Il vero segreto dei tarocchi

Da Tarocchipensiero @MichelPelucchi

Allora da me emergerà qualcosa che sarà già essenzialmente migliore di quanto sarebbe emerso senza questo lavoro preparatorio (J. Beuys)

Alejandro Jodorowsky, profondo conoscitore dei Tarocchi, psicomago, scrittore, cineasta, attore e restauratore, assieme a Philippe Camoin, del mazzo del Tarocco di Marsiglia, scrive così nella sua introduzione agli Arcani Maggiori:

Dopo essermi sbarazzato di tutti quegli "iniziati" con le loro versioni "esoteriche", ho deciso che il vero Maestro erano proprio i Tarocchi [...] Usando una lanterna magica, ho proiettato gli Arcani su grandi fogli di cartone e li ho ricopiati fin nei minimi dettagli. Mi identificavo con ogni personaggio, gli davo una voce e davo una voce anche ai suoi particolari ... (Jodorowsky, La via dei tarocchi, 2012, p. 115)

Il racconto di questa pratica continua. Jodorowsky si diverte incessantemente "a meditare e a ripassare per ore le carte una per una", si pone "migliaia di domande", ragiona in "trasparenza" come se tutte le figure potessero sovrapporsi e completare un quadro sempre più ampio e ricco di significati. Addirittura arriva a scoraggiarsi e a mollare tutto. Scarica il mazzo in un cassetto finché una notte, in sogno gli verrà indicata la via da seguire.

La conclusione di questa esperienza poliedrica è per tutti significativa, in modo particolare almeno su punto:

Chiunque affermasse: "Questo è il significato tradizionale dell'Arcano ", costui sarebbe un ingenuo apprendista oppure un disonesto ciarlatano" (Ivi, p. 116)

Il pensiero e la pratica di Jodorowsky ci fanno capire che le "frasi ottiche" dei tarocchi, i significati di ogni singola carta, sono di fatto irriducibili a poche righe di interpretazione, e che d'altro canto, molte righe, messe in fila con tono da erudito produrrebbero confusione, attrito, tensione - soprattutto in fase di consulto.

Per entrare nel vivo di un "esercizio tarologico" occorre vedere col senso dell'artista, richiamare alla "costellazione creativa di forze" in virtù di un'attitudine tanto speciale quanto ordinaria: la Preparazione. Essa è ampiezza, ma non dispersione; focalizzazione e non semplice riduzione.

In altre parole - scrive Josef Beuys - dovevo prepararmi per tutta la vita, comportandomi in modo tale che neanche un momento sfugga a questa preparazione. Che io faccia giardinaggio o parli con le persone, che io mi trovi in mezzo al traffico o immerso nella lettura di un libro, che stia insegnando [...] devo sempre avere la presenza di spirito, la visione, la prospettiva più ampia, per cogliere il contesto e il quadro generale delle forze. In altre parole, sono sempre in preparazione e progettazione [...] allora avrò le risorse necessarie. Avrò i princìpi (J. Beuys, Che cos'è l'arte?, 2015, p. 25)

I "princìpi" nel nostro caso sono gli "arcani - archetipi" dei tarocchi, ossia "la prima figura con cui l'inconscio si presenta alla coscienza" (Jung)

Allo stesso modo Jodorowsky poteva sentire questa "preparazione perenne" quale stimolo avvertito dietro ogni operazione vissuta coi tarocchi, concreta o spirituale, meditativa o pratica che fosse. E al rovescio: in ogni atto quotidiano, "in mezzo al traffico o immerso nella lettura di un libro", Jodorowsky sentiva emergere l'arcano, una delle sue possibili spiegazioni. È dunque così si può dire esercitare l'arte dei tarocchi.

Ad esempio, io che sto leggendo il romanzo di G. D'Annunzio, Il Piacere, come posso non accorgermi che questa "descrizione d'oggetti", innocqua in apparenza, non corrisponda invece magnificamente alla Papessa II.

Nessun altra forma di coppa eguaglia in eleganza tal forma: i fiori entro quella prigione diafana paion quasi spiritualizzarsi e meglio dare imagine di una religiosa e amorosa offerta (G. D'annunzio, Il piacere, 2008, p.5)

Per chi avesse voglia di indagare quel breve estratto vi scoprirebbe alcuni temi essenziali del secondo arcano, esaltati con una precisione e bellezza da non poter essere avvertiti - tanto meno "trascritti" - dalle logiche di un semplice manuale di tarocchi.

Occorre di nuovo il senso dell'artista, e così " sempre avere la presenza di spirito, la visione, la prospettiva più ampia, per cogliere il contesto e il quadro generale delle forze". L'intimo insegnamento di ciascun arcano, maggiore o minore che sia.

Un altro esempio che rammenta e intensifica, dando imagine appunto, all'arcano XVII Le Toille, è il seguente:

- Segui, segui! - disse Elena, con la voce fievole, china sul parapetto, incantata dalle acque correnti (Ivi, p.9)

Con tale frase potremmo osservare la carte de Le Toille e giungere a sondarne il mistero, per scoprire l'energia archetipica che essa veicola corrispondendoci.

Alla stessa maniera molte altre "frasi ottiche' si potrebbero recuperare - e che bell'esercizio sarebbe! -, ma non invano, poiché in sede di consultazione tutta quanta questa preparazione sprigiona una "forza di luce intuitiva della parola", davvero poderosa. Essa è il vero segreto dei tarocchi, la luce divina (Râ), che dà al consulto il suo potere.

E così, in tale luce, come volevano gli antichi egizi, si compie il piccolo miracolo della trasformazione, per la quale si ricomincia ad essere (tu lo diventi) Re, ossia dei Faraoni.

Nella pratica quotidiana ci si riappropria di quegli "abiti" che al Faraone appartengono, e al "Giusto di voce" si consacrano. Tu sarai allora Faraone, Re o Râ! Ecco lo scopo dei Tarocchi.

Dunque le caratteristiche, i poteri, a cui il Tarocco ti risveglia sono dentro di te. E così sarai di nuovo:

"Giusto di voce", Faraone che può venir incoronato e proclamato abile a compiere la propria funzione in questo mondo e nell'altro (C. Jacq, I testi delle piramidi, 1998)

Sarai con ciò "abile", "capace", "efficiente" in quello che fai, in quanto "quello che fai" risulta espressione "propria", "autentica" del tuo essere profondo. Inconscio portato alla coscienza.

Sono le "potenze (baou) di Eliopoli a riconoscere (riconoscerti, n.d.r.) che questo stato spirituale, legato al compimento dell'essere del re nella luce, gli (Ti, n.d.r.) compete.

Possessore del proprio "essere venerabile", il Faraone può tenersi dritto e appartenere alla comunità degli imakhou, "i venerabili", che vivono nel "campo del trono perfetto di Dio" dove "ciò che dev'essere compiuto viene compiuto"; altresì essi sono raccomandati alle potenze vitali e ricevono il nutrimento necessario (Ibid.)

"L'uscita di voce" è sinonimo d'offerta e trasforma Faraone in essere luminoso che non è "inerte" di cuore"poiché da lui la voce esce quotidianamente (Ibid.)

Ave, compagno. Amico e maestro, gran mercé.