I video che ‘fanno commuovere il web’ diventano virali e in poche ore contagiano i social network: pianoforti abbandonati a New York, cuccioli salvati da morte certa, bambini che impartiscono lezioni di vita agli adulti con gesti semplici e spontanei come l’elemosina ad un musicista di strada.
Nella vita reale siamo ancora disposti a commuoverci? Probabilmente no.
Siamo imbottigliati nel traffico, in un bus o nella nostra automobile, sappiamo di avere fretta perché il luogo che dobbiamo faticosamente raggiungere é il nostro posto di lavoro e non stiamo andando a divertirci (o a commuoverci insieme al web). In mente sentiamo il peso della fragile economia nella quale viviamo, abbiamo costantemente conficcata nel fianco la spina dell’insoddisfazione, della paura del domani, dell’incertezza, combattiamo le nostre personali battaglie quotidiane, non abbiamo il tempo per commuoverci davvero, per bene, davanti a qualcosa che accade intorno a noi. Restiamo impalati davanti pubblicità nelle quali non crediamo, imbambolati all’ascolto di dibattiti politici dei quali sappiamo di dover prendere per vero il 10%, quando va bene, e siamo prontissimi a voltarci dall’altra parte se per strada qualcuno ci ferma nel tentativo di riuscire a scioglierci il cuore e farsi dare venti o cinquanta centesimi.
Siamo un popolo devastato da un progresso al quale non eravamo pronti e che ci sta divorando dall’interno, sfruttando la nostra impreparazione giorno dopo giorno, click dopo click. Tv, tablet, cellulari e internet hanno fatto di noi delle persone emotivamente frigide che hanno difficoltà a relazionarsi con il prossimo (dal vivo, s’intende), facendoci sentire appagati di rapporti pressoché inesistenti, basati sul concetto di distanza fisica.
Nulla di costruttivo, sul piano emozionale, a fine giornata.
I media tengono ben tesa la corda dell’intrattenimento lasciando sfogare quella parte di noi che ricorda a sprazzi un umanità docile e amichevole. Ci spingono verso quella zona d’ombra fatta di notizie strane e paradossali, dove racconti torbidi e menti criminali si intrecciano con atti di coraggio e romanticismo e dove il bene vince, insieme alla giustizia, all’onestà, alla bontà. In quella zona d’ombra forse possiamo sentirci ancora parte di un mondo che ci da vibrazioni positive, un mondo in cui violenza e sfruttamento vengono combattuti dall’eroe di turno.
Per questo abbiamo la necessità di guardare (brevi, é fondamentale) video provenienti dall’angolo del mondo opposto al nostro per ricordarci che il contatto fisico tra due persone esiste, che possiamo trovare stupefacente la presenza di un pianoforte sgangherato sul marciapiede e che siamo sensibili abbastanza da desiderare che il cucciolo venga salvato e felici quando alla fine viene adottato da una famiglia amorevole.
Così, in questi pochi attimi e attraverso obiettivi di telecamere nascoste, davanti la tastiera e da soli al nostro tavolo, ci innamoriamo, ci vergogniamo, ci commuoviamo. Perché tra noi e il gesto che commuove il web ci sono centinaia di migliaia di chilometri, qualcuno che ha ripreso o fotografato, ha scritto il testo e poi lo ha condiviso su internet, c’è il nostro schermo, la nostra casa, la nostra poltrona.
Siamo in un’altra dimensione. Ma quello che si sente é (incomprensibilmente) una sensazione uterina, intensa, di vita vera.