Chi ha protestato, chi ha pianto per le bellezze perdute, non ha mai avuto udienza e soddisfazione. Non solo da chi governa la città, controparte perenne e perfettamente bipartisan, ma da chi, elettivamente, della bellezza e della sua tutela nell'ambiente doveva essere paladino e della bruttura strenuo oppositore. I verdi, tanto per dire, credo si chiamino Verdi e non Arancioni, per questa ragione. Ma gli ambientalisti della città sono stati impegnati per i molti decenni in cui gli alberi morivano in altre e ben più importanti battaglie.
Battaglie di lungo respiro e incertissimo successo. Battaglie adatte a consumare molte legislature e molti mandati politici di aspiranti leaders carismatici. Battaglie ideali trascinanti, molto adatte a non essere mai perse del tutto, mai vinte davvero. I platani abbattuti, le crose panoramiche distrutte, la speculazione edilizia in collina, parevano agli occhi di chi aveva la vista lunga, distrazioni pericolose, modeste battaglie che era possibile perdere o vincere nell'arco mortificante di un anno, di un mese, di una legislatura.
Personalmente penso che questo sia uno degli errori più stupidi e imperdonabili di un movimento ambientalista che, non a caso, in questo Paese non ha mai avuto né saputo conservare adeguati consensi tra i cittadini. I quali, io tra loro, non vogliono distinguere tra piccole e grandi battaglie quando è materialmente in forse la qualità della loro vita; della bellezza, della salute, del conforto della vita. Importano gli alberi delle scalinate, come i fumi cancerogeni, perché una vita decente o sofferente è fatta di tutte e due le cose, di cose quotidiane e questioni epocali. E le modeste battaglie, si dimostrano sempre solo apparentemente modeste. Il brutto, il malsano, il truffaldino, prediligono dilagare da piccole crepe...