Soffiava piano, carezze gentili
portando con sé
brandelli di tempo dai ricordi piacevoli.
Sui fertili campi
lunghe trecce bionde
spinte da un vento sbarazzino
ondeggiano tra rossi papaveri.
All’alba, il contadino miete
affilando la falce con la cote;
sudoree calli la sua mano porge
la ruota gira, le pale l’acqua infrange,
il mulino frantumail suo seme
in candida farina.
Sotto un cielo azzurro e terso
tra un brulicar di foglie gialle e rosse
sento ancora
gli acini morbidi sotto i piedi nudi;
nell’aria
risate e canti tra i filari
ed i cuori rintoccanoechi
nei tini odorosi di mosto.
Fra il candore dei colli
giacciono fantasmi di defunte primavere
il gelo imbianca, tutto agghiaccia
i campi muti
s’addormentano sotto coltre di neve.
Le stagioni sbiadiscono lente
dentro raggi di vita
mentre il sole scrive tra i rami
la musica di un divenire
quando tutto, intorno
ricorda quanto il mondo pare un sogno;
il contadino ara il suo germoglio.
Poesia candidata al Premio internazionale di poesia Piccapane