Il vino nell'antico Egitto

Creato il 25 maggio 2014 da Kimayra @Chimayra

Tomba di Nakht a Sheikh Abd el-Qurna con scene di vendemmia

La viticultura, nella terra del Nilo, era un'attività molto florida. Molte informazioni, raccolte da fonti diversi, restituiscono agli archeologi un quadro piuttosto preciso in merito a quest'arte antica. Le pitture ed i rilievi, per esempio, presentano spesso scene di raccolta dell'uva. Si tratta di pitture che adornano le tombe dell'Antico Regno, tra le quali quelle dei funzionari Niankhkhnum e Khnumhotep (V Dinastia) sepolti a Saqqara, le sepolture del Medio Regno, del Nuovo Regno e persino di epoca romana.
Gli scavi, poi, hanno restituito reperti come giare per il vino, etichette e sigilli che conservano ancora tracce di produzione e consumo di vino, tra cui grappoli disidratati, semi, raspi, foglie e legni.
Il reperto più antico, ma anche il più discusso, è un sigillo che risale al regno di Den, I Dinastia (2950 a.C.), che oltre al nome del re presenta un simbolo interpretato da diversi studiosi come un torchio. Questo tipo di torchio, però, è attestato durante l'Antico Regno. In assoluto la testimonianza più antica è costituita da alcuni semi di vitis vinifera del periodo detto Naqada III (2900 a.C.) e conservati nel Museo dell'Orto Botanico di Berlino. Questi semi risalgono ad un'epoca in cui l'Egitto non era ancora riunito sotto un'unica corona.

Scene di raccolta e conservazione dell'uva da una tomba di Tebe (1500 a.C.)

Nei Testi delle Piramidi si parla di un irep mehu, "vino del nord", con riferimento al Delta, ma anche il ramo canonico del Nilo era una zona di produzione vinicola importante. Queste aree erano attive dal 3100 al 332 a.C. I templi tebani, poi, possedevano 433 vigne durante il regno di Ramses III, la cui localizzazione non è certa.
Gli antichi Egizi, però, non bevevano solo vino ma anche birra, di cui l'Egitto è il primo produttore della storia. La birra veniva prodotta sia in laboratori artigiani che in casa. Al vino e alla birra si aggiungevano il vino di datteri, il vino di melagrana, il vino di palma. Quest'ultimo, ottenuto dalla fermentazione del liquido ottenuto dall'incisione del tronco dell'albero, trovava impiego anche nei processi di mummificazione.
La parola che identificava il vino era irep (irp) ed è presente già durante la II Dinastia (2890-2686 a.C.). Questo termine si trova impiegato, dall'Antico Regno, nelle liste delle offerte, sulle giare, nei Testi delle Piramidi. Ogni tomba ospitava vasi per il vino che assunse la valenza di bevanda sacra.
Il vino, la cui produzione coinvolgeva diverse persone, era una bevanda più costosa rispetto alla birra, più facile da produrre in quantità e più abbordabile. L'Egitto produceva vini rossi, bianchi, dolci ma anche vini mescolati. Gli studiosi lo hanno dedotto dalle etichette poste sulle giare ritrovate nel palazzo di Malkata (tarda XVIII Dinastia). Queste etichette riportavano l'anno di produzione, la qualità, il tipo di prodotto, l'origine geografica, il nome e il titolo del vignaiolo.

Frammento di pittura parietale da Tebe, necropoli Khokha (1350-1300 a.C.)

Oltre a Malkata, le giare vinarie sono state ritrovate anche ad Amarna, l'antica capitale di Akhenaton. Talvolta è specificata anche la qualità del vino: buono (nefer), più che buono (nefer, nefer) e molto buono (nefer, nefer, nefer). La produzione del vino avveniva sotto l'egida della famiglia reale e dello stesso faraone, almeno stando a quanto risulta dalle etichette. Tuttavia vi erano delle eccezioni: attraverso un resoconto biografico riportato nella sua tomba, si conosce un vignaiolo di nome Metjen, vissuto durante la IV Dinastia (2630-2510 a.C.), che possedeva una vigna di circa 331 mq insieme ad altre proprietà.
La vendemmia, nel paese del Nilo, si svolgeva intorno ai primi di luglio, prima dell'inondazione, connessa direttamente al sorgere di Sirio (19 luglio). Fonti greco-romane, invece, parlano della fine di agosto, forse in seguito alla modifica del calendario avvenuta all'indomani del regno di Tolomeo III. I grappoli erano raccolti a mano e depositati nei cesti che, una volta colmi, erano portati al tino protetti con le foglie dai raggi del sole. Il succo era spremuto con i piedi
L'esempio più significativo di pitture tombali raffiguranti la vendemmia, è senz'altro la tomba di Nakht a Sheikh Abd el-Qurna. Nakht era scriba e astronomo presso il tempio di Amon a Karnak. La sua tomba è stata datata alla XVIII Dinastia, tra la fine del regno di Thutmosis IV e l'inizio di quello di Amenhotep III. La vendemmia è raccontata dalle immagini in tutte le sue fasi più importanti ed in tutti i suoi particolari.
Non si conosce ancora bene come gli Egizi gestissero la fermentazione dell'uva. I ricercatori pensano che essi lasciassero l'uva a fermentare, per alcuni giorni, in giare dalle ampie aperture per poi travasare il liquido in altri contenitori se non, addirittura, sigillare i contenitori per la fermentazione. Non si sa per quanto tempo il vino dovesse fermentare, visto il clima caldo del paese. Le etichette finora recuperate non superano i cinque anni.
La chiusura delle anfore prevedeva l'apposizione di un tappo, fatto con foglie, pula mescolata a fango, canne o fibre di papiro e la sigillatura fatta con un blocco di fango inumidito, sul quale era impresso uno stampo. Il fango seccava e sigillava l'anfora fino alla sua apertura.

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