rispettare certi percorsi pur non condividendo modalità di ' viaggio'. E' implicito, in questo contesto, il richiamo all'essenziale significato di laico e, più in generale, di laicità:

"[...] La speranza è una virtù teologica. Quando Kant afferma che uno dei tre grandi problemi della filosofia è 'che cosa debbo sperare', si riferisce con questa domanda al problema religioso.

Le virtù del laico sono altre: il rigore critico, il dubbio metodico, la moderazione, il non prevaricare, la tolleranza, il rispetto delle idee altrui, virtù mondane, civili. [...]" (N.Bobbio, att.)

Nei dialoghi fra laicismo e fede non dovrebbe mancare mai, dunque, una componente tanto complessa da realizzare quanto essenziale da percorrere: il confronto, appunto.

E' sulla strada del confronto e dell'evoluzione di anime differenti ( o quantomeno lontane fra loro) che si sviluppano le trame delle opere contenute nel libro " Il vangelo secondo Pilato", opera scritta da Eric-Emmanuel Schmitt. Il contesto entro il quale si articolano le trame è richiamato sinteticamente nel seguito, citando appositamente dal testo:

"[...] Un giovane ebreo si scopre capace di parole profonde e ispiratrici, tanto che qualcuno arriva a considerarlo il Messia. Egli non crede nella sua stessa grandezza ma sarà pronto a scommettere su di sé fino all'estremo e doloroso sacrificio.

Un procuratore romano condanna alla crocifissione un uomo che sa innocente.

Il cadavere scompare; nasce una furibonda ricerca che lo costringerà a confrontarsi con ipotesi sempre più sconvolgenti. [...] un romanzo a due voci, capace di ripercorrere [...] le vicende centrali del Nuovo Testamento, mettendo in luce le caratteristiche più umane dei suoi protagonisti e restituendo al lettore la meraviglia per una storia fatta di incertezza e fede. [...]"

Saranno principalmente i dualismi e confronti fra incertezza, conflitto e ( ricerca della) fede a ( dis)articolare la trama narrativa del confronto fra Jeshua e Pilato, le due figure che si configurano come centrali e fondamentali in questa opera.

A prescindere dai punti di vista ( laicamente) possibili, sono tantissime possibili forme di ricerca a far riflettere appieno nei confronti di cosa possa voler dire dubitare e/o essere scettici su fenomeni quali fede e religione:

"[...] Mi lamento spesso con Claudia [moglie di Pilato] [...]: prima ero un romano che sapeva; ora sono un romano che dubita. E mia moglie ride e batte le mani come se facessi per lei un numero da giocoliere. 'Dubitare e credere sono la stessa cosa, Pilato. Solo l'indifferenza è atea.' [...]"

Sono davvero il dubbio e la ricerca di qualcosa ad innescare forme di fede e/o di religiosità anche scettico-critica? E' il non voler dare nulla per scontato a costruire confronti utili al trovare punti in comune fra laicismo e religiosità? Esistono anche possibili punti di ' incrocio' anche con chi si dichiara ateo e non credente a prescindere da qualsiasi contesto?

Ad ogni sfumatura un possibile personaggio dell'opera, ad ogni sfumatura un contesto differente su cui poter concentrare attenzioni e possibili opinioni. Così come potenziali scommesse, non a caso.


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