Ako è piuttosto schifata e mi invita a sedermi accanto a lei, un consiglio che sono molto felice di accettare, a prescindere dalla inopportuna presenza del topo.
Dopo averci osservato per un po' uno di quegli occidentali dalla saggezza autoreferenziale che emana direttamente da giorni e giorni di duro viaggio tra aeroporti, taxi e spiagge tropicali, dall'aria da alternativo posticcio che si scrollerà di dosso non appena tornato a casa, prima di imbarcarsi in una vita vissuta sul filo del rasoio che piloterà dall'abitacolo di una scrivania d'ufficio, ma soprattutto da quello sguardo sicuro, proprio di chi ha visto cose che noi non possiamo nemmeno immaginare, persino più del replicante Rutger Hauer in Blade Runner, decide che abbiamo bisogno di aiuto e si risolve ad elargirci uno dei suoi preziosi consigli.
"Non vi preoccupate, non dovreste avere paura di quel topo, tanto sta per morire..."
Ako e io ci guardiamo con la coda dell'occhio. Una volta vinta l'iniziale valanga di imbarazzo tratteniamo una risata tsunamica con un logorante lavorio di muscoli facciali, imprigionandola tra naso, palpebre e fronte. Tanto sta per morire? Ueh, vecchio saggio, proprio per quello mi sono spostato! Non era mica un cobra o una tigre, soltanto un sorcio di fogna. Stavamo cenando: non ci faceva paura, solo pena e un po' di ribrezzo.
Bangkok, Thailandia, dicembre 2001