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Il vescovo Lafranconi evoca una “bomba nella società” nella messa per Comunione e Liberazione

Creato il 28 febbraio 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

Sì, Comunione e Liberazione ha già fatto esplodere una “bomba nella società”, con il cattivo esempio di chi non dà a Cesare quel che è di Cesare, o alla magistratura il rispetto e la collaborazione dovuta. Troppi appalti vinti, troppi privilegi, troppo successo, troppa politica, cariche a iosa e soldi a profusione. Che c’è di evangelico non lo capisco. Sarà stata un caso ma questa messa proprio la sera dopo il voto, è puro cattivo guato.
La Chiesa è libera, tutti la adulano spesso strumentalmente, non accodiamoci.
Credo che non siano affatto una vergogna le divisioni della Chiesa. Che discutano pure liberamente. Dov’è il male in un libero confronto di idee? Se invece si parla di lotte per l’egemonia o il predominio si capisce il richiamo del vescovo. Gli scandali sono altri, forse la pedofilia non è nemmeno il minore. Spiace comunque sentir parlare di “bomba” anche metaforicamente da parte di un vescovo. Che brutta immagine! Le bombe uccidono! Segue il comunicato della diocesi. Non è ovviamente mancato Carlo Malvezzi, presente alla messa e nelle stesse ore eletto consigliere regionale.

L’Anno della Fede e il tempo di Quaresima come occasioni propizie per un serio esame di coscienza e la richiesta di perdono al Signore per le proprie colpe, a partire da quelle della Chiesa, troppo spesso lacerata al suo interno. Così il vescovo di Cremona, mons. Dante Lafranconi, la sera di lunedì 25 febbraio in Cattedrale nella Messa per i membri del movimento ecclesiale Comunione e Liberazione in occasione dell’ottavo anniversario della morte del fondatore, don Luigi Giussani, e nel trentunesimo del riconoscimento pontificio della Fraternità. Dal Vescovo l’invito a una testimonianza che sappia far trasparire la bellezza del Vangelo.

Il ritrovo in Cattedrale intorno alle 20.30: prima della liturgia presieduta dal Vescovo gli aderenti al movimento di CL hanno voluto ritrovarsi a recitare insieme il Rosario pregando per la madre, recentemente scomparsa, del loro responsabile diocesano, l’avvocato Paolo Mirri.
Alle 21 l’inizio della Messa. Accanto a mons. Lafranconi l’assistente diocesano, mons. Cesare Zaffanella, parroco di Bonermese, e alcuni sacerdoti legati al movimento: don Livio Lodigiani (fidei donum in Kazakhstan), don Gian Domenico Pandini (parroco delle frazioni di Malagnino, S. Giacomo al Campo e S. Michele Sette Pozzi), don Fabio Sozzi (vicario a S. Pietro in Viadana) e don Davide Pezzali (vicario alla Beata Vergine in Cremona). Concelebrava anche il segretario episcopale don Flavio Meani.

Dopo il saluto liturgico è toccato a don Pezzali leggere l’intenzione della Messa: «Commossi per l’annuncio fatto dal Papa e ancora più consapevoli della nostra responsabilità, chiediamo la Grazia, nell’Anno della Fede, di una conoscenza e affezione sempre più profonde a Cristo attraverso la sequela intelligente e appassionata del carisma di don Giussani nella vita della Chiesa, al servizio dei nostri fratelli uomini».

Dopo il Vangelo proclamato da don Zaffanella, ha preso la parola il Vescovo che ha invitato a perseguire gli obiettivi che Benedetto XVI ha indicato per la Quaresima e l’Anno della Fede. «E’ un bel modo – ha sottolineato – per vivere questo momento in comunione con lui e anche per accompagnare questi ultimi giorni del suo ministero apostolico con tutto il nostro affetto e la nostra preghiera».

Quindi – dopo aver ribadito l’importanza di curare la propria relazione con Dio e con gli altri – l’invito a essere testimoni autentici del Vangelo. Mons. Lafranconi non ha nascosto, infatti, l’importanza di una sequela che possa «presentare il volto affascinante di una comunità nuova». «Pensate quanto è importante – ha detto – la visibilità di una comunità che vive così nella nostra società, dove è predominante la diffidenza e l’individualismo. Pensate che bomba può essere, dentro una società che è sofferenza per tutti noi, manifestare la presenza di una comunità che vive in maniera diversa». Mons. Laranconi ha quindi ricordato come compito per un cristiano sia «fare cultura, cioè mettere sotto gli occhi di tutti la bellezza di un modo di pensare, di vivere e di rapportarsi con le cose e gli uomini: il modo che ci ha insegnato il Signore Gesù».

Poi lo sguardo alle ferite della Chiesa. «Viviamo un tempo in cui ci sono motivi che possono destare vergogna sul nostro volto di cristiani». E per mons. Lafranconi lo scandalo più grave per la Chiesa è quello della divisione. «Quel tipo di atteggiamento tra persone, tra gruppi, tra movimenti, tra diverse appartenenze dentro il recinto della stessa parrocchia, dove non si è capaci di parlarsi, dove non si ha il coraggio di collaborare, dove ciascuno vive costruendo il proprio tempietto. Questi sono i veri scandali nella Chiesa, quelli che poi determinano quella cosidetta apostasia silenziosa: perché in questa maniera la Chiesa non si presenta più come qualcosa di nuovo e bello, che affascina e attrae».

E dopo aver citato don Mazzolari, che in una lettera al vescovo Cazzani affermava che “ci vuole più fede per confessare i nostri torti che per esaltare i nostri meriti”, mons. Lafranconi ha espresso la necessità di riconoscere i propri torti «non per piangersi addosso, ma per muoversi in una nuova prospettiva di vita».

Infine il presule ha auspicato «il desiderio di rinnovare le nostre relazioni: non ci sia più nelle nostre comunitù il guardarci con sospetto, il vivere ciascuno per conto proprio; non ci sia più la critica gratuita che non costruisce; non ci sia più la sovraesaltazione del proprio pezzetto di lavoro nei confronti dell’altro. Ci sia una tensione – anche in questa nostra Chiesa – per quegli obiettivi fondamentali di recupero del Vangelo, di una forte presenza educante le nuove generazioni, di una dimensione di operatività al di dentro del mondo sociale che si ispira e rimane fedele alla logica del Vangelo».

Ad animare la Messa con il canto il coro San Facio diretto da Barbara Leopizzi.

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