Oh gioie profonde del vino,chi non vi ha conosciute? Chiunque abbia avuto un rimorso da placare, un ricordo da evocare,un dolore da annegare, o abbia fatto castelli in aria, tutti hanno finito per invocarti, o dio misterioso celato delle fibre della vite. Quanto sono grandiosi gli spettacoli del vino, illuminati dal sole interiore! Quanto vera e ardente quella seconda giovinezza che l'uomo attinge da lui! Ma quanto temibili sono anche le sue folgoranti voluttà e i suoi snervanti incantesimi. E tuttavia dite, in coscienza voi giudici, legislatori, uomini di mondo, tutti voi che la felicità rende amabili e ai quali a fortuna rende facili la virtù e la buona salute, dite, chi di voi avrà il coraggio disumano di condannare l'uomo che beve genialità. Il vino d'altro canto, non è sempre quel terribile lottatore sicuro della propria vittoria, che ha giurato di non avere nè pietà nè misericordia. Il vino assomiglia all'uomo: non si saprà mai fino a qual punto lo si possa stimare o disprezzare, amare o odiare, ne di quali azioni sublimi o di quali mostruosi misfatti sia capace. Non siamo, dunque più crudeli verso di lui che verso noi stessi, e trattiamolo da pari a pari. Mi sembra talvolta, di sentire il vino dire - esso parla con la sua anima, con quella voce degli spiriti che soltanto gli spiriti intendono: < Il petto di un onest'uomo è una dimora che mi piace assai più di queste cantine malinconiche e insensibili. È un gioioso sepolcro dove concludo la mia esistenza con entusiasmo. Faccio un gran trambusto nello stomaco del lavoratore e, di là, con scale invisibili, salgo nel suo cervello dove eseguo la mia danza suprema. Senti agitarsi e risonare in me i potenti ritornelli dei tempi antichi, i canti della gloria e dell'amore? Io sono l'anima della patria, io sono per metà galante, e per metà militare. Io sono la speranza delle domeniche. Il lavoro rende i giorni prosperi, il vino rende le domeniche felici. Con i gomiti sul desco familiare e le maniche rimboccate, tu mi renderai gloria con fierezza, e ti sentirai veramente contento. Accederò gli occhi della tua vecchia moglie, la vecchia compagna dei tuoi affanni quotidiani e delle più antiche speranze. Farò tenero il suo sguardo, e al fondo delle sue pupille metterò il lampo della sua giovinezza. E al tuo caro figliolo, così palliduccio, quel povero asinello che ti sobbarca la stessa fatica del cavallo da tiro, restituirò i bei colori che aveva nella culla, e per questo nuovo atleta della vita sarò l'olio che rassodava i muscoli degli antichi lottatori. Scenderò in fondo al tuo petto, come un ambrosia vegetale. Sarò il grano che feconda il solco scavato con dolore. La nostra intima unione creerà la poesia. Noi due, insieme, saremo un Dio, e volteggeremo verso l'infinito come due uccelli, le farfalle, i fili di ragno, i profumi e tutte le cose alate.>> Ecco ciò che canta il vino nel suo linguaggio misterioso. Guai a colui il cuoi cuore egoista e insensibile ai dolori dei fratelli non ha mai udito questa canzone!
Charles Baudelaire [Paradisi Artificiali, Del vino e dell'Hashish]