Questo post era da mesi che volevo scriverlo. Quello che mi mancava erano le serie storiche. E oggi, dopo settimane di ricerca penso di essere arrivato alla serie storica corretta (o almeno spero).
La questione centrale di questi ultimi mesi è il debito pubblico e il sistema bancario. Molto si dice e si è detto, ma nessuno pubblica dati o grafici che possano permette ad ognuno di noi di poter capire la realtà del nostro paese. Ebbene, in questo post ambisco proprio a fornirvi alcuni grafici che permettano ad ognuno di farsi la propria idea. Spero almeno sia gradito lo sforzo!
Titoli di stato italiani e sistema bancario
Quanti titoli pubblici detengono le nostre banche? Ecco il grafico che finalmente risponderà alla vostra domanda.
Le banche posseggono molto debito pubblico! Stando ai dati più recenti, a novembre 2011 le banche detenevano circa 219 miliardi di debito pubblico. Una cifra non nuova però al sistema bancario, infatti nel 1997 ci si aggirava tranquillamente attorno ai 200 miliardi, quando il debito pubblico era molto minore (circa 1200 miliardi). Per cui se dal punto di vista nominale non si possono cogliere tendenze particolare, se poniamo la nostra attenzione su altri due indicatori si possono dedurre delle tendenze importanti.
La linea a puntini mette in relazione i titoli di stato detenuti dal sistema bancario e il totale degli attivi del sistema bancario (in breve tutti gli investimenti delle banche, che comprendono anche i prestiti a noi clienti o correntisti). Ebbene, dal 1998, quando i titoli pubblici rappresentavano circa il 13% dell’intero attivo, si è passati a livelli bassissimi, attorno al 3% del 2008. Poi però dall’ottobre del 2008 qualcosa è cambiato. (Questa data ricorrerà anche in seguito e combacia proprio con il fallimento di Lehman Brothers, il vero bubbone che ha scatenato tutto, compreso l’ampliamento dello spread). Improvvisamente i titoli del debito pubblico apparivano titoli sicuri e il loro rendimento (che era leggermente maggiore dei titoli del centro Europa) avrà sicuramente attirato numerosi acquisti, raggiungendo ad agosto dello scorso anno la quota del 6%. Non male in 3 anni. Da agosto però qualcosa cominciò a scricchiolare (spread) e ai dati di oggi (novembre) siamo in leggero arretramento: segno che gli istituti hanno cominciato a vendere? A vedere i dati da Agosto a Novembre 2011 l’ammontare di titoli si è ridotto di circa 7,7 miliardi (circa un 4% sul totale) e sinceramente non mi sembra un grosso ammontare di denaro in deflusso.
Passando all’altro indicatore, rappresentato dalla linea tratteggiata nera, si è voluto evidenziare la quantità di titoli in relazione a tutto il debito pubblico, che risulta circa il 12% del totale. Poco, che è anche inferiore ad un decennio fa, quando ci si avvicinava anche al 16%.
Prestiti ai privati (residenti)
Quest’altro grafico ci mostra la relazione tra i prestiti ai residenti (siano esse imprese o privati) e il totale attivi e l’ammontare nominale di tali titoli.
Anche in questo grafico si può notare come le date evidenziate precedentemente siano rilevanti. Infatti, dallo scoppio della vera crisi finanziaria, le banche hanno chiuso i rubinetti, passando dal 65% dell’attivo al 61% (agosto 2011), equivalenti a circa 150 miliardi di minori finanziamenti. Sono veramente molti e la situazione sembra in peggioramento. Infatti gli attivi continuano comunque a crescere, ma per altre attività, non sicuramente per via dei prestiti.
Rapporto tra i prestiti al settore privato e i titoli di debito pubblico sottoscritti
Questo grafico è il più importante in assoluto. Se immaginiamo questa serie come un indicatore di leverage finanziario…ebbene sì, cari lettori, siamo in fase di delevegering! Le banche stanno riducendo le esposizione verso i privati pesantemente. E’ un fortissimo delevegering! E guarda caso da dove è cominciato il tutto? Novembre 2008, due mesi dopo il fallimento Lehman.
Diciamolo chiaro e tondo. Lasciar fallire Lehman non avrà fatto distruggere il sistema finanziario mondiale, ma ha finalmente reso evidente che il Moral Hazard prima o poi qualcuno lo paga ai piani alti. Peccato che poi ricada tutto sull’economia reale, quella del piccolo cittadino che vuole comprarsi una casa o quella del piccolo imprenditore che deve finanziare la sua attività.