di Mirian Katiaka
“La parola ha un cuore immenso se riesci a leggerla ora e soprattutto domani”. È su questo elemento che è stato presentato il viaggio letterario di Pierfranco Bruni per la sua Candidatura al Nobel Letteratura. Da “Un paese vuol dire non essere soli” (Pavese) a “Occorre ricucire le coscienze spezzate della nostra memoria” (Pierfranco Bruni). Un dettaglio che ha visto un dialogare su l’opera di Pierfranco Bruni, tra poesia e narrativa, e la sua candidatura al Nobel. Una discussione che il Sindacato Libero Scrittori ha sviluppato intorno a tutta la sua produzione poetica e narrativa non tralasciando quegli aspetti salienti che interessano la letteratura del ritorno e la nostalgia sconfitta che costituiscono tasselli del suo mosaico umano e culturale. Da “Via Carmelitani”, la cui prima edizione risale al 1983 e la quarta edizione accresciuta addirittura al 1990, libro che ha segnato una delle prime tappe fondamentali nel percorso poetico, sino a “Come un volo d’aquila” del 2013 la poesia di Pierfranco Bruni ha avuto ed ha una pagina critica di notevole spessore tanto che si è parlato di una poesia piena di “eleganza e di misura solitaria” (Stanislao Nievo), mentre Mario Pomilio ha definito i versi di Bruni, in tempi lontani, “puliti ed esatti” e Raul Maria de Angelis, lo scrittore che diede voce a Maria Zambrano, sottolineò che la poesia di Bruni “è una poesia senza macchia”. Ma furono numerosi i critici che si sono occupati, proprio negli anni Ottanta/Novanta della poetica di Bruni. Si pensi agli scritti di Giuseppe Selvaggi, di Antonio Ghirelli, di Mario Marti, il quale scrisse che i suoi versi “scorrano come i grani di un rosario… quasi come una preghiera”, di Ferrucci Ulivi, di Francesco Grisi, di Donato Valli che poi fece la Prefazione a “Viaggioisola” del 1992, di Salvatore Valitutti che parlò di “magia delle parole”, di Michele Dell’Aquila, di Giuseppe Pederiali, di Gesualdo Bufalino che li definì “versi belli, scanditi da una nobile e lenta malinconia”. Un libro, “Via Carmelitani” che introdusse Pierfranco Bruni nel Novecento poetico italiano seguito da “Altro o niente”, da “Viaggioisola”, da ”Ulisse è ritornato”, “Il canto delle sirene”, “Canto di Requiem” che ebbe la recensione di Gianfranco Ravasi, di “Ti amerò fino ad addormentarmi nel rosso del tuo meriggio”, punto di riferimento della poesia d’amore in Oriente, e ancora sino a “Come un Volo d’aquila” passando attraverso il canto di “Asmà e Shadi” del 2013. Gran parte della produzione poetica di Bruni è stata racconta in una antologica “Fuoco di lune” che raccoglie la sintesi di un viaggio che va dal 1974 al 2004. Bruni, dunque, nasce come poeta, ma il suo tracciare i linguaggi lo portano subito al romanzo di “Paese del vento”, romanzo che ha avuto ben quattro edizioni con una ultima di estrema eleganza e poi “L’ultima notte di un magistrato” (tre edizioni), “L’ultima primavera” (due edizioni), “Passione e morte” (due edizione e con edizione tradotta in Romania). Qui è come se si concludesse una stagione di intrecci poetici ed estetici in cui la memoria si confronta costantemente con il tempo. Ma già con “Paese del vento” il mistero è dentro la memoria che si trova nel ciclo successivo, che va da “Quando fioriscono i rovi”, dove già compare la figura di San Paolo a “Il mare e la conchiglia” dove campeggia la metafora del faro, a “La bicicletta di mio padre”, “ sino ad Asmà e Shadi”, che è un Cantico dei Cantici nell’amore passione, trasparenza e rinuncia. Una terza fase è rappresentata, certamente, dall’innesto alchemico delle ultime pagine della “Bicicletta di mio padre”, in cui si parla del mondo magico e sciamanico per approdare a “Che il dio del Sole sia con te”, un intercalare tra gli Orienti e le fede: dall’Oriente mediterraneo al mondo tibetano. A questa filosofia Pierfranco Bruni si è spesso richiamato, ma la summa di questo suo viaggio è leggibile in “La pietra d’Oriente”, romanzo pubblicato recentemente e che riscuote molti consensi e che pone in essere una letteratura che è poetica dell’esistere tra estetica e metafisica. Numerosi restano i suoi saggi di critica letteraria e i suoi studi sulle antropologie dei popoli e delle letterature come il tomo “Mediterraneo” ed ora la sua entratura nella favola – fabula armena lo porta verso nuovi cammini. Ma l’Oriente non è un approdo, per Bruni, è piuttosto, come è stato detto recentemente, un “orizzonte di senso ma anche un orizzonte spezzato tra le parole dell’immaginario”. Poesia e narrativa in un circuito che è profondamente stretto tra letteratura e magia, tra poesia e alchimia, tra linguaggio e ricerca di antropologie sottese in un viaggiare tra il deserto e il mare. Infatti proprio in “La pietra d’Oriente”, romanzo pubblicato da Pellegrini (distribuzione Mondadoristore) ha permesso di avanzare la candidatura al Nobel della Letteratura (da parte del SLSI) tenendo presente l’attività letteraria di Pierfranco Bruni che scorre lungo le cronache e le storie da oltre quarant’anni. Ma sono le tre trilogie che hanno segnato uno spaccato nel vissuto letterario di Bruni ormai tradotto in più lingue. La trilogia poetica: “Giorni di sempre” (1975), “Via Carmelitani” (1984 – 1990), “Fuoco di lune” e “Come un volo d’aquila” (2004 - 2013). La prima trilogia narrativa: “Paese del vento” (1995), “Quando fioriscono i rovi” (2004), “Il mare e la conchiglia” (2007). La seconda trilogia narrativa: “La bicicletta di mio padre” (2011), “Asmà e Shadi” e Che il dio del sole sia con te” (2013), “La pietra d’Oriente” (2015). Su questo ultimo romanzo è già pronto un Video che raccoglie i segni e i simboli del viaggio di Pierfranco Bruni.