Chiudiamo la settimana in bianco e nero, ché ci fa bene. Glowing eyes, gli occhi ardenti, leit motiv di questa produzione inglese del 1960. Gli occhi dei bambini di un mondo esterno, che soggiogano e annichiliscono la volontà dell’uomo.
In origine, Il Villaggio dei Dannati era una produzione americana del 1957. Storia semplice, fatta di poche location, poche scene e pochi dialoghi chiave, ma tante, troppe implicazioni religiose. E, per quanto la mentalità fifties amasse il cinema e la famiglia, istituzione fondante la società, da questa messinscena ne usciva disintegrata, perché minata nelle proprie certezze per il futuro, i figli. Insieme al Cristianesimo.
Forse siete abituati al remake del 1995.
Pensate a cosa voglia dire, in fondo, l’immacolata concezione. Pensate che da questa possa scaturire non il bene universale, che lava i peccati del mondo, ma la (possibile) fine, o schiavitù del genere umano.
Eppure, trascorsero solo tre anni, e occorse un trasloco, da un continente a un altro, ed ecco che la campagna dell’Hertfordshire forniva il bucolico scenario per un Primo Contatto freddo e spietato, dalle conseguenze tragiche.
E d’accordo, i bambini con le parrucche non spaventano nessuno, direte voi. Men che mai gli occhi ardenti. Be’, ci sarebbe da discutere a fondo, su questo.
Un bianco e nero sobrio, senza contrasti eccessivi tra buio e luce, al contrario tipici del noir. Male e bene, d’altronde, in questa storia sono ben definiti. Anche se questa definizione manichea non è esatta. La uso perché mi fa comodo.
Saltano all’occhio le scenografie barocche, sovrabbondanti di oggettistica che, oltre a essere funzionali, a trasmettere l’idea di una ricca borghesia, partecipano a un intento decorativo inusitato. Trattasi di set impiegati, in fondo, per pochi minuti. Il film ne conta appena settantatré.
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Midwich è un villaggio inglese che un giorno, per poche ore, viene isolato dal resto del mondo da una forza sconosciuta, posto sotto una sorta di cupola invisibile e intangibile che fa sì che tutti coloro al suo interno piombino in uno stato di incoscienza immediata.
Spettacolari, in tal senso, le sequenze al confine della “cupola”, i ripetuti tentativi di oltrepassarla da parte delle autorità, prima utilizzando una gabbia contenente un canarino, immediatamente stordito e che poi, altrettanto rapidamente, si riprende dopo essere stato “estratto” dalla zona segnata dal fenomeno, e successivamente umani con maschere antigas. Un aereo che sorvola la zona si schianta perché il pilota è svenuto, tutto si rivela inutile. Finché il fenomeno, così com’è apparso, scompare, facendo ridestare e tornare alle loro vite tutti gli abitanti. Ma qualcosa è cambiato.
Tutte le donne di Midwich in età fertile e capaci di concepire sono incinte. La sequenza di concepimenti, avvenuti nello stesso periodo, anzi, nello stesso istante, investe le famiglie del villaggio, azzerando le classi sociali, ignorando le convenzioni, distruggendo legami stabili e precipitando ragazze minorenni (e relativi nuclei famigliari) nella disgrazia sociale.
Immacolata concezione, ho detto: critica scientifica a un fenomeno incontrollabile, invisibile e inspiegabile. E tuttavia i bambini perfetti che ne scaturiscono, terrorizzano già mentre si trovano all’interno del ventre materno. Un’entità aliena, che resta tale perché incoercibile e invisibile, incomprensibile ed estranea al nostro quotidiano, s’è incarnata. E la paura delle madri è la paura dell’ignoto. I matrimoni sono mere istituzioni sociali che si reggono su convenzioni. Null’altro. Ammetterete che certi argomenti sono difficili anche adesso.
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Le Autorità sono interessate a ciò che avviene a Midwich. A quanto pare, medesimi avvenimenti si sono replicati in altre parti del mondo: i nuovi nati sono stati ammazzati, talvolta insieme alle loro madri, eccetto che in Unione Sovietica, dove invece si sta tentando, data la loro straordinaria e manifesta intelligenza, di educarli per sfruttarli ai fini della lotta per la supremazia mondiale. I bambini, futuri adulti dall’intelletto perfetto, sembrano essere destinati a un futuro grandioso, una classe dominante da taluni considerata evoluzione spontanea della specie umana.
Storia complessa, quindi, ma ritratta con gusto e in modo semplice e diretto. Com’era uso all’epoca, specie nei prodotti sci-fi, poco o nessuno spazio concesso alla riflessione, alle relazioni tra i protagonisti; e parliamo di un film che scava a fondo minando le fondamenta stesse della società, distruggendole dall’interno; si preferiva invece concentrarsi sulla storia, inquadrando il monstrum, il prodigio, associato al meraviglioso: i piccoli mostri, i bambini cattivi.
E torniamo così alla presunta conflittualità manichea, cui ho accennato poco più sopra. In realtà non è presente un classico conflitto tra Bene e Male, tra princìpi, bensì tra specie differenti. I bambini sono simili, condividono caratteristiche genetiche uniche e tratti somatici comuni, e una sorta di mente alveare che consente loro di trasmettere l’apprendimento di uno solo a tutti gli altri. Questi sono privi di qualsiasi sovrastruttura morale, caratteristica propria della razza umana, in quanto retaggio evolutivo e sociale. I bambini, in quanto nuova specie, mancano sia di coscienza morale, che di coscienza storica. In più, essendo superiori alla specie che li ha accolti aspirano, secondo natura, a dominarla.
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Gli atti criminali ai quali si abbandonano sono innanzitutto autodifesa contro possibili minacce, e in secondo luogo, naturali, portati a termine sfruttando capacità mentali che essi adoperano spontaneamente, così come noi compiamo gesti quotidiani.
Tali creature sono da considerare innocenti, dunque? Questo è l’interrogativo che le autorità, nella persona di Gordon Zellaby (George Sanders), si pongono. E, una volta stabilitane e verificatane più e più volte la pericolosità sociale, è giusto procedere alla loro distruzione? E quale strategia attuare contro di loro, dal momento che le facoltà extrasensoriali di cui dispongono gli consentono di anticipare le possibili minacce e attuare rappresaglie? I sovietici, hanno addirittura adoperato l’atomica.
Come dicevo, solo 74 minuti per rispondere a tutto questo. E ci si riesce. Il Villaggio dei Dannati è perfetto nella rappresentazione e, soprattutto, nella conclusione, cruda e sensata.
La morale, la religione, sono state distrutte all’inizio. I sentimenti lasciati da parte, perché frivoli e sostanzialmente inutili. Lo scontro è solo scientifico e porta a conseguenze dure, ma ineluttabili. In gioco c’è la sopravvivenza di un’intera specie.
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