Il viaggio di nozze

Da Nubifragi82 @nubifragi

La Spezia, 18 giugno 1931

E’ la prima volta che vede il mare. Non è impressionato dalla vastità e nemmeno da quell’orizzonte piatto, quasi indefinito. Se lo immaginava proprio così, non c’è che dire. Piuttosto non aveva pensato all’odore del mare, la brezza fresca e salmastra che penetra nelle narici e ivi si annida, pronta a tornare come le immagini e i sapori dell’infanzia. Ma Mario non è un bambino, è un uomo di ventisette anni, sposato da un giorno. Il mare, dunque, non lo impressiona. Forse lo farà più avanti, quando falcerà il grano al suo paese montano e, posata la falce a terra e avvicinata la borraccia alla bocca arsa dal sole, sentirà di nuovo quell’odore. Quindi, dopo aver pensato una decina di secondi, esclamerà “Il mare.” Ora guarda il sole e capisce che si sta facendo tardi. Guarda la sua sposa novella. Non è bella, ha lineamenti forti e un aspetto poco gentile, ma sarà una brava moglie, ne è sicuro. Sta guardando il mare e sembra sorridere. Sembra, perchè, tutto sommato, si può dire che non la conosca ancora bene. Si incamminano verso la stazione, il treno serale presto partirà e li riporterà verso casa, i campi, la fame, la fatica e presto il matrimonio e quell’unico giorno di luna di miele rimarranno soltanto un ricordo. Elda è più emozionata oggi di ieri. Del resto, pensa Mario, è la prima, tra le sue amiche, a fare un viaggio di nozze. Il lungomare, intanto, si è riempito di gente. I due sposini guardano le altre coppie e si sentono a disagio. Un paio di ragazzotti nota quei due rozzi montanari e li canzona, mentre altri ridono. Mario vorrebbe che almeno Elda non sentisse, ma la vede guardare di sottecchi e subito muovere, triste, lo sguardo verso il mare. Si vergogna, pensa Mario. Si, si vergogna per i suoi vestiti vecchi e demodè, per la sua pettinatura banale e forse si vergogna pure di lui, di quell’uomo basso e tozzo, con le brache di fustagno troppo grandi per le sue corte gambe, la giacca spenta e sgualcita, la pelle bruciata dal sole e dal fieno. Si osserva le mani: quanto sono brutte. Ha soli ventisette anni eppure ha le mani di un vecchio. Sembrano le mani di suo nonno, pace all’anima sua, enormi, sgraziate, consumate, solcate da righe dove il marrone della terra ha ormai attecchito da tempo. Lascia andare le mani a ciondoloni e osserva quei ragazzi tanto più curati di lui. Si sente triste, un mostro venuto dai monti per far ridere i cittadini nel suo unico giorno di luna di miele. E quasi non si accorge nemmeno che la sua mano destra non è più sola, un’altra mano la affianca, tocca e ora tenta di stringerla. Mario si volta verso Elda inebetito. Sta sorridendo timidamente, ma vedendo la sua faccia sconcertata, allontana la mano e distoglie lo sguardo. Mario vorrebbe dire qualcosa, ma non sa usare le parole e sa che qualunque cosa uscisse dalla sua bocca, non è quella che vorrebbe. Però può rimediare con un gesto e quegli spiccioli rimasti nella tasca sinistra fanno al caso suo. Non sa di preciso cosa siano, ma sembra che da queste parti vada di moda uno strano alimento con una parte bassa a cono ed una alta né solida né liquida, ma fatta a palla e colorata. Elda lo vede avvicinarsi ad un chiosco e non capisce, ma poi, quando lo vede ritornare con quel cono nella mano, non può che sorridere. E’ davvero felice. Tenta di mangiare quell’insolito cibo ma finisce per spalmarselo in viso. Mario la guarda e pensa che non è affatto corretta la valutazione che ne aveva fatto, no, Elda non è assolutamente brutta, anzi, ora gli pare proprio bellina. E allora ride e Elda ride anch’essa e ridono davvero tanto ed entrambi pensano che non avevano mai visto ridere il consorte. Si prendono per mano e proseguono verso la stazione. Vicino loro, due signore imbellettate apostrofano sottovoce i due zoticoni. Un filo di invidia trapela dai loro sguardi.