Il viaggio, Maristella Bocciero

Creato il 29 agosto 2013 da Frufru @frufru_90
Questo è il regalo della mia zietta Maris, una persona splendida che ho conosciuto ormai due anni fa, grazie ai nostri blog. Lei è una presenza costante, una donna in gamba, una mamma forte e favolosa, è una ventata d'ottimismo e di dolce semplicità, qualità non così facilmente rintracciabili oggi nelle persone.
Non ricordo il momento in cui io sono diventata la sua nipotina virtuale e lei la mia zietta, ma ormai dev'essere un bel po' di tempo fa.
Insomma: la Maristella Bocciero autrice di questo racconto è proprio la mia zia Maris, quella del blog "Cara Lilli...".
Leggere le pagine scritte da lei è stato emozionante, le scorrevo e ce la ritrovavo dentro col suo cuore innamorato e speranzoso, la sua passione per i gialli e la lettura, i suoi mille ricordi. Lei. Quella persona cui ho imparato a volere bene grazie a tutti i pensieri e le parole che mi ha rivolto (che ci siamo rivolte) in questi anni.
Ho letto Il viaggio a luglio, in un momento in cui non ero troppo distante dagli stati d'animo di Nadia, la protagonista che sale su un treno, attraversando l'Italia da Milano a Napoli, per andare a trovare la sua Etta (la cuginetta Nicoletta), in quel momento sotto ai ferri per un'operazione tutt'altro che banale, un'operazione che lascia l'incognita del dopo. Che cosa ne sarà di lei e della sua giovane vita? Che cosa ne sarà delle loro promesse di bambine? Del loro ottimismo, dei loro piani? Che cosa?
È un viaggio in solitudine quello di Nadia, le fanno compagnia solo i ricordi, i ricordi di una bella infanzia vissuta con la cugina, i ricordi di un tempo in cui insieme si perdevano in giochi, e poi in chiacchiere, e poi in sogni di un futuro bello e radioso, pieno d'amore e di soddisfazione, per entrambe. Perché, diceva sempre Etta, c'è un tempo giusto per fare tutto: divertirsi, innamorarsi, mettere su famiglia, invecchiare, morire. Ma è davvero così? Le due cugine adesso ne dubitano. Trent'anni non sono un'età giusta per morire, certo che no. E se dovesse succedere proprio a una di loro due?
Nadia sprofonda sul sedile del treno e, insieme ai fiori dei peschi e alla primavera che sboccia, vede scorrere fuori dal finestrino tutta la sua vita, che sarebbe stata a una vita a metà senza la sua amata Etta. Vede i paesaggi cambiare, sfumarsi, vede paesini colorati apparire e scomparire. Quando appoggia i piedi nella sua terra d'origine, quella Napoli dai mille colori, sente all'improvviso una sottile ventata d'ottimismo. Si incammina verso l'ospedale così, con una mezza speranza nel cuore.
Quella stessa speranza che ci fa muovere i piedi all'inizio di ogni malattia, di fronte a ogni punto interrogativo. Quella stessa speranza che a volte è fondata e altre volte invece no, svanisce tra le dita, lasciando l'amaro dell'illusione. Questione di fortuna.
Scorrendo il racconto fino all'ultima pagina mi sono accorta di una curiosa coincidenza: Maris ha finito di scriverlo proprio nel giorno del  mio compleanno. Mi è sembrata una casualità carina, senza contare il fatto che anch'io, come Nadia, ho le mie Ette, le mie cuginette che sono le mie amiche più grandi, quelle con cui ho passato pomeriggi a giocare, serate a rincorrerci, notti a chiacchierare. Quelle che ci sono state sempre, quelle che sempre ci saranno. In ogni nostro tempo giusto per fare ogni cosa. Giocare. Divertirci. Confidarci. Piangere. Ridere.
Non resta che incrociare le dita e augurarsi che la fortuna non giochi contro di noi.
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C'è sempre qualcosa di “cieco” nei sentimenti. 
Un'eternità: tanto era durato quel viaggio. Il susseguirsi dei ricordi e l'intrecciarsi dei pensieri che l’avevano accompagnata durante il percorso tra Milano e Napoli erano stati importanti per farle comprendere una volta di più che la vita non si ferma, che è essa stessa un lungo viaggio sempre diverso eppure sempre uguale che ci pone ripetutamente davanti a scelte, a bivi da affrontare,
proprio come accade al treno quando si azionano gli scambi perché prosegua in una direzione piuttosto che in un’altra.


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