Mi entusiasma pensare di poter galleggiare in quelle tele (A. Barile)
Per puro egoismo, si staccano gli occhi al cielo e si rende autonoma la funzione del pensiero dagli schemi del reale, per guardare nella pazzia delle nuvole. Ma la materia non è mai informe di caos, all’interno di essa, seppur in limiti estremi di mistero, c’è il materiale per ricondurre il caos alle visioni del possibile. Nella migliore delle ipotesi un prototipo di vita sensoriale, la dissoluzione del quotidiano per un mondo significante. Così l’egoismo di libertà dello sguardo del paesaggio può essere ricondotto a finzione di libertà, in cui l’artista lascia liberi solo di riconoscere il cielo, ma quello spazio celeste non ha nulla di naturale, è illuminato dalla forza creativa dell’artista. Il cielo di Angelo Barile è virile, totalmente dominato dal panorama dello sguardo ed è stretto, in una nuvola antropomorfa o in un orizzonte convesso in cui la caduta della fuga è la decadenza di dei nani, che cascano come icari paracadutisti su un mondo completamente vuoto.
Forte, timbrico, dominante, il colore steso sfrenato, prende diritto di governare sullo spazio, in una “visione quadrangolare dello spazio – racconta il pittore torinese -. Ritenendo che fossero dei particolari mai presi in considerazione dalla normale visione, la maggior parte delle volte, il fruitore dell’immagine è distratto. Personalmente sono certo di un’estrema forza nella vita. Ho dipinto figure con questi particolari capacità di venire “fuori” dalla tela con prepotenza”.
Non c’è contrapposizione fra materia e disegno, non ci sono differenziazioni. La materia è andata oltre e si è riempita di corporeità, quasi un ricordo della gioventù postmoderna degli anni ‘Ottanta, quando Gerhard Richter dava forma alla natura facendola emergere dall’armatura informe o Julian Schnabel catturava l’oltremare nei cocci di terracotta messicana. Barile indica i suoi paesaggi su profili di perenne incertezza, ma l’oltremare e lo smeraldo fermano il flusso di ogni caduta, murano lo spazio, creando un effetto di inquietudine serena, in cui non c’è rivolta ma solo assertività virile di rappresentazione.
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