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Il viaggio dentro noi stessi. Il vasto mondo della psicologia. Intervista al dott. Mirabella

Da Thefreak @TheFreak_ITA

Siamo in piena estate e giorni fa pensavo che il tema del viaggio spesso ci porta a pensare a mete lontane, aerei, mare e sole.

Ma, se ci pensiamo, il viaggio più importante è proprio quello in cui mancano tutti questi elementi ed è forse il più difficile: è il viaggio dentro di noi.

Di tutto ciò e di molto altro si occupa una materia su cui aleggia un fitto mistero: la psicologia. Ci tenevo, quindi, a fare un intervista che avesse come oggetto la psicologia purchè intesa nel suo complesso. Il candidato ideale, quindi, oltre a dover essere un esperto e possibilmente avere una conoscenza delle materie che ruotano intorno al tema della psicologia. Cosi, ho avuto la fortuna di intervistare il Dr. Massimo Mirabella, che, aveva tutti i requisiti del candidato ideale in quanto oltre ad essere uno psicoterapeuta molto affermato ha anche una laurea in Medicina, è specializzato in Psichiatria e ha fatto corsi di Omeopatia e Medicina Naturale.

Mi reco nel suo studio nei pressi di via XX settembre. Pensate all’idea comune che si ha di uno psicologo ovvero, tra le tante, di colui che, magari con un block notes in mano , scruta imperturbabile il suo interlocutore facendolo accomodare sul famoso “lettino”. Ora pensate all’idea comune che si ha dello psichiatria ovvero un dottore noioso, con i capelli fuori posto e gli occhiali doppi, che cura i matti. Bene, dimenticate questi preconcetti. Massimo Mirabella si presente come un cinquantenne che ci tiene al suo look, è simpatico e mette subito a suo agio.

Iniziamo.

1) Chi è il Dottor Massimo Mirabella? Ci spieghi il suo percorso formativo.

Ho sempre visto l’essere umano in una forma di globalità. L’essere umano è un’unità, una globalità, composto da cellule, tessuti, organi ma anche da una mente. Ho conseguito la laurea in medicina ed, in seguito, mi sono specializzato in psichiatria in una facoltà che aveva una forte impostazione psicoanalitica.

Nel contempo mi sono avvicinato alle medicine naturali in virtù del principio latino “primum non nocere” ovvero “per prima cosa non nuocere” privilegiando, quindi, ove sia possibile l’utilizzo di rimedi naturali e non farmaci (la parola farmaco deriva dal latino e significa “veleno”). Le medicine naturali, l’agopuntura e l’omeopatia hanno una concezione unitaria dell’organismo e non a caso rientrano nelle medicine olistiche (dal greco “olos“ che significa “tutto”). Durante il mio percorso di studi mi sono avvicinato altresì alla psicologia: in primis alla psicoanalisi ed in seguito, cercando uno strumento più efficace e più efficiente, alla psicoterapia cognitivo- comportamentale e, aderendo alla scuola di Palo Alto, alla terapia strategica breve che rimedia ai tempi lunghissimi della psicoanalisi.

2) Come definirebbe la psicologia?

La parola psicologia deriva dal greco e significa scienza dell’anima ma per essere più precisi direi scienza della mente o, meglio ancora, la scienza del pensiero, dell’emotività e del comportamento umano ovvero di tutte quelle cose che non sono tangibili, che non si vedono ma che esistono. E’ del resto proprio per questo motivo che la psicologia, in passato, ha trovato numerosi ostacoli ed ha avuto difficoltà a trovare spazio in una cultura che invece vorrebbe ricondurre tutto a qualcosa di tangibile ed a spiegare tutto in termini neurobiologici.

3) Oggi i giovani assistono al crollo di alcuni dei pilastri che hanno sempre accompagnato l’uomo nella sua vita: la famiglia, l’amore, Il lavoro.  A livello psicologico come si resta in piedi senza questi “bastoni” ? Come evitare di cadere?

E’ vero, attualmente si assiste al crollo di alcuni di questi pilastri ma va detto che comunque restano valori eterni ed inalienabili. Innanzitutto bisogna capire una cosa: non abbiamo bisogno di bastoni a cui sorreggerci, non abbiamo bisogno di qualcosa che proviene dall’esterno. E’ necessario guardare dentro di sé.

Ad esempio, per quanto riguarda la famiglia, è necessario che ognuno diventi padre e madre di sé stesso, l’amore di se stesso ovvero imparare ad amarsi nel modo giusto. Ove ciò accadesse, le prossime generazioni potrebbero essere in grado di costituire famiglie più solide trasmettendo qualcosa di interno, di profondo ovvero l’individuazione di sé senza la necessità di “sorreggersi” a bastoni dorati.

4) Quindi è su noi stessi che bisogna fare affidamento. Ma qual è il modo migliore per gestire il rapporto con il proprio “io”? Che ruolo può avere la psicoterapia?

Il rapporto ideale con il proprio “io” equivale ad amarsi. Partiamo dall’assioma che l’amore è da sempre l’essenza della vita, la benzina necessaria. L’amore è anche e soprattutto amore di sé perché se non si è in grado di amarsi non si è in grado neanche di amare gli altri. Tuttavia, ciò che ci viene trasmesso in epoca moderna è l’andare a cercare le cose fondamentali al di fuori di noi mentre l’amore di sé è un arte dimenticata. Sembra strano questo concetto perché la gente pensa molto a se stessa.

Ma amarsi non può essere banalizzato nel pensare a sé stessi. L’amore di sé non è egoismo o egocentrismo. Non è accumulare piaceri, averi, godimenti, non è andare alla spa o curarsi esteriormente. Ci si ferma a guardare la terra con il rischio di diventare animali piuttosto che guardare in alto ad altri valori meno materiali. Amarsi è un qualcosa che si impara, che si apprende. Amarsi è libertà. Imparare ad amare significa imparare ad essere più liberi. Libertà di fare ciò che si sente di fare senza paura, condizionamenti, sensi di colpa o doverizzazioni. Amarsi significa prendersi con sé e capire i propri bisogni più interiori, meno superficiali.

Amarsi in questo modo è un cammino, un difficile e lungo cammino e la psicoterapia può servire ad accompagnare il soggetto in questo cammino.

Dicevamo prima che, metaforicamente parlando, noi abbiamo gli occhi verso la terra mentre Flaubert diceva “Se guardiamo le stelle finiremo per volare”.

5) I giovani, in un mondo in cui domina la flessibilità, spesso hanno difficoltà a trovare un lavoro. Crisi occupazionale a parte, cosa è cambiato?

Io ritengo che i giovani stiano affrontando un momento di disorientamento sia interno ed esterno. Il disorientamento esterno, ovvero la crisi occupazionale, è lo specchio del disorientamento interno. Quest’ultimo è causato anche da una crisi dell’autorità, iniziata negli anni ’60 e tuttora in corso. L’autorità è invece un valore importante. La mancanza di autorità ha portato ad una bassa resistenza alla frustrazione ed uno scarso spirito di sacrificio (e ricordo che la parola sacrificio significa “fare sacro”). Si parla molto dei diritti dei giovani, invece è opportuno anche parlare dei doveri dei giovani: parlare dei doveri può rendere i giovani più forti.

Inoltre il disorientamento interno è anche causato dalla recente fragilità delle famiglie. Spesso i ragazzi non sono stati educati ad avere un concetto di autorità e magari poi viene chiesto agli stessi di schierarsi con uno o l’altro genitore e, quindi, di diventare troppo presto giudici in ambito familiare per ovviare alla crisi che nasce in famiglia. L’assenza di un’autorità esterna può inoltre portare alla creazione di un’autorità interna, ovvero del nostro giudice, del nostro genitore introiettato, ancora più rigida. Questo è un meccanismo distorto che genera instabilità nei giovani.

6) Proviamo ad aiutare i nostri lettori. Domani hanno (finalmente) un colloquio importante. E’ risaputo che durante i colloqui un ruolo fondamentale lo gioca il modo in cui ci si pone e che talvolta si viene letteralmente “analizzati”. Come comportarsi?

I giovani dovrebbero ricordarsi che in quel colloquio si sta decidendo soltanto se avranno una chance di lavoro e non se sono bravi e capaci. E’ opportuno, quindi, non mettersi in gioco totalmente in quel colloquio, dimostrare la forte motivazione all’impegno ed all’apprendimento e ricordarsi che in quel colloquio non possono avere nessun controllo diretto sul giudizio dell’esaminatore e quindi è inutile andarlo a ricercare. Non resta che essere se stessi, essere spontanei ovvero liberarsi dalla paura di fallire.

7) Torniamo all’amore. La paura di amare, la paura di soffrire. In quale ottica va inquadrata questa paura e come affrontarla?

Partiamo dall’assunto che l’amore è comprensione e che l’essere umano ha difficoltà ad entrare in contatto con sé stesso. Il dialogo interno con sé stesso è dominato da un giudizio che ci da l’illusione di controllare le situazioni. In realtà il giudizio aumenta l’ansia, la paura ed i sensi di colpa e limita la comprensione e la nostra conoscenza, impedendoci di essere liberi e, quindi, di amarci.

Sulla base del giudizio, il piacere viene visto come un valore assoluto mentre il soffrire, il dolore viene visto come un fatto negativo, un qualcosa da espellere, da evitare. Un qualcosa che, quindi, ci fa paura. Ed ecco che abbiamo paura di lasciarci andare e quindi abbiamo paura di “vivere” ma vivere davvero con tutte le emozioni; di conseguenza abbiamo paura di amare perché, in definitiva, abbiamo paura di soffrire. Ma invece la vita prevede dei rischi e quindi comprende anche il soffrire ed il dolore.

Dobbiamo “evitare di evitare”.Ogni passo fatto nel cammino per affrontare e superare la paura di soffrire ci porterà ad una vita più piena e si potrà essere più felici e, in sostanza, più vivi.

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8) Che valore ha la reciprocità nei rapporti umani, non intesa come “do ut des” ma come equilibrio comunicativo e scambio di segnali e/o emozioni? Funziona nei rapporti familiari , di amicizia e di amore?

In effetti l’assenza di reciprocità è un segnale che non si sta andando nella direzione giusta. E questo vale sia nei rapporti di coppia, sia in quelli di amicizia che in quelli famigliari. Ciò perché in tutti questi rapporti noi esistiamo in quanto esiste l’altro con cui dobbiamo necessariamente entrare in comunicazione. Questa comunicazione però è difficile e va agevolata e incentivata. Se, al contrario, viene interrotta o è solo unilaterale il rapporto diventa poco costruttivo e più difficile.

9) Spesso, nei rapporti personali un ruolo fondamentale lo gioca anche il “peso” del passato. Come si può riuscire ad affrontare il futuro senza farsi influenzare negativamente dal passato?

In tal caso è necessaria l’accettazione. Il passato è il racconto che noi ci facciamo del passato. Quindi la chiave per affrontare bene il futuro è l’accettazione. Se non accettiamo il passato finisce che lo subiamo. Strettamente collegato con l’accettazione del passato è l’amarsi, il comprendersi, il perdonarsi. Anche la vita biologica si sviluppa con prove ed errori. E’ necessario non doverizzarsi ovvero pensare di dover riuscire a cambiare il passato. Affrontandolo nel modo giusto il passato potrebbe passare da un macigno che non mi permette di camminare ad una miniera da cui attingere per vivere il presente consapevoli che l’unica cosa in cui posso incidere è l’oggi.

10) Il senso di colpa. Spesso siamo più inclini a perdonare gli altri ma nell’inconscio perdoniamo noi stessi con difficoltà. Quali meccanismi vi sono dietro questo comportamento e come superarlo?

Iniziamo con il dire che, a livello di pensiero, noi spesso non soffriamo per la realtà ma per ciò che pensiamo della realtà. Il nostro pensiero è orientato verso il giudizio che è quella parte di noi che rappresenta il genitore che abbiamo introiettato. Nel nostro sviluppo, infatti, noi abbiamo bisogno di una figura genitoriale che svolge il ruolo di guida e di giudice. Lo staccarsi da questa figura sarebbe crescere ed affrontare la vita. Inconsciamente però noi prediligiamo rimanere in una condizione subalterna interiore a noi, ovvero di figli, piuttosto che diventare noi genitori, padre e madre di noi stessi, e liberarci. Questo porta alla formulazione di un senso di colpa che spesso è rappresentato da accuse che ci facciamo del tutto pretestuose.

Il senso di colpa è, in ultima analisi, una reazione emotiva che poi diventa comportamentale. E’ un’angoscia del distacco da figure genitoriali introiettate. Questo genitore introiettato, del resto, spesso può essere anche più severo di un nostro genitore reale in carne ed ossa.. L’esigenza di un genitore introiettato, di un giudice interiore cosi severo, deriva dal fatto che in tal modo si evita l’assunzione di responsabilità a beneficio del senso di colpa. Infatti, se si fosse liberi, liberi di vivere e di scegliere e liberi dal senso di colpa, si diventerebbe padre e madre di sé stesso e, di conseguenza, ci si assumerebbe in pieno la libertà.

Il senso di colpa, quindi, è paura di crescere e di essere liberi. Ciò perché la libertà non è liceità ma è assunzione di responsabilità. Quindi, bisognerebbe non giudicarsi ma comprendersi ma questo, attenzione, non vuol dire giustificarsi.

11) Frida nell’ultimo periodo della sua vita ha provato a rappresentare graficamente l’ansia, l’amore, il panico, la felicità e la paura. Lei come definirebbe brevemente ciascuna di queste emozioni?

L’ansia è pensare a qualcosa, che spesso non sappiamo definire bene, che ci può portare danno morale, fisico o psicologico. La paura è la percezione di un danno che è attuale, è presente nel momento in cui si vive. Il panico è da intendersi, in una scala da 0 a 100, paura 100 che coinvolge anche il corpo e ci paralizza. Per quanto riguarda l’amore e la felicità non ci sono parole nel linguaggio umano per definire quella cosa più bella della vita che è l’amore. L’amore può essere definito come uno stato di grazia ma in ultima istanza l’amore, dal punto di vista psicologico, è comprensione. La felicità è sentire autenticamente la propria esistenza, è un concetto astratto che è connessa alla libertà ed all’amore e che prevede qualcosa che accade anche al di fuori.

12) Lei è esperto, tra le altre cose, di psicosomatica. Come si riflettono i nostri pensieri sul nostro corpo?

Il nostro corpo è il teatro in cui si rappresentano le nostre emozioni e queste ultime sono figlie dei nostri pensieri. Quando noi nel nostro dialogo interiore non lasciamo spazio alla comprensione e tendiamo a censurare, ad evitare pensieri spinosi e conflittuali, questi pensieri, quindi, non trovano spazio nella rappresentazione emotiva. Ebbene questi stessi pensieri troveranno spazio nel linguaggio del corpo.

Nella mia professione ho trovato spesso una coincidenza tra problematica corporea e conflittualità psicologica. Prendiamo il caso della nostra pelle. Spesso rappresentiamo sulla pelle alcune problematiche interiori. La pelle è l’unico organo che nasce dallo stesso foglietto embrionale del nostro sistema nervoso (l’ectoderma). Ciò perché la pelle è ciò che divide ciò che è “self” da ciò che non è “self” , divide il nostro io dalla realtà esterna.

Passiamo ora all’intestino. Si dice che l’intestino sia un “secondo cervello”. Questo modo di dire trova una conferma nel fatto che la serotonina, mediatore chimico del corpo che condiziona molto l’umore (non a caso i farmaci antidepressivi aumentano il tasso di serotonina nelle sinapsi neurologiche), è stato trovato nelle cellule dell’intestino. Non solo. Anche le circonvoluzioni celebrali richiamano molto, a livello anatomico, la configurazione della massa intestinale.

13) Esistono due scuole di pensiero: la psicoanalisi e la cognitivo comportamentale, al cui interno si sviluppa la terapia strategica breve . In cosa differiscono?

La psicoanalisi, nata con Freud, ha il merito di aver aperto una strada ma, a mio avviso, può dirsi superata. La psicoanalisi, infatti, si basa sul fatto che, in una serie interminabile di sedute, si inizia una lunga operazione di consapevolezza che, facendo affiorare i miei contenuti inconsci, dovrebbe essere liberatoria e curativa. Invece nell’analisi cognitiva comportamentale e, quindi, nella strategica breve, si individua un problema, si individua una causa, si analizzi il suo effetto, e si fa in modo di risolvere il problema in tempi brevi.

Da questo punto di vista la cognitiva comportamentale può definirsi una scienza, contrariamente alla psicoanalisi. Infatti, mentre l’interpretazione dei sogni, operazione tipica della psicoanalisi, può portare a risultati diversi a seconda dello psicoanalista che si consulta, l’approccio per capire e risolvere un caso nella terapia strategica breve è unico e condivisibile da tutti gli esperti nel settore.

14) Lei è esperto di medicina naturale e di omeopatia. Proviamo a trovare un rimedio per ogni problema.

Ansia? Tilia Tomentosa. Panico? Rescue remedy dei fiori di Bach. Insonnia? Valeriana o escolzia californiana. Rabbia? Melissa. Tachicardia? Biancospino. Depressione? Iperico e griffonia. Senso di nausea? Zenzero. Disturbi sessuali? Maca. Mal di testa? Spigeria. Memoria e concentrazione?Gingko biloba.

a cura di Giulio Giglio


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